La riforma Cartabia ha introdotto, tra le altre cose, una importante novità in tema di procedimento di mediazione in cui è coinvolto un condominio.
Prima della riforma, l’art. 71-quater disp. att. c. c. stabiliva che «al procedimento è legittimato a partecipare l’amministratore, previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, del codice (ndr: maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno la metà del valore dell’edificio)» e che «la proposta di mediazione deve essere approvata dall’assemblea con la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, del codice. Se non si raggiunge la predetta maggioranza, la proposta si deve intendere non accettata».
Dunque, nel recente passato erano necessarie due delibere autorizzative: 1) una per affidare l’incarico all’amministratore di partecipare al procedimento di mediazione, o di attivarlo per conto del condominio; 2) un’altra per accettare/rifiutare l’accordo di mediazione.
Con la riforma Cartabia, invece, sarà necessaria soltanto la seconda delibera che dovrà esprimersi sull’accordo di mediazione, quindi la delibera autorizzativa a partecipare o ad attivare la mediazione è stata eliminata. Questa novità entrerà in vigore dal prossimo 30 giugno 2023.
L’art. 2, co. 2 D. Lgs. 149/2022 ha introdotto il nuovo articolo 5-ter al Decreto Legislativo 28/2010, in forza del quale «L’amministratore del condominio è legittimato ad attivare un procedimento di mediazione, ad aderirvi e a parteciparvi».
In sostanza è stata introdotta una legittimazione processuale in capo all’amministratore che potrà partecipare o avviare mediazioni senza ricevere previamente il mandato da parte dell’assemblea che, quindi, potrebbe venire a sapere del procedimento di mediazione soltanto nella sua fase finale, ossia quando sarà chiamata a deliberare sulla proposta di mediazione. Oppure addirittura potrebbe non venirne mai a sapere nulla, nella eventualità in cui non vi sia alcun accordo o proposta da sottoporre a votazione perché la mediazione ha avuto esito negativo e, dunque, non vi era alcun accordo da deliberare.
Infatti, il nuovo articolo 5-ter del Decreto Legislativo 28/2010 statuisce quanto segue: “Il verbale contenente l’accordo di conciliazione o la proposta conciliativa del mediatore sono sottoposti all’approvazione dell’assemblea condominiale, la quale delibera entro il termine fissato nell’accordo o nella proposta con le maggioranze previste dall’articolo 1136 del codice civile. In caso di mancata approvazione entro tale termine la conciliazione si intende non conclusa“.
Lo scopo del legislatore è stato quello di semplificare la procedura ma i dubbi persistono in quanto potrebbe venir meno trasparenza nella gestione condominiale (come affrontato in diversi casi dallo studio legale Raimondo) con un amministratore che potrebbe legittimamente omettere di aver ricevuto o di aver attivato una istanza di mediazione, non avendo alcun obbligo al riguardo dato che non deve più ricevere alcun mandato dall’assemblea per partecipare agli incontri di mediazione.
Anche i relativi costi di mediazione, inoltre, dovranno essere pagati dal condominio che, di conseguenza, qualora non venisse informato, scoprirà la “sorpresa” nel momento in cui sarà chiamato ad approvare il bilancio annuale. Unitamente alle altre spese ordinarie sopportate dall’amministratore per la buona tenuta dell’edificio. Se qualcuno ritiene che partecipare ad una mediazione non sia proprio la stessa cosa, chiaramente ha ragione ma la domanda andrebbe rivolta al legislatore che, a parere dello scrivente, avrebbe dovuto aumentare la libertà degli amministratori solo aumentando parallelamente la loro competenza a gestire asset di milioni di euro.
Purtroppo però su questo fronte nulla è cambiato.
Avv. Felice Raimondo