Jannik Sinner continua a vincere: lo sportivo italiano stupisce tutti per costanza di rendimento e performance sportive, dimostrando di essere attualmente il tennista più forte del mondo… malgrado le vicende extra campo che, come afferma lo stesso ragazzo, non lo rendono completamente sereno.
Breve recap: Sinner è stato accusato di aver violato le regole antidoping ai sensi degli articoli 2.1 e/o 2.2 del TADP (Tennis Anti-Doping Programme) a seguito della presenza di metaboliti del Clostebol trovati in due campioni di urina raccolti il 10 marzo 2024, durante la sua partecipazione al BNP Paribas Open a Indian Wells (California, USA) e in un ulteriore campione di urina raccolto il 18 marzo 2024, prima della sua partecipazione al Miami Open. Il Clostebol è tra le sostanze proibite, pertanto, la sua presenza o quella dei suoi metaboliti nel campione prelevato ha dato origine alla violazione delle norme antidoping in virtù della c.d. “responsabilità oggettiva” ai sensi rispettivamente degli articoli 2.1 e 2.2 del TADP.
Sinner non ha mai contestato la presenza dei metaboliti, ma ha prontamente fornito una spiegazione per la presenza della sostanza nel suo corpo, per la quale ha sostenuto che non vi è stata alcuna colpa o negligenza da parte sua. Di conseguenza, il giocatore ha richiesto di non subire alcun periodo di ineleggibilità ai sensi dell’articolo 10.5 del TADP. In alternativa, Sinner ha chiesto una riduzione del periodo di ineleggibilità in conformità con l’articolo 10.6 del TADP, sulla base del fatto che non ha avuto colpa o negligenza significative.
Art. 2.1.1 TADP: È dovere personale di ogni giocatore assicurarsi che nessuna sostanza proibita entri nel proprio corpo. I giocatori sono responsabili di qualsiasi sostanza proibita o di qualsiasi suo metabolita o marcatore trovato presente nei loro campioni. Di conseguenza, non è necessario dimostrare l’intenzionalità, la colpa, la negligenza o l’uso consapevole da parte del giocatore al fine di stabilire una violazione delle regole antidoping dell’articolo 2.1; né la mancanza di intenzione, colpa, negligenza o conoscenza da parte del giocatore è una difesa contro l’affermazione che sia stata commessa una violazione delle regole antidoping dell’articolo 2.1.
10.5 Eliminazione del periodo di squalifica in caso di assenza di colpa o negligenza. Se un giocatore o un’altra persona stabilisce in un singolo caso di non avere alcuna colpa o negligenza per la violazione delle regole antidoping, il periodo di squalifica altrimenti applicabile sarà eliminato.
10.6 Riduzione del periodo di ineleggibilità per assenza di colpa o negligenza significativa
Com’è possibile leggere, il regolamento TADP, nel momento in cui viene individuata una sostanza proibita nel corpo di un giocatore, inverte immediatamente l’onere probatorio. In altri termini, si presuppone che il giocatore sia colpevole e la responsabilità di essere scagionato grava completamente sul tennista che deve dimostrare di non meritare una squalifica o, nel caso, di doverla subire per un periodo molto limitato per assenza della c.d. “No Significant Fault or Negligence”.
Nel caso specifico, Jannik Sinner – grazie al fondamentale supporto di tutto il suo team e dei professionisti coinvolti – è riuscito a dimostrare esattamente questo. Ma in caso contrario cos’avrebbe potuto rischiare? Beh, si parte da quattro anni di squalifica. Nel caso in cui si dimostri l’assenza di volontarietà, la squalifica si riduce a due anni; i due anni possono essere ulteriormente ridotti se l’atleta prova anche l’assenza di colpa o negligenza significative (c.d. colpa lieve). Infine, qualora l’atleta riuscisse a dimostrare la totale assenza di colpa e negligenza (neanche in forma lieve) la squalifica si azzererebbe del tutto.
Nel caso che ci riguarda, Sinner è riuscito a dimostrare dinanzi alla ITIA (l’Agenzia internazionale per l’integrità del tennis) una completa assenza di colpa e negligenza.
Ma com’è stato possibile tutto ciò? Innanzitutto bisogna partire da alcuni presupposti ormai consolidati presso il Tribunale Arbitrale dello Sport (Link – sito Dirittomedicinasport).
