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Superbonus 110%: i problemi più comuni e i possibili rimedi.

21 Dicembre 2022 In Condominio, News
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Superbonus: gioie e dolori. La normativa varata nel 2020 rappresenta una delle più grandi novità degli ultimi anni nel settore della legislazione edilizia. L’obiettivo iniziale della novella era quello di rilanciare l’economia nazionale grazie agli incentivi fiscali che avrebbero permesso di effettuare interventi edilizi per ammodernare le costruzioni e migliorare l’efficienza energetica degli edifici. Effettivamente così è stato ma, purtroppo, vista la complessità delle norme, la mole di sgravi fiscali da smaltire, la gestione condominiale e la necessaria collaborazione delle banche, può capitare che qualcosa vada storto.

Questo approfondimento ha lo scopo di illustrare le tutele e gli eventuali rimedi alle problematiche più comuni collegate al Superbonus, anche in base ai casi affrontati dallo studio legale Raimondo. Chiaramente è impossibile coprire tutte le casistiche perché ogni problema ha le sue peculiarità. Tuttavia, verranno evidenziati quelli che sono i principali ostacoli che spesso bisogna superare sia in ambito unifamiliare che plurifamiliare.

Le tutele preventive: il contratto d’appalto e la delibera di approvazione dei lavori.

Sia che si tratti di un intervento su un edificio unifamiliare che plurifamiliare (condomini), decidere di avviare la pratica Superbonus 110% vuol dire stipulare un contratto di appalto. E le parti contraenti devono rispettare le condizioni pattuite. Nel caso di lavori di ristrutturazione sarebbe opportuno inserire nel contratto delle clausole risolutive espresse (art. 1456 c.c.) in base alle quali prevedere che il contratto si risolva qualora una determinata obbligazione non sia effettuata secondo le modalità stabilite. Questa clausola viene inserita dalle parti quando l’esecuzione di alcuni adempimenti è ritenuta talmente importante che, qualora non venisse rispettata, comporterebbe la “scioglimento” automatico del contratto senza passare attraverso una sentenza in Tribunale.

Così facendo, se l’impresa non rispettasse alcuni precisi adempimenti, il committente potrebbe contestarlo a mezzo raccomandata o PEC, e dichiarare la risoluzione del contratto.

Se invece il contratto di appalto non prevedesse clausole risolutive espresse ma canonici “adempimenti” svincolati da risoluzioni automatiche, il committente potrebbe comunque pretenderne l’esecuzione perché, è bene ricordarlo, ogni contratto è legge tra le parti e obbliga i contraenti a rispettarne le prescrizioni. In tal caso il committente mediante una diffida ad adempiere (art. 1454 c.c.) può intimare all’impresa di eseguire quanto previsto dal contratto entro un congruo termine (non inferiore a 15 giorni, salvo diversa pattuizione tra le parti o salvo che il contratto preveda un termine diverso). Decorso il termine, il contratto si intenderà risolto e quindi gli effetti saranno gli stessi di quelli previsti dalla clausola risolutiva espressa.

Un’altra tutela, ancora più forte, è quella legata alla indicazione di un termine essenziale per l’altra parte (art. 1457 c.c.), che può ritenere fondamentale l’esecuzione di un adempimento entro una certa data perché, in caso contrario, non sarebbe più interessato alla prestazione. In tale ipotesi l’effetto è uguale ai precedenti: il contratto si intenderà risolto anche se non è stata espressamente pattuita la risoluzione.

Altrettanto fondamentali sono le condizioni sospensive che, in presenza di meccanismi quali la cessione del credito o lo sconto in fattura, in ambito Superbonus sono ancora più importanti. Quindi, ad esempio, un contratto d’appalto che preveda il pagamento dei lavori mediante gli sgravi fiscali, dovrebbe sempre contenere la clausola in base alla quale il cantiere non partirebbe mai fino a quando non verrebbe formalizzato il contratto di cessione del credito tra impresa e banca.

Da quanto premesso è chiaro che un contratto di appalto redatto nella maniera corretta metterà al riparo il committente (così come l’appaltatore) da ogni rischio.

