La Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) si è pronunciata in diverse occasioni sulla Direttiva (UE) 2015/2302, che regola i pacchetti turistici e i servizi turistici collegati (ma che può essere applicata per analogia anche agli eventi dal vivo) con particolare attenzione al diritto dei consumatori di ottenere un rimborso in denaro in caso di risoluzione del contratto, specialmente nel contesto della pandemia di COVID-19.
Contesto della Direttiva 2015/2302
La Direttiva 2015/2302 stabilisce, all’articolo 12, paragrafi 2-4, che in caso di risoluzione del contratto di pacchetto turistico per “circostanze inevitabili e straordinarie” (come una pandemia), il viaggiatore ha diritto a un rimborso integrale dei pagamenti effettuati, da effettuarsi senza indebito ritardo e comunque entro 14 giorni dalla risoluzione del contratto. La direttiva non consente agli Stati membri di derogare a queste disposizioni in modo da ridurre la tutela del consumatore (articolo 4). Inoltre, la nozione di “rimborso” è interpretata come riferita esclusivamente a somme di denaro, escludendo buoni o voucher come alternativa obbligatoria.
Principale decisione rilevante: Sentenza C-407/21 (8 giugno 2023)
Nella causa C-407/21 (Union fédérale des consommateurs – Que choisir e CLCV contro Premier ministre e altri), la Corte ha affrontato la questione della legittimità di normative nazionali (in questo caso francesi) che, durante l’emergenza COVID-19, consentivano agli organizzatori di pacchetti turistici di offrire voucher invece di rimborsi in denaro. La decisione è stata richiamata anche nella causa C-540/21 (relativa a una normativa slovacca simile).
Punti salienti della sentenza:
- Obbligo di rimborso in denaro: La Corte ha chiarito che l’articolo 12, paragrafi 2-4, della Direttiva 2015/2302 impone agli organizzatori di rimborsare integralmente i viaggiatori in denaro entro 14 giorni dalla risoluzione del contratto, senza possibilità di imporre voucher come alternativa obbligatoria. L’emissione di un buono (o nota di credito) può essere proposta, ma solo con il consenso del viaggiatore.
- Divieto di deroghe nazionali: Nessuna normativa nazionale, neanche temporanea e giustificata da un’emergenza come una crisi sanitaria globale, può esentare gli organizzatori dall’obbligo di rimborso in denaro. La Corte ha sottolineato che la direttiva è di armonizzazione massima, e gli Stati membri non possono introdurre disposizioni che riducano il livello di protezione dei consumatori.
- Nozione di rimborso: La Corte ha precisato che il termine “rimborso” si riferisce esclusivamente a somme di denaro, escludendo l’equiparazione con voucher o altre forme di credito.
- Disapplicazione delle norme nazionali: I giudici nazionali sono tenuti a disapplicare qualsiasi normativa nazionale in contrasto con la direttiva, garantendo così il diritto del consumatore al rimborso in denaro.
- Tutela del consumatore: La decisione sottolinea l’obiettivo della direttiva di garantire un livello elevato di protezione dei consumatori, anche in contesti di crisi economica per gli operatori turistici. La Corte ha respinto l’argomentazione che la protezione della solvibilità degli organizzatori possa giustificare una deroga all’obbligo di rimborso.
Questa sentenza ha confermato che i consumatori hanno il diritto di scegliere un rimborso in denaro rispetto a un voucher, e qualsiasi normativa nazionale che imponga o favorisca i voucher in modo obbligatorio è incompatibile con il diritto dell’Unione Europea. La scelta tra voucher e rimborso, insomma, spetta al consumatore e non all’organizzatore. Ciò ha avuto ripercussioni in diversi Stati membri, inclusa l’Italia, dove normative emergenziali (come l’articolo 88-bis del Decreto Cura Italia) prevedevano l’emissione di voucher come opzione primaria.
Contro il nostro paese, infatti, era stata avviata una procedura d’infrazione perché la normativa introdotta negava ai consumatori la scelta tra voucher e rimborso in denaro, in palese violazione della Direttiva Comunitaria 2015/2302. Lo aveva fatto presente anche l’Autorità Antitrust che, durante il periodo emergenziale, aveva inviato una segnalazione al Governo in carica.
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha richiamato la posizione espressa dalla Commissione Europea nella Raccomandazione del 13 maggio 2020, intitolata “Raccomandazione relativa ai buoni offerti a passeggeri e viaggiatori come alternativa al rimborso per pacchetti turistici e servizi di trasporto annullati nel contesto della pandemia di Covid-19”.