L’articolo 10.5.2 del Tennis Anti-Doping Programme (TADP) della International Tennis Federation, corrispondente all’art. 10.5.2 del World Anti-Doping Code della WADA, va interpretato nel senso che – in relazione all’uso di sostanze proibite da parte dell’atleta – la “colpa non significativa” (NSF: “No Significant Fault or Negligence“) deve essere valutata considerando tutte le particolari circostanze del caso, atteso che non ogni violazione della fondamentale regola di estrema cautela (“utmost caution”) implica automaticamente la sussistenza della più grave colpa significativa.
Nel caso di seguito spiegato, la Court of Arbitration for Sport (CAS) ha ridotto la sanzione riconoscendo comunque la sussistenza di colpa non significativa per ridotta percezione del rischio, stabilendo in generale:
- che incombe sull’atleta il controllo sulla legittimità delle sostanze da assumere, alla stregua della lista predisposta dalla Wada, non richiedendo tale operazione conoscenze mediche o scientifiche (art. 3.2.1. TADP);
- che comunque l’atletà può delegare le proprie responsabilità in materia di doping a un terzo soggetto;
- che tale soggetto deve tuttavia ricevere adeguate istruzioni ovvero deve seguire chiare e predeterminate procedure;
- che l’atleta deve comunque esercitare controllo e supervisione sull’attività del soggetto delegato;
- che pertanto la violazione delle norme anti-doping, quando commessa dal soggetto delegato, è sempre da imputarsi all’atleta, ma la sanzione va commisurata al grado della colpa in vigilando di quest’ultimo e non della colpa del primo;
- che la WADA e le altre rilevanti organizzazioni, nella specie ITF e WTA, dovrebbero sempre assumere opportuni provvedimenti per comunicare agli atleti i cambiamenti significativi della Lista delle Sostanze Proibite quando si verificano aggiunte di componenti, indicandone la denominazione commerciale (il caso riguardava l’uso del prodotto Mildronato, non segnalato nella LSP eppure contenente modulatore ormonale e metabolico Meldonio, invece espressamente vietato).
Precetti derivanti dalla causa CAS 2016/A/4643 Maria Sharapova v. International Tennis Federation (ITF) dove la tennista fu comunque sanzionata (seppur in forma più lieve) perché non ritenuta del tutto esente da colpe. Ecco alcuni stralci della decisione:
- Il Player, tuttavia, non diede istruzioni al signor Eisenbud su come questo compito dovesse essere svolto. Il giocatore non ha detto al signor Eisenbud di controllare (e quindi il signor Eisenbud non ha controllato) se il Mildronate fosse solo un “marchio” o indicasse l’ingrediente del prodotto; non lo ha messo in contatto con il dottor Skalny nel momento in cui ha lasciato le cure del dottor Skalny, ma si è limitata a fornire al signor Eisenbud i nomi dei prodotti Skalny; non ha incaricato il signor Eisenbud di consultare il sito Internet della WADA, dell’ITF o della WTA, di chiamare la “hotline” dell’ITF, di aprire la chiavetta USB fornita con la “carta portafoglio”, e nemmeno di leggere le e-mail ricevute, aprendo i “link” in esse contenuti. Ha semplicemente passato l’intera questione al signor Eisenbud, contando completamente su di lui.
- Allo stesso modo, il giocatore non ha stabilito alcuna procedura per supervisionare e controllare le azioni compiute dal signor Eisenbud nell’adempimento dei compiti che ci si aspettava da lui: non è stata istituita alcuna procedura di segnalazione o di verifica di follow-up per assicurarsi che il signor Eisenbud avesse effettivamente adempiuto al dovere, ad esempio, di controllare anno dopo anno i prodotti Skalny nell’elenco delle sostanze vietate.
- Tali circostanze mostrano un certo grado di colpa da parte del Giocatore, ma non escludono del tutto la possibilità per il Giocatore di invocare la NSF (No Significant Fault)
Evidentemente, quindi, non è affatto semplice riuscire a invocare la propria totale estraneità ai fatti. Ma non è impossibile e tutto questo va valutato caso per caso in base alle circostanze specifiche che vengono esaminate dai Tribunali investiti dalle parti.
