Nel recente passato si è discusso molto di un argomento di stringente attualità, ossia la riduzione del costo del credito nei casi di estinzione anticipata dei finanziamenti. Chi vuole approfondire la problematica può rileggere questo articolo: Sentenza Lexitor: consumatori in attesa della Corte Costituzionale. E’ in arrivo uno tsunami?. Se sei un consumatore che si è imbattuto in un caso analogo, ti consiglio di leggere questo nuovo approfondimento.
Riassumendo la questione, è possibile affermare quanto segue.
Solitamente ogni intermediario finanziario, nel momento in cui il cliente decideva di estinguere anticipatamente il finanziamento (ad esempio cessione del quinto), riduceva pro-rata soltanto i costi ricorrenti (c.d. costi recurring, come i costi di assicurazione) ma non anche i costi fissi e iniziali (c.d. costi up-front, come le spese di istruttoria, molto corpose, che venivano puntualmente trattenute).
Nel 2019 la Corte di Giustizia Europea, nella celebre sentenza Lexitor, condannava il comportamento di tutti gli istituti di credito europei. Nella decisione della CGUE veniva affermato che l’art. 16 della Direttiva 2008/48 (di cui l’art. 125-sexies costituisce trasposizione interna), andava interpretato nel senso più favorevole per il consumatore. Ergo, il principio sancito dai giudici europei considerava ai fini del calcolo della misura della riduzione, da operarsi in proporzione (pro rata temporis) alla durata residua del contratto, il costo totale del credito, compresi i costi anteriori alla sottoscrizione del contratto e indipendenti dalla durata dello stesso (c.d. oneri up-front, ad es. istruttoria, provvigioni di agenzia ecc.), anziché la sola frazione dei costi dipendenti dalla durata del contratto (c.d. oneri recurring) non maturata al momento del rimborso anticipato del capitale.
Logicamente una simile decisione ha creato lo scompiglio più totale nella lobby delle banche. Infatti, gli istituti di credito sarebbero stati costretti a restituire soldi che invece pensavano di aver trattenuto correttamente. Ecco, dunque, l’intervento del Governo che nel 2021, in piena pandemia, con una legge ad hoc, dichiarava di recepire la decisione della Corte di Giustizia Europea (ricordo che il Diritto Comunitario è sovraordinato a quello nazionale, cioè ogni norma interna va letta e interpretata nel rispetto del diritto europeo). Ovviamente, però, il recepimento è stato ancora una volta a favore delle banche. Secondo la legge i principi indicati dalla CGUE si sarebbero dovuti rispettare solo per i contratti di finanziamento stipulati dal 25 luglio 2021 in poi. Invece per tutti quelli antecedenti (cioè la stragrande maggioranza) si sarebbe applicata la vecchia metodologia che tratteneva i costi fissi iniziali.
Un ennesimo smacco, ma la battaglia non era conclusa. Il Tribunale di Torino, con ordinanza del 2 novembre 2021, analizzando una vertenza che aveva ad oggetto la problematica in esame, sollevava la questione di legittimità costituzionale. Cioè chiedeva alla Consulta se la legge salva-banche del 2021 poteva considerarsi aderente alla Costituzione italiana, che obbliga lo Stato a recepire il Diritto Comunitario. Ebbene, il 22 dicembre 2022 la Corte Costituzionale si è espressa nella sentenza n. 263/2022, dichiarando la illegittimità costituzionale della norma salva-banche.
Questo il comunicato della Consulta: “In caso di restituzione anticipata del finanziamento, il diritto del consumatore alla riduzione dei costi sostenuti in relazione al contratto di credito non può essere
limitato a talune tipologie di costi, in funzione di quando sia stato concluso il contratto.
È quanto si legge nella sentenza n. 263 depositata oggi (redattrice la giudice Emanuela Navarretta), con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità dell’articolo 11-octies, comma 2, del decreto-legge n. 73 del 2021 (convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106), nella parte in cui limitava ad alcune tipologie di costi il diritto alla riduzione spettante al consumatore. La norma riguardava i contratti conclusi dopo l’entrata in vigore della disciplina attuativa della direttiva 2008/48/CE (decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141), ma prima dell’entrata in vigore della citata legge n. 106 del 2021.
In tale limitazione la Corte costituzionale ha ravvisato una violazione dei vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea e, in particolare, dell’art. 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE, come interpretato dalla Corte di giustizia con la sentenza dell’11 settembre 2019, C-383/18, caso Lexitor. Nella citata pronuncia, la Corte di giustizia ha chiarito che il diritto alla riduzione deve riferirsi a tutti i costi sostenuti dal consumatore, e che la riduzione deve operare in proporzione alla minore durata del contratto, conseguente alla restituzione anticipata.
Per effetto della sentenza della Corte costituzionale, spetterà, dunque, ai consumatori il diritto alla riduzione proporzionale di tutti i costi sostenuti in relazione al contratto di credito, anche qualora abbiano concluso i loro contratti prima dell’entrata in vigore della legge n. 106 del 2021“.