Per quanto riguarda i condomini, invece, bisogna prestare particolare attenzione alla delibera condominiale che approva i lavori Superbonus. Quest’ultima, infatti, dovrà indicare specificamente i lavori da eseguire, risultanti dal pregresso studio di fattibilità. Inoltre la delibera di approvazione dovrà indicare tutte le parti che si vincoleranno col condominio (imprese e/o General Contractor, professionisti che effettueranno la progettazione, asseverazione, ecc), nonché le condizioni economiche e, quindi, anche in tal caso il contratto di appalto che dovrà essere stato preventivamente esaminato dal condominio. Infine, se l’accordo per l’esecuzione dei lavori dovesse prevedere la cessione del credito, la delibera di approvazione dei lavori dovrebbe contenere (a pena nullità assoluta) anche la costituzione del fondo speciale di spesa, previsto obbligatoriamente per legge ogni volta che si approvano lavori straordinari che prevedono oneri di spesa (art. 1135 c.c., comma 4).

Ma in cosa consiste il fondo speciale di spesa? Si tratta di un deposito vincolato (una sorta di “tesoretto”), novità introdotta con la riforma del condominio del 2012 che ha lo scopo di garantire l’esecuzione e il pagamento dei lavori. Chiaramente con uno sconto in fattura che copra il costo di tutti lavori, non essendoci spese da parte dei condòmini, non sarebbe necessario predisporre il fondo speciale.

Ma laddove, invece, l’accordo economico preveda costi da parte dei condòmini oppure non ne preveda solo in presenza di un evento futuro e incerto (ossia la cessione del credito), allora la predisposizione del fondo speciale – di pari importo al costo dei lavori – diventa obbligatoria. Attenzione: predisporre il fondo vuol dire pagare i lavori in base ai riparti di spesa. Questo ci fa comprendere come, in realtà, col Superbonus non esistono lavori gratuiti (se non con un totale sconto in fattura) ma, al contrario, quasi sempre i condòmini dovranno provvedere di tasca propria. Così facendo, anche mediante pagamenti rateali, dopo l’approvazione dei lavori ciascun condòmino dovrà iniziare a pagare le proprie quote. Quindi bonificare gli importi (secondo i riparti stabiliti dall’amministratore) presso il conto corrente del condominio che tratterrà tutte queste somme a garanzia della regolare esecuzione dei lavori. Chiaramente se la cessione del credito andrà a buon fine, questi importi verranno restituiti ai condòmini. Invece se dovesse sorgere qualche intoppo nella cessione del credito, ecco che la garanzia economica del fondo speciale “salverebbe” i lavori.

In base alla esperienza dello studio legale Raimondo, praticamente quasi nessun condominio ha predisposto il fondo speciale di spesa, approvando lavori straordinari (quali Superbonus) senza aver messo al riparo il condominio come previsto obbligatoriamente dalla legge. A causa di ciò, nel momento in cui l’impresa manifestasse problemi collegati alla cessione del credito, i lavori si bloccherebbero perché “senza soldi non si cantano messe”. E purtroppo questa è una problematica riscontrata in tantissimi casi.

La clausola che prevede la cessione del credito pro-soluto non solleva da future responsabilità il soggetto che ha ceduto il credito. Normalmente la cessione di un credito pro-soluto (al contrario della cessione pro-solvendo) libera completamente il cedente/creditore da ogni responsabilità in merito all’adempimento da parte del debitore. Ma dato che il debitore è lo Stato il problema non sarà mai il futuro pagamento del credito (che, anche se in ritardo, avverrà) bensì la sua reale esistenza. Infatti in tal caso il credito è legato ad un beneficio fiscale che deve sussistere. Cioè se in futuro l’Agenzia delle Entrate verificherà che è stato erogato un credito in mancanza di determinati requisiti, quel credito non sarà stato generato correttamente e quindi l’ADE procederà al suo recupero nei confronti del beneficiario originario, ossia il soggetto che aveva effettuato la cessione pro-soluto che, quindi, libera da responsabilità il creditore solo per ciò che attiene al pagamento del debitore ma non anche alla regolare generazione del credito fiscale. Peraltro, le polizze dei professionisti non sono mai sufficienti a coprire i danni che, in alcuni super condomini, possono essere di decine di milioni di euro. Dunque, quale tutela?

