Lo ius sanguinis è un principio cardine dell’ordinamento giuridico italiano e prevede la trasmissione della cittadinanza italiana attraverso la c.d. “linea di sangue”.
L’art. 1 della legge n. 91/92 stabilisce che è cittadino per nascita il figlio di padre o madre cittadini, ergo la cittadinanza italiana viene trasmessa ai figli indipendentemente dal luogo di nascita degli stessi. La prima disciplina organica è frutto della legge n. 555/1912 che, tuttavia, riconosceva un ruolo preminente alla figura del marito-padre, che trasmetteva automaticamente la propria cittadinanza alla moglie straniera ed ai figli e condivideva con i familiari anche la sua perdita, nel caso di acquisto di una cittadinanza straniera ed espatrio. Di contro, la cittadina italiana che contraeva matrimonio con un cittadino straniero non poteva trasmettere ai discendenti la propria cittadinanza.
Senonché, per effetto dell’elaborazione giurisprudenziale successiva all’entrata in vigore della Costituzione (tra tutte l’incostituzionalità della legge n. 555/1912 nella parte in cui non prevedeva che fosse cittadino per nascita anche il figlio da madre cittadina), si è ritenuto che i discendenti e le discendenti di cittadine italiani, anche se nati prima dell’entrata in vigore della Carta Costituzionale (1° gennaio 1948) sono a loro volta cittadini italiani. Nonostante ciò, per i motivi anzidetti, dato che questo diritto è frutto di una elaborazione giurisprudenziale e non di una legislazione organica, il discendente che voglia ottenere la cittadinanza per linea materna e che sia nato prima del 1° gennaio 1948, non può far altro che adire l’autorità giudiziaria al fine di ottenere una decisione con cui venga ordinato al Ministero degli Interni e per esso, all’Ufficiale dello Stato Civile competente, di procedere alle iscrizioni, trascrizioni e annotazioni di legge, nei registri dello stato civile, della cittadinanza della parte interessata, provvedendo alle eventuali comunicazioni alle autorità consolari competenti.
Ciò posto, la cittadinanza italiana per via giudiziale può essere ottenuta anche da parte dei discendenti per linea paterna ma solo in un caso particolare. Infatti, lo straniero figlio di padre italiano non acquista automaticamente la cittadinanza italiana dato che quest’ultima è frutto di un procedimento di natura amministrativa. L’iter burocratico può essere avviato dal discendente direttamente all’estero tramite i canali consolari, oppure in Italia nel Comune di nascita dell’avo che trasmette la cittadinanza. Le tempistiche però non sono certe e, specialmente nel caso dei consolati, dipendono dalla mole di lavoro degli uffici che potrebbero far attendere anche diversi anni (es. è il caso del Brasile ma anche in Argentina le attese non sono brevi).
La pubblica amministrazione, tuttavia, è tenuta a rispettare delle tempistiche stabilite dalla legge, nello specifico 730 giorni dalla data di presentazione della domanda, in base a quanto previsto dall’art. 3 del D.P.R. n. 362 del 18 aprile 1994.
Ergo, qualora i consolati non rispettassero queste tempistiche, il discendente per linea paterna potrebbe legittimamente adire l’autorità giudiziaria per l’ottenimento della cittadinanza italiana, in quanto la giurisprudenza italiana (es. Tribunale di Roma) si è già espressa sul punto affermando che le lunghe attese presso i consolati, nel mancato rispetto delle tempistiche previste dalla legge, si sostanziano come un diniego che quindi può essere accertato e censurato in via giudiziale. Attenzione: se il Consolato chiarisce che va rispettata una lista di attesa pluriennale (questo va dimostrato documentalmente) il discendente non è tenuto ad aspettare il trascorrere dei 730 giorni ma può subito adìre l’autorità giudiziaria che si pronuncerà con tempistiche molto più ridotte (in base ai precedenti ed a seconda della mole di lavoro dei Tribunali l’attesa potrà variare da un minimo di 6 ad un massimo di 18 mesi).
Chi vuole ottenere la cittadinanza iure sanguinis deve possedere due requisiti basilari:
- la discendenza da un avo italiano (il soggetto emigrato);
- l’assenza della interruzione della “linea di sangue”, ossia la trasmissione della cittadinanza italiana ai discendenti. Infatti, qualora l’avo italiano avesse deciso di naturalizzarsi (cioè acquisire la cittadinanza straniera) prima della nascita del discendente in linea retta, la trasmissione della cittadinanza italiana si interromperebbe. Ergo, il discendente che voglia acquisire la cittadinanza italiana deve dimostrare (con atto richiedibile al consolato) che il suo avo italiano e tutti i suoi discendenti hanno mantenuto la cittadinanza italiana senza naturalizzazione straniera.
Volendo ricapitolare:
- Un discendente straniero per linea materna nato prima del 1° gennaio 1948 è obbligato ad adire l’autorità giudiziaria per ottenere la cittadinanza italiana;
- Un discendente straniero per linea materna nato dopo il 1° gennaio 1948 o un discendente straniero per linea paterna deve preliminarmente attivare l’iter burocratico presso il Comune o il Consolato che sarà tenuto a concludere l’iter in 730 giorni. Qualora ciò non avvenga o qualora il Consolato comunichi subito liste di attesa che superano i 730 giorni, il discendente potrà adire l’autorità giudiziaria per ottenere la cittadinanza italiana.
- Nota bene: l’iter burocratico non è un presupposto stabilito dalla legge, ossia non è condizione di procedibilità per l’avvio dell’iter giudiziario. Ma in ogni caso è sempre consigliabile iniziare prima l’iter amministrativo e soltanto in seguito quello in Tribunale.
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