Gli effetti di questa pronuncia sono un’autentica bomba nel rapporto tra clienti e istituti di credito.
Le conseguenze della decisione della Corte Costituzionale
La Consulta ha definitivamente bocciato la norma salva-banche. Attenzione: non esiste un altro modo legale e giuridicamente valido per metterci l’ennesima pezza. Cioè non è più possibile inventarsi alcuna norma per cancellare la riduzione del credito illegittimamente trattenuto dalle banche.
La Corte Costituzionale è stata chiara: solo la Corte di Giustizia Europea poteva indicare una data spartiacque e avrebbe dovuto farlo nella sentenza Lexitor, cosa che invece non è stata fatta. Quindi la decisione della CGUE va applicata senza alcun limite temporale, sia ai contratti stipulati prima della legge n. 106/2021, sia a quelli stipulati dopo la suddetta legge.
Ma non solo: nessun Giudice in Italia può discostarsi dall’interpretazione della sentenza Lexitor così come dichiarato dalla Corte Costituzionale. Il motivo è molto semplice: la Consulta ha cancellato (dichiarandola incostituzionale) la parte di norma che legittimava il differente trattamento dei finanziamenti (pre e post legge 2021). Quindi, oggi, di fatto non esiste più alcuna norma salva-banche e non potrà più essere reintrodotta perché verrebbe parimenti dichiarata incostituzionale. In altre parole: è uno scacco matto.
Ciò vuol dire che d’ora in poi tutte le banche e le finanziarie che hanno ridotto il credito applicando principi contrari alla sentenza Lexitor saranno costrette a restituire i soldi illegittimamente trattenuti: i primi commentatori parlano di un danno di 5 miliardi di euro.
I concetti suindicati si applicano a tutti i contratti di finanziamento stipulati dal 19 settembre 2010, ossia dalla data di entrata in vigore del D. Lgs. n. 141/2010, che ha recepito la Direttiva 2008/48/CE, momento a partire dal quale è stato introdotto il principio secondo cui, in caso di estinzione anticipata del finanziamento, il consumatore “[…] ha diritto ad una riduzione del costo totale del credito che comprende gli interessi e i costi dovuti per la restante durata del contratto”.
Ogni consumatore che abbia estinto anticipatamente il finanziamento ha diritto alla restituzione del maltolto entro 10 anni dall’estinzione, poi scatta la prescrizione. Chi ha superato tale scadenza potrebbe avere delle possibilità residue se venisse ribadito il principio – già affermato in giurisprudenza – in base al quale il dies a quo partirebbe da quando si avrebbe la certezza di poter far valere il diritto (in tal caso dalla decisione Lexitor del 2019). Invece chi si trova in prossimità della suindicata scadenza (10 anni dalla estinzione) per evitare problemi dovrebbe subito interrompere i termini con una raccomandata che contesti il credito ridotto in maniera errata. Logicamente la convenienza economica della contestazione dipende da caso a caso ma, in generale, i recuperi più corposi spettano a chi abbia estinto il finanziamento nel periodo iniziale, senza arrivare in prossimità della sua conclusione.
Lo studio legale gestito dall’avv. Felice Raimondo sta già predisponendo i primi ricorsi per tutelare i diritti dei clienti che avevano subìto delle ingiuste riduzioni del credito, e che erano in attesa della decisione della Corte Costituzionale. La perizia giurimetrica elaborata dallo studio è un documento fondamentale ai fini delle contestazioni ed è in grado di ricalcolare correttamente gli oneri da restituire sia col metodo della curva di interessi che col metodo pro-rata temporis.
Attenzione (update del 9 febbraio 2023): quanto specificato in questo articolo vale solo per il credito al consumo (es. prestiti personali come la cessione del quinto, cioè una forma di finanziamento rivolta al consumatore per soddisfare un’esigenza personale o familiare), ma non è applicabile anche per i mutui, come recentemente dichiarato dalla Corte di Giustizia Europea (Link), per i quali si potrà chiedere solo la riduzione degli interessi e dei costi che dipendono dalla durata del credito (c.d. recurring come ad ad es. le spese di incasso), ma non delle spese di istruttoria (c.d. upfront, come ad es. la perizia nel caso dei mutui).
Chiunque dal 19/09/2010 abbia estinto anticipatamente un finanziamento può contattare lo studio legale per verificare se ha subìto una trattenuta ingiusta e, quindi, conoscere i passi da compiere per tutelare i suoi diritti: Contatti – Avvocato Felice Raimondo. I documenti necessari da allegare alla richiesta di consulenza sono il contratto di finanziamento, il piano di ammortamento, la ricevuta di estinzione con la liberatoria da parte dell’istituto di credito e i rimborsi parziali degli oneri già ricevuti.
Avv. Felice Raimondo