Il consiglio, oltre che affidarsi a professionisti di estrema fiducia che eventualmente affianchino quelli delle imprese, è di inserire nei contratti delle assunzioni di responsabilità legate a questo particolare aspetto per un ammontare pari al valore dell’appalto e non limitato al massimale assicurato dalle polizze dei soggetti incaricati (spesso inferiore al valore dell’appalto e quindi insufficiente a coprire tutti i rischi connessi ai lavori). Una clausola di questo tipo, anche se non libererà il creditore originario da responsabilità nei confronti dell’ADE, gli consentirà quantomeno di poter “tirare dentro” l’impresa e quindi coinvolgerla agevolmente nel pagamento che – a quel punto – sarà certamente di natura solidale tra chi ha commesso l’errore e il beneficiario originario del credito fiscale. In mancanza di ciò, per coinvolgere solidalmente imprese e professionisti, al condòmino/creditore spetterà provare che l’errore è stato causato da dolo o colpa grave dei cessionari. Insomma, meglio evitare di complicarsi la vita e mettere subito le cose in chiaro, senza essere costretti a provare comportamenti errati nelle aule dei Tribunali.

Un’altra tutela preventiva, sempre in fase di approvazione dei lavori all’interno di un condominio, è quella collegata alla esclusione della minoranza dissenziente con contestuale accollo di tutte le spese dei lavori Superbonus in capo alla maggioranza favorevole. La soluzione è prevista dal comma 9 bis dell’art. 119 del D.L. n. 34/2020 e, inoltre, risulta confermata anche dal parere dell’agenzia delle entrate n. 620/2021 (Link). Trattasi di una chiara deroga a quanto previsto dall’art. 1123 c.c. (ripartizione delle spese) perché, di regola, nei condomini la maggioranza trascina e impegna giuridicamente anche la minoranza dissenziente. Tuttavia, nel solo caso specifico dei lavori Superbonus, per superare possibili contrasti assembleari, una maggioranza assolutamente convinta può accollarsi tutte le spese ed i crediti della minoranza dissenziente o non interessata che, quindi, non parteciperà al pagamento dei lavori e non risponderà delle conseguenze pregiudizievoli dinanzi all’Agenzia delle Entrate (qualora in seguito dovessero sorgere problemi). Questa soluzione, che resta una facoltà e quindi non può essere imposta, è consigliata laddove si volesse superare il rischio di una possibile vertenza giudiziale promossa dai dissenzienti, oppure laddove l’impresa volesse lavorare solo con i crediti fiscali (cioè facendosi pagare dallo Stato) e quindi nel caso in cui la pratica fosse bloccata perché i dissenzienti non firmano le dichiarazioni sostitutive di notorietà; adempimento, quest’ultimo, che non può essere imposto perché in un condominio ciascuno è libero di decidere in che modo contribuire alla volontà della maggioranza di eseguire dei lavori straordinari.

L’opzione dello sconto in fattura o cessione del credito è una scelta personale (perché il beneficio fiscale è un diritto soggettivo) quindi la maggioranza favorevole non può imporre alla minoranza le scelte personali su come gestire il proprio credito. A questo supplisce l’accollo delle spese e dei crediti previsto dal comma 9 bis dell’art. 119 del D.L. n. 34/2020, perché a quel punto la maggioranza favorevole può farsi carico di tutte le spese e sopportare tutti i rischi connessi alla erogazione del credito, potendo gestire in autonomia anche la totalità dei crediti generati, inclusi quelli dei dissenzienti che, non partecipando alle spese, non avranno diritto nemmeno a usufruire dei crediti che verranno ripartiti tra i soggetti facenti parte della maggioranza.

L’ultima riflessione riguarda la valutazione della cessione del credito: ormai questa modalità di pagamento non può considerarsi più come strumento per esonerare il committente dalle spese, nemmeno se fosse al 110%. Questo perché purtroppo nessuna banca valuta al 110% un credito generato dal Superbonus.

Per fare un esempio pratico, Poste Italiane fino al blocco dell’acquisto dei crediti pagava 94 € ogni 110 € di credito fiscale venduto dai clienti e 84,5 € ogni 100 € di credito fiscale venduto dai clienti. Quindi anche col 110% ci sarebbe una parte scoperta, cioè oneri di spesa, perché verosimilmente nessun istituto bancario valuterebbe i crediti fiscali nella loro pienezza.