In particolare, secondo un consolidato orientamento CAS, il giocatore accusato è tenuto a dimostrare l’origine della sostanza proibita sulla base del “bilanciamento delle probabilità”. Questo onere ricade esclusivamente sul giocatore – vedi CAS 2012/A/2759 Rybka v. UEFA, paragrafi 11.31 – 11.32 e CAS 2014/A/3820 WADA v. Damar Robinson & JADCO, paragrafo 16. Non è sufficiente che un atleta identifichi semplicemente una potenziale fonte. Deve dimostrare che la fonte potrebbe aver causato l’effettivo risultato negativo. Per soddisfare l’onere, si deve dimostrare non solo “la via di somministrazione” della sostanza (ad esempio l’ingestione transdermica) ma anche “le circostanze di fatto in cui è avvenuta la somministrazione”, cioè quando e come la sostanza è entrata nel suo sistema – vedi CAS 2010/A/2277 La Barbera v. IWAS.
Il dovere di “massima cautela” si trova sia nella definizione WADC (World Anti-Doping Code) che nella definizione TADP di “nessuna colpa o negligenza”, che afferma che non c’è “nessuna colpa o negligenza” quando l’atleta “non sapeva o sospettava, e non avrebbe potuto ragionevolmente sapere o sospettare anche con l’esercizio della massima cautela, di aver utilizzato o ricevuto la sostanza proibita o il metodo proibito o di aver altrimenti violato una regola antidoping” . Nella causa CAS 2011/A/2518 Kendrick v ITF, paragrafo 10.14, ciò è stato ritenuto nel senso che l’atleta dovrebbe fare tutto ciò che è in suo potere per evitare di ingerire qualsiasi sostanza proibita.
In base a quanto anzidetto, per sostenere un’eccezione di assenza di colpa o negligenza, l’atleta deve dimostrare di aver pienamente adempiuto a tale dovere, cioè di aver fatto ogni sforzo immaginabile per evitare di assumere una sostanza proibita e che la sostanza è entrata nel suo organismo nonostante tutta la dovuta cura da parte sua.
Nella specie, parliamo di una possibile culpa in vigilando giacché la sostanza, in base alla difesa di Sinner, è entrata nel suo corpo non mediante un’assunzione diretta ma a causa di un massaggio effettuato dal suo fisioterapista, il sig. Naldi. E’ stato quest’ultimo ad aver trasmesso la sostanza dopante a Sinner. Ma in che modo? Nei giorni antecedenti al massaggio, effettuato senza guanti, il sig. Naldi si era procurato un taglio ad un dito e stava curando la ferita con un prodotto specifico per curare i tagli (Trofodermin) acquistato dal preparatore atletico Ferrara in una farmacia di Bologna. Questo prodotto conteneva la sostanza dopante poi trasmessa indirettamente a Sinner mediante il massaggio fisioterapico, dato che sulla pelle del tennista erano presenti delle piccole ferite riconducibili ad una sua particolare condizione epidermica. La sostanza, presente sul dito, si è quindi insinuata nel corpo del tennista.
Ebbene, il giocatore dinanzi all’ITIA è riuscito a dimostrare in maniera convincente di aver vigilato in modo opportuno sul suo staff e di averlo selezionato con accuratezza. Ferrara, infatti, è laurato in tecnologia farmaceutica e nel corso del procedimento dinanzi all’ITIA ha affermato di aver avvisato Naldi del contenuto pericoloso dello spray. La “dimenticanza”, quindi, è stata del sig. Naldi che, malgrado l’avvertimento da parte di Ferrara, ha usato lo spray senza le dovute accortezze nei contatti col giocatore che, come afferma l’ITIA, ha dichiarato e provato in maniera convincente di NON aver avuto conoscenza del fatto che:
- Il signor Ferrara avesse in suo possesso lo spray Trofodermin nella villa dove si trovava col giocatore;
- Lo spray Trofodermin contenesse una sostanza proibita;
- Il signor Naldi avesse usato lo spray Trofodermin per curare il dito tagliato;
Pertanto, Sinner ha sostenuto in maniera credibile di non aver avuto alcuna colpa o negligenza in quanto non sapeva o sospettava (e non poteva ragionevolmente sapere o sospettare anche con l’esercizio della massima cautela) di aver usato o essere stato contaminato da una sostanza proibita a seguito di un massaggio da parte del signor Naldi. D’altronde se dimostri di esserti affidato a persone competenti, di aver vigilato sul loro operato e di non aver trascurato nulla, per quale motivo dovresti essere accusato e sanzionato – anche in forma lieve – di culpa in vigilando? A questo serve l’esenzione e l’ITIA, infatti, ha accettato, in base a un equilibrio di probabilità, la veridicità del racconto del giocatore basandosi su diversi elementi:
- le prove documentali e testimoniali fornite dal giocatore;
- le trascrizioni di dieci interviste effettuate dagli investigatori dell’ITIA con il giocatore e i membri della sua squadra
- le opinioni di tre esperti antidoping (che erano all’oscuro della identità del soggetto da esaminare)
Ergo, se la WADA vorrà vincere il ricorso contro Sinner dovrà confutare quanto anzidetto, quindi dimostrare che le prove raccolte non erano sufficienti a scagionare completamente il tennista italiano. Semplice? Tutt’altro.