La Commissione, facendo riferimento alle normative di settore, ha autorizzato l’uso dei voucher come forma di ristoro per i consumatori impossibilitati a usufruire dei servizi acquistati, stabilendo però precise condizioni, tra cui:
- il consumatore deve avere la facoltà di scegliere tra il voucher e il rimborso in denaro;
- i voucher devono avere una validità minima di 12 mesi;
- devono essere utilizzabili anche oltre la scadenza, se la prenotazione avviene entro il periodo di validità;
- è necessaria una regolamentazione che garantisca il rimborso in caso di mancato utilizzo del voucher;
- i voucher devono essere validi per tutti i servizi o pacchetti offerti dall’operatore;
- deve essere consentita la trasferibilità del voucher a terzi.
Nonostante le numerose restrizioni imposte dalla Commissione, il principio cardine, in netto contrasto con alcune normative nazionali, è che l’uso dei voucher è subordinato al consenso esplicito del consumatore, che non può essere obbligato ad accettarli.
Altre pronunce rilevanti
- Sentenza C-578/19 (18 marzo 2021, Kuoni Travel): Anche se non direttamente incentrata sui rimborsi, questa sentenza ha ribadito che gli obblighi dell’organizzatore di viaggio devono essere interpretati in modo ampio per garantire la protezione del consumatore, includendo non solo i servizi esplicitamente previsti nel contratto, ma anche quelli connessi allo scopo del viaggio. Questo principio rafforza l’idea che il consumatore debba essere pienamente tutelato in caso di risoluzione del contratto.
- Sentenza C-472/23 (13 febbraio 2025): Pur riguardando principalmente la Direttiva 2008/48/CE sui contratti di credito al consumo, questa pronuncia conferma il principio generale di tutela del consumatore, evidenziando che le informazioni fornite devono essere chiare e non compromettere la capacità del consumatore di valutare i propri diritti. Questo principio può essere applicato analogicamente al diritto di scegliere il rimborso in denaro rispetto a un voucher.
Situazione in Italia
In Italia, normative come l’articolo 88-bis del Decreto Cura Italia (DL 18/2020) e l’articolo 28 del DL 9/2020 hanno introdotto l’opzione dei voucher per i viaggi annullati a causa del COVID-19, in contrasto con la Direttiva 2015/2302. La Commissione Europea ha avviato una procedura di infrazione contro l’Italia nel luglio 2020 per violazione dei diritti dei passeggeri, sottolineando l’illegittimità di tali norme. Successivamente la procedura è stata archiviata in quanto l’Italia, consapevole di aver introdotto una legge in palese contrasto col diritto comunitario, ha modificato la normativa consentendo “per i voucher non usufruiti né impiegati nella prenotazione dei servizi di cui al presente articolo” la corresponsione dell’importo versato entro quattordici giorni dalla scadenza.
Conclusioni
La sentenza C-407/21 ha fornito una base solida per i consumatori italiani per richiedere rimborsi in denaro davanti ai giudici nazionali. I tribunali italiani possono disapplicare le norme nazionali in contrasto con la direttiva. Inoltre, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha sottolineato la necessità di incentivare i voucher solo se accompagnati da garanzie (es. copertura assicurativa per il fallimento dell’operatore) e con il diritto al rimborso in denaro alla scadenza del voucher, se non utilizzato.
Le ultime decisioni della Corte di Giustizia Europea, in particolare la sentenza C-407/21 dell’8 giugno 2023, stabiliscono chiaramente che:
- I consumatori hanno il diritto di scegliere un rimborso in denaro invece di un voucher in caso di risoluzione di un contratto di pacchetto turistico per circostanze straordinarie, come la pandemia di COVID-19.
- Le normative nazionali che impongono o favoriscono i voucher come alternativa obbligatoria violano la Direttiva 2015/2302 e devono essere disapplicate dai giudici nazionali.
- Il rimborso deve essere effettuato entro 14 giorni dalla risoluzione del contratto, e la nozione di “rimborso” si riferisce esclusivamente a somme di denaro.
Ciò significa che i consumatori italiani possono far valere i loro diritti rivolgendosi ai tribunali nazionali, e quindi ottenere il rimborso in denaro laddove questo fosse negato dall’organizzatore dell’evento rinviato o annullato.