Ergo, a meno che l’impresa non accetti di lavorare a prescindere con i soldi che riceve dalle banche (anche inferiori al 110%), bisogna prestare massima attenzione agli accordi economici sottoscritti con le imprese perché quest’ultime potrebbero ritrovarsi con meno soldi di quelli pattuiti col committente, col rischio di non poter proseguire i lavori oppure continuarli ma “raschiando il barile” e quindi magari effettuare opere non propriamente a regola d’arte.

Le tutele successive: la risoluzione del contratto, il risarcimento del danno, la sostituzione dell’impresa e l’impugnazione della delibera.

Fino ad ora abbiamo esaminato le possibili tutele preventive ma, nella eventualità in cui siano già stati fatti contratti di appalto e delibere di approvazione dei lavori, quali sono le possibili tutele successive?

Sul punto appare opportuno dividere l’analisi tra edifici unifamiliari e plurifamiliari. Il contratto di appalto è un elemento comune ad entrambe le situazioni.

La scelta tra diffida ad adempiere (art. 1454 c.c.), clausola risolutiva espressa (art. 1456 c.c.) e termine essenziale (art. 1457 c.c.) dipende dalla singola problematica e dalla tipologia di contratto sottoscritto. Nel Superbonus le casistiche più frequenti riguardano i ritardi delle imprese che non riescono a cedere il credito alle banche. Se il contratto di appalto non prevedesse clausole risolutive espresse, il proprietario dell’edificio unifamiliare potrebbe utilizzare il rimedio della diffida ad adempiere, invocando inoltre anche un termine essenziale che potrebbe non essere stato rispettato. E nel Superbonus le scadenze temporali sono fondamentali per poter sfruttare gli sgravi fiscali. Ecco il calendario aggiornato a oggi:

DATA DELIBERA APPROVAZIONE LAVORISCADENZA PRESENTAZIONE CILASSUPERBONUS
CONDOMINIEntro il 18/11/2022Entro il 31/12/2022110% nel 2023, 70% nel 2024, 65% nel 2025, poi solo bonus ordinari
CONDOMINIEntro il 24/11/2022Entro il 25/11/2022110% nel 2023, 70% nel 2024, 65% nel 2025, poi solo bonus ordinari
CONDOMINIEntro il 18/11/2022Dopo il 31/12/202290% nel 2023, 70% nel 2024, 65% nel 2025, poi solo bonus ordinari
CONDOMINIEntro il 24/11/2022Dopo il 25/11/202290% nel 2023, 70% nel 2024, 65% nel 2025, poi solo bonus ordinari
CONDOMINIDopo il 24/11/2022–90% nel 2023, 70% nel 2024, 65% nel 2025, poi solo bonus ordinari
SCADENZA DEI LAVORISUPERBONUS
EDIFICI UNIFAMILIARI30% entro il 30/09/2022110% per spese sostenute fino al 31 marzo 2023, poi solo bonus ordinari
EDIFICI UNIFAMILIARI< 30% entro il 30/09/2022Perdita del 110%, solo bonus ordinari
EDIFICI UNIFAMILIARILavori avviati nel 202390% per le spese sostenute fino a tutto il 2023, con limitazioni reddituali e solo se abitazione principale

N.B. – UPDATE DEL 17 FEBBRAIO 2023: A queste scadenze bisogna aggiungere le misure provvisoriamente introdotte col Decreto Legge 16 febbraio 2023, n. 11, entrato in vigore il 17 febbraio 2023, che ha bloccato la cessione dei crediti e lo sconto in fattura per tutti i nuovi lavori, mantenendo invece la possibilità di sfruttare la compravendita dei crediti fiscali in pochi casi residuali:

  • EDIFICI UNIFAMILIARI: che alla data di entrata in vigore del decreto legge (17 febbraio 2023) abbiano depositato la CILA;
  • CONDOMINI: che alla data di entrata in vigore del decreto legge (17 febbraio 2023) abbiano approvato in delibera l’esecuzione dei lavori e depositato la CILA;
  • per gli interventi comportanti la demolizione e la ricostruzione degli edifici risulti presentata l’istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo;

Queste novità, come accade per tutti i decreti legge, saranno provvisoriamente efficaci per 60 giorni, tempistica entro la quale il Parlamento potrà confermare o modificare le suindicate disposizioni approvando una legge specifica. In caso contrario il decreto legge non convertito in legge perde di efficacia fin dall’inizio (cioè come se non fosse mai esistito).