Com’è possibile leggere all’interno della sentenza, l’ITIA è stato molto rigoroso, avendo preso in considerazione una serie di questioni giuridiche fondamentali derivanti dalla giurisprudenza TADP e CAS al fine di formalizzare la sua decisione su tale questione.
È opportuno elencare tali questioni e trattarle singolarmente trascrivendo questo passaggio della sentenza:
- Una sostanza proibita o uno qualsiasi dei suoi metaboliti o marcatori è stata trovata nel primo o nel secondo campione del giocatore?
La risposta a questa domanda è sì e come tale costituisce una violazione degli articoli della TADP 2.1 e 2.2, dato che entrambi questi reati rientrano nella responsabilità oggettiva.
- Qual è la sanzione per le violazioni degli articoli 2.1 e 2.2 del TADP?
Come stabilito negli articoli 10.2.1 e 10.2.2 del TADP, la sanzione del benchmark è di quattro anni di ineleggibilità, a meno che il giocatore non confuti la presunzione di intenzionalità. In tali casi, la sanzione è ridotta a due anni di ineleggibilità.
- La presenza o l’uso di una sostanza proibita è stato intenzionale?
Una definizione di “intenzionale” è contenuta nell’articolo 10.2.3 del TADP. Tuttavia, l’ITIA ha accettato che la presenza o l’uso della sostanza proibita non era intenzionale in questo caso. Il dies a quo per l’applicazione della sanzione è un periodo di ineleggibilità di due anni.
- Il periodo di inammissibilità deve essere eliminato o ulteriormente ridotto?
Tale questione è meno semplice: l’articolo 10.5 del TADP prevede l’eliminazione del periodo di ineleggibilità per assenza di colpa o negligenza. L’articolo 10.6 del TADP prevede la riduzione del periodo di ineleggibilità per assenza di colpa o negligenza significativa. Il termine “Nessuna colpa o negligenza” è definito nell’Appendice Uno del TADP. E’ fondamentale che la formulazione sia considerata con grande attenzione. I termini chiave della definizione sono che il giocatore non deve “sapere o sospettare” e “non avrebbe potuto ragionevolmente sapere o sospettare, anche con l’esercizio della massima cautela“, di aver “utilizzato o ricevuto la sostanza proibita“.
Il giocatore è inoltre tenuto a dimostrare l’origine della sostanza proibita sulla base delle probabilità, e in questo caso l’ITIA ha accettato la spiegazione di Sinner, cioè che il Clostebol gli è stato trasmesso dalle mani del signor Naldi durante la massoterapia e il bendaggio dei suoi piedi in seguito alla somministrazione di Clostebol al dito del signor Naldi che era stato precedentemente tagliato in un incidente con un bisturi.
Il commento all’articolo 10.5 del WADC prevede alla sottosezione (b) un caso particolare in cui non si applica la No Fault or Negligence: “la somministrazione di una sostanza proibita da parte del medico personale o dell’allenatore dell’atleta senza divulgazione all’atleta (gli atleti sono responsabili della scelta del personale medico e di avvisare il personale medico che non può essere somministrata loro alcuna sostanza proibita)”. A tal proposito, l’ITIA ha ritenuto che l’applicazione del commento non dovesse essere limitata a “medico” o “allenatore“, ma piuttosto che il Commento dovesse essere interpretato in modo da includere qualsiasi professionista sanitario o sportivo autorizzato/qualificato che fornisca farmaci o integratori a un atleta.
Secondo l’ITIA il chiaro intento della norma è quello di garantire che un atleta non possa eludere la responsabilità semplicemente perché una sostanza proibita è stata fornita da un medico di fiducia o da una persona in una posizione simile che, secondo l’interpretazione del Tribunale, può includere, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, fisioterapisti, chiropratici, farmacisti e/o infermieri.