Come si può comprendere, il rispetto delle scadenze diventa essenziale per mantenere il 110%. Ciò vuol dire che se ad esempio l’impresa bloccasse i lavori senza aver raggiunto il 30% entro il 30 settembre 2022 “perché le banche non accettano più i crediti”, e se il contratto di appalto prevedesse come metodo di pagamento la cessione del credito, è ovvio che la perdita del 110% per mancato raggiungimento del 30% dei lavori sarebbe connesso a una problematica esterna che, qualora non fosse stata esplicitata nel contratto, esporrebbe la ditta ad una richiesta di risarcimento del danno pari almeno allo sgravio fiscale non più ottenibile. Allo stesso modo, se un’impresa al fine di garantire l’ottenimento del 110% si fosse impegnata a concludere i lavori entro una certa data e per un motivo analogo (“perché le banche non accettano più i crediti”) bloccasse i lavori, superando la data limite per l’ottenimento del 110% (ad esempio il 31 dicembre 2023 per i condomini che hanno rispettato le ultime scadenze), anche in tal caso sarebbe possibile chiedere il risarcimento del danno.

Logicamente, però, l’edificio unifamiliare o plurifamiliare che abbia il sentore che l’impresa se la stia prendendo troppo comoda, per evitare di perdere tempo inutile e rischiare il 110%, in presenza dei presupposti indicati più sopra (inadempimenti contrattuali), potrebbe risolvere il contratto e sostituire la ditta con un’altra previamente contattata e che sarebbe subito in grado di operare. Se nell’edificio unifamiliare questo adempimento può effettuarlo l’unico proprietario, nei condomini è compito dell’amministratore vigilare sulle tempistiche ma, a prescindere da ciò, l’assemblea è sovrana.

Infatti, in presenza di amministratori poco solerti, l’art. 66 delle disposizioni di attuazione del c.c. afferma che: “L’assemblea, oltre che annualmente in via ordinaria per le deliberazioni indicate dall’art.1135 del codice, può essere convocata in via straordinaria dall’amministratore quando questi lo ritiene necessario o quando ne è fatta richiesta da almeno due condomini che rappresentino un sesto del valore dell’edificio. Decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, i detti condomini possono provvedere direttamente per condominio convocazione assemblea”.

Sempre restando in ambito condominiale, inoltre, la delibera di approvazione dei lavori che non abbia predisposto il fondo speciale di spesa è impugnabile in ogni momento perché radicalmente nulla e, inoltre, è bene ricordare che l’eventuale cappotto esterno non può mai modificare l’estetica del palazzo perché per approvare modifiche che impattino sul decoro architettonico è necessaria l’unanimità. Quindi il progetto esecutivo non dovrà trasformare l’edificio perché, anche in tal caso, la relativa delibera di approvazione sarebbe nulla e quindi potrebbe essere impugnata in ogni momento.

Ciò posto, di fronte ad una impresa che smettesse improvvisamente di lavorare a causa di problematiche esterne, quali la cessione dei crediti fiscali, l’edificio unifamiliare o plurifamiliare che volesse concludere le opere dovrebbe considerare l’opportunità di provvedervi di tasca propria, anche sostituendo la ditta inadempiente, nei confronti della quale sarà sempre possibile agire – se ne sussistessero i presupposti – per chiedere l’eventuale risarcimento del danno.

Lo studio legale offre consulenze volte ad accertare la criticità della situazione e la necessità o meno di un contenzioso. Il costo della consulenza varia a seconda della complessità e particolarità del caso esaminato. Se ci sono delle delibere già approvate, le alternative sono due:

  • 1) sopportare gli eventuali rischi collegati a futuri controlli dell’ADE, che in presenza di irregolarità potrebbe chiedere la restituzione del beneficio fiscale erogato. In quel caso, inoltre, potrebbe essere necessario instaurare un contenzioso contro l’amministrazione finanziaria;
  • 2) impugnare le decisioni assembleari nelle competenti sedi (mediazione e poi Tribunale, se necessario) e sopportare i diversi rischi di un contenzioso contro il condominio;

Nessun problema si risolve da solo (o comunque senza assunzione di alcun rischio) e difficilmente potrebbe essere superato senza l’ausilio di un professionista.

Per ulteriori informazioni: Contatti

Avv. Felice Raimondo


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