Tuttavia, l’ITIA ha ritenuto che il commento all’articolo 10.5 del WADC non interferisce in alcun modo con le chiare disposizioni dell’articolo 10.5 del TADP e con i requisiti obbligatori che un atleta deve soddisfare per avvalersi dell’esenzione dalla sanzione. Questo perché l’art. 10.5 del WADC fa riferimento alla somministrazione e tale evento, secondo l’ITIA, non può comprendere lo scenario che si è venuto a creare nel caso di Sinner dove NON vi è stata somministrazione; infatti, il giocatore è stato inavvertitamente contaminato dalla sostanza proibita durante un massaggio da parte di un fisioterapista che aveva usato uno spray contenente Clostebol per curare la propria ferita di cui il giocatore non era a conoscenza e non avrebbe potuto essere a conoscenza all’interno della matrice fattuale presentata come prova.
Nelle sue difese il tennista italiano si è basato su una serie di decisioni CAS relative all’assenza di colpa o negligenza, tra cui
- CAS 2005/A/847 Hans Knauss contro FIS.
- CAS 2009/A/1926 e 1930 ITF contro Richard Gasquet. Il signor Gasquet è un tennista professionista e la sostanza proibita in questione era la cocaina.
- CAS 2019/A/6482 Gabriel da Silva Santos v Fédération Internationale de Natation. Il signor Santos era un nuotatore professionista e la sostanza proibita in questione era il clostebol.
- ITIA contro Marco Bortolotti. Il signor Bortolotti è un tennista professionista e la sostanza proibita in questione era ancora una volta il Clostebol.
- Autorità antidoping degli Stati Uniti contro Katerina Nash – La signora Nash è una ciclista professionista e la sostanza proibita era il capromorelina.
L’ITIA, nella sua analisi della sostanziale giurisprudenza CAS (e di altro tipo) fornita dalle parti, in via generale ha specificato che quasi tutti i precedenti si basano sui fatti specifici e sulla valutazione delle prove e dell’analisi da parte dei tribunali competenti in tali casi. Ciò che è importante, quindi, non è tanto se vi siano somiglianze o differenze di fatto tra questi casi e il caso di specie, ma trovare punti comuni di principio e vedere come tali principi possano essere stati applicati in un caso particolare.
A tal fine, l’ITIA ha esaminato i principi pertinenti nei seguenti casi:
Precedente numero 1
Nella causa CAS 2017/A/5015 FIS v Johaug, il panel ha considerato, tra l’altro, se la ricorrente potesse invocare l’articolo 10.5 del WADC nelle circostanze del suo caso per ottenere una esenzione completa di colpa (nemmeno lieve). I fatti rilevanti in quel caso erano che la ricorrente, una sciatrice di fondo di successo ed esperta, aveva subito una scottatura solare e, di conseguenza, si era procurata dei farmaci dal suo medico, che era un medico dello sport estremamente esperto. Sfortunatamente, l’atleta ha somministrato la crema Trofodermin, che contiene Clostebol. Ha chiesto assicurazioni al medico che non contenesse una sostanza proibita e le è stato detto che non lo conteneva. Tuttavia, ha buttato via la confezione che riportava una chiara avvertenza antidoping anche se in italiano e non ha letto la relativa scheda tecnica del farmaco. L’atleta non era, quindi, in grado di fare affidamento sull’articolo 10.5 della WADC. Nel giungere alla sua conclusione, il TAS si è pronunciato contro la ricorrente, stabilendo che l’accertamento di assenza di colpa si applica solo in casi veramente eccezionali e che per avvalersi di questo beneficio è necessario esercitare la “massima cautela” nell’evitare il doping. Un atleta deve sempre adottare misure molto rigorose per adempiere ai propri obblighi, dato che ha sempre una responsabilità personale, e il fallimento di un medico non esonera l’atleta dalla sua responsabilità personale. Il TAS ha inoltre ritenuto che fosse necessario per gli atleti effettuare un controllo incrociato delle assicurazioni fornite da un medico, anche se tale medico è uno specialista dello sport.
Il caso attuale può essere distinto da quello di Johaug , dato che la sostanza è entrata nel sistema del giocatore non attraverso un farmaco prescritto o fornito da un medico, ma attraverso una contaminazione incrociata durante una sessione di fisioterapia.
Precedente numero 2
Nella causa CAS 2017/A/5301 Errani v ITF, alla ricorrente è stato notificato che un campione fornito conteneva una sostanza proibita, evento causato dall’ingestione di farmaci prescritti alla madre dell’atleta, attraverso un pasto consumato con la sua famiglia. È emerso che il farmaco era conservato in una scatola in cucina, vicino al luogo in cui cucinava la madre dell’atleta, e che prendeva una pillola ogni giorno. Il TAS ha respinto il ricorso. La loro decisione si basava chiaramente sui fatti rilevanti, tra cui l’esistenza di una precedente occasione in cui una pillola era caduta dalla scatola, la routine quotidiana della madre dell’atleta che assumeva i suoi farmaci e lo stoccaggio della scatola dei farmaci nelle immediate vicinanze del luogo in cui venivano preparati i pasti.
È chiaro al Tribunale che il caso attuale è completamente diverso sui fatti e, come indicato sopra, il Tribunale ha ritenuto che il giocatore non fosse a conoscenza del fatto che il suo fisioterapista avesse accesso al Clostebol, che lo avesse somministrato al dito e che vi fosse un rischio di contaminazione incrociata.
Precedente numero 3
Nelle cause CAS 2009/A/1926 e 1930 ITF contro Richard Gasquet, il ricorrente ha inavvertitamente ingerito cocaina baciando una donna che aveva incontrato per la prima volta in un ristorante italiano. Sembra che la donna avesse assunto cocaina senza che il ricorrente ne fosse a conoscenza e che la cocaina gli sia passata mentre si baciavano attraverso la mescolanza di saliva. Il ricorrente ha avuto successo presso il CAS, con la giuria che ha stabilito che non ha fallito il test della “massima cautela“. Non poteva conoscere il rischio di ingerire cocaina baciando qualcuno. Il TAS ha osservato che, dato che gli esperti delle parti si sono presi un po’ di tempo per concludere tale rischio da soli, il ricorrente non avrebbe potuto conoscere il rischio di ingerire cocaina, anche esercitando la massima cautela, dalla donna, dato in particolare che non l’ha vista assumere cocaina, l’ha vista sotto l’effetto di cocaina o sapeva nulla della sua situazione personale. Al punto 5.32 della decisione, il panel del TAS ha esaminato se l’intenzione del WADC o della versione pertinente del TADP potesse essere quella di cercare di sanzionare un atleta in circostanze in cui era impossibile per un atleta percepire un rischio antidoping.
Sembra al Tribunale che questa decisione sia simile al caso di Sinner.
Precedente numero 4
Nella causa CAS 2019/A/6489 Gabriel Silva Santos v FINA, il ricorrente era un nuotatore professionista e la sostanza proibita in questione era il clostebol. Il ricorrente è stato esposto al Clostebol attraverso l’uso di un prodotto contenente Clostebol da parte di terzi a sua insaputa. Non c’era motivo per cui il ricorrente avrebbe dovuto sapere che il prodotto conteneva la sostanza proibita, dato che il prodotto non era stato utilizzato in sua presenza né conservato in un luogo a cui aveva accesso. Tuttavia, nell’ambito di tale ricorso, non è stato possibile determinare la via attraverso la quale l’atleta è entrato in contatto con il Clostebol, se non forse attraverso l’uso di oggetti domestici comuni. In questo caso, il panel del CAS ha approvato le conclusioni del caso Gasquet. Ha concluso che non vi era alcun motivo per cui il ricorrente, pur esercitando la massima diligenza, avrebbe dovuto scoprire che c’era Clostebol nelle sue vicinanze o che c’era un possibile rischio di essere esposto ad esso. Il panel del CAS ha ritenuto che fosse “un’aspettativa irragionevole e impraticabile” richiedere al ricorrente di porre domande alle persone che aveva intorno quando è stato esposto a Clostebol per valutare qualsiasi rischio antidoping.
Il Tribunale rileva le somiglianze di questo caso con quello di Sinner e l’approccio adottato dal panel del CAS. Sembra che il fondamento di questo caso sia il fatto che il ricorrente non sapeva e non avrebbe potuto sapere della possibilità di esposizione all’interno dei fatti del caso.
Precedente numero 5
Nella causa CAS 2013/A/3313 Stroman v FEI, il panel del CAS ha osservato che il ricorrente non poteva cercare di sottrarsi al proprio dovere di massima cautela delegando altrove le responsabilità antidoping. Il panel ha fatto riferimento a un tema costante nella giurisprudenza del CAS sull’antidoping; che il dovere della massima cautela o della dovuta diligenza è un dovere non delegabile. Nel caso di specie, il ricorrente era un concorrente professionista di equitazione nel salto ostacoli e la questione riguardava il trattamento veterinario ricevuto dal cavallo dell’atleta. La ricorrente ha cercato di stabilire che non aveva alcuna colpa o negligenza significativa per la violazione antidoping e che l’atleta aveva in effetti delegato la sua funzione antidoping al veterinario. Tuttavia, alcune osservazioni aggiuntive del panel CAS nella causa Stroman sono incisive anche nel contesto della revisione complessiva della giurisprudenza sostanziale citata in questo caso, vale a dire al paragrafo 82: “il panel ribadisce che, in ogni caso, è generalmente un esercizio improduttivo cercare di confrontare casi diversi decisi in momenti diversi e/o in base a regole diverse e/o da organi diversi, i cui fatti non sono esattamente paragonabile al caso di impugnazione e che non stabiliscono norme di applicazione generale (CF CAS 2013/A/3124, punto 12.23).“
Precedente numero 6
Nella causa CAS 2007/A/1395 WADA v NSAM & Cheah & Ng & Masitah, il panel ha ritenuto che gli atleti debbano essere ritenuti responsabili delle azioni del loro entourage in relazione alla fornitura di sostanze e che non sia una scusa per un atleta sostenere che un’altra persona sia responsabile della presenza di una sostanza proibita nel campione dell’atleta. Tuttavia, i fatti in questo caso si riferiscono al fatto che i ricorrenti hanno mangiato cioccolatini non confezionati dati da un altro allenatore durante una gara di tiro e il panel ha concluso che non hanno esercitato la massima vigilanza o la massima cautela, che ci si aspetta dagli atleti che ingeriscono cioccolatini non confezionati.
Ciò si distingue chiaramente dai fatti rispetto al caso di specie ed è utile notare il contenuto del paragrafo 80 della decisione che riafferma la legge in modo eloquente: “In generale, l’eliminazione del periodo di sospensione è possibile solo nel caso in cui l’atleta possa dimostrare di non esserne a conoscenza, di non dubitare o di non poter ragionevolmente sapere o presumere, anche con la massima vigilanza o la massima cautela, che gli fosse stata somministrata una sostanza proibita o un metodo proibito. L’onere di stabilire di aver fatto tutto il possibile per evitare un risultato positivo al test viene quindi spostato sull’atleta (vedi CAS 2006/A/1133 WADA v/S & Swiss Olympic)”.
Conclusioni
Dall’analisi della giurisprudenza pertinente emerge chiaramente che occorre prestare attenzione per quanto riguarda il ricorso a precedenti simili e che da essi si possono trarre solo i principi che possono poi essere applicati ai fatti specifici di un singolo caso. In quello di Sinner, l’ITIA ha stabilito che il giocatore non sapeva o sospettava e non poteva ragionevolmente sapere o sospettare, anche con la massima cautela, che il Clostebol fosse presente all’interno dei locali in cui si trovava, che il giocatore non sapeva o sospettava che il signor Naldi avesse usato il Clostebol sul suo dito, e il giocatore non sapeva o sospettava che fosse possibile che una sostanza proibita gli fosse stata inavvertitamente trasferita durante la massoterapia e/o durante il bendaggio dei suoi piedi.
Dato che l’ITIA ha anche concluso che Sinner è un individuo che esercita una notevole cautela in materia di antidoping e che ha avuto cura nella scelta del suo team di supporto e nell’assicurarsi che il team comprendesse e rispettasse le varie responsabilità antidoping, l’ITIA ha ritenuto che il giocatore abbia esercitato “la massima cautela” e fatto tutto il possibile per evitare un risultato positivo del test. Per tali ragioni l’ITIA ha scagionato Sinner, affermando senza esitazione che il giocatore si è potuto avvalere della piena esenzione prevista dall’articolo 10.5 del TADP.
Riuscirà la WADA a confutare questa conclusione? A parere di chi scrive l’impianto probatorio offerto da Sinner è molto solido e sarà difficile dimostrare una culpa in vigilando che, in ogni caso, qualora venisse provata, sarà di forma lieve e, quindi, comporterà uno stop di pochi mesi.
Ai posteri l’ardua sentenza.
Avv. Felice Raimondo