Due anni fa scrivevo un articolo intitolato: “Plusvalenze: in che modo la bolla finanziaria può far implodere il mondo del calcio“. Nell’approfondimento, ritenutosi necessario a causa dell’argomento tornato di stringente attualità, sottolineavo come quello a cui stiamo assistendo non è nient’altro che una riedizione di quanto visto 22 anni fa. Chi vuole ricordare cosa accadde negli anni 2000 e in che modo se ne venne fuori, può rileggere quell’articolo. In questa sede è opportuno indicare che le plusvalenze di due decenni fa si produssero perché i proprietari, per inseguire una folle competitività e per cercare di rimetterci pochi soldi, adottarono le plusvalenze come principale maquillage contabile.
Col passa degli anni, dopo l’intervento del governo Berlusconi che consentì di spalmare la mole di ammortamenti causata dalle plusvalenze, il fenomeno sembrava rientrato. Fino a quando, con l’introduzione del Fair Play Finanziario, i top club sono tornati ad utilizzare con frequenza il noto meccanismo finanziario per poter rientrare nei parametri stabiliti da Nyon. E siccome l’appetito vien mangiando, il fenomeno è stato utilizzato anche per consentire ad alcune proprietà di fare il passo più lungo della propria gamba. In altri termini: il calcio italiano ci è ricascato con tutti e due i piedi.
Ma qual è lo stato di salute dello sport più amato nel vecchio stivale?
Il report PWC 2022 (Link) sottolinea l’evidente stato di difficoltà causato dal COVID che, ovviamente, ha contratto i ricavi. Il problema è che parallelamente i costi e gli ammortamenti sono rimasti stabili, mentre l’indebitamento finanziario netto è addirittura salito.
Dopo un trend di continua crescita, si assiste ad un significativo decremento dei ricavi legati alle plusvalenze per cessione dei giocatori, pari nel 2020-2021 a 355,6 milioni (-51,9%). Sul punto, però, è ragionevole supporre che il decremento non sia dettato da una spontanea presa di coscienza del sistema calcio e nemmeno da chissà quali norme introdotte dalla FIGC: semplicemente il COVID ha reso tutti mediamente più prudenti e i diritti tv, come vedremo meglio avanti, hanno compensato il buco. I costi, invece, come detto sono rimasti stabili in ciascuna delle voci.
Caratteristica della Serie A è la forte correlazione statistica tra le potenzialità economiche dei club e la capacità di ottenere dei risultati sportivi. Nella Stagione Sportiva 2020-2021 (vittoria Milan) si è registrato però il primo caso dal 2011-2012 (vittoria prima Juve di Conte) in cui la società vincitrice della Serie A non è risultata essere allo stesso tempo prima nel ranking del costo del lavoro. La forte correlazione tra risultati sportivi e disponibilità di risorse economiche vale in termini equivalenti anche per gli altri maggiori campionati europei, con l’eccezione della Premier League inglese, che risulta invece caratterizzata da una variabilità maggiore nelle correlazioni tra risultati sportivi ed economico-finanziari.
Il grande problema della Serie A è proprio quello legato ad una economia che continua a bruciare tantissimi soldi. In generale, malgrado l’azzeramento dei ricavi da stadio (1% nella stagione 20/21) e la contrazione delle plusvalenze (12%), il sistema calcio ha saputo reagire alla pandemia globale mantenendo un valore della produzione in linea rispetto ai precedenti anni. Ma in che modo? La contrazione delle plusvalenze al momento è stata compensata da altre fonti di reddito, ossia ricavi commerciali e diritti tv, anche se questi ultimi soltanto a causa della diversa contabilizzazione nei bilanci dato che il campionato 19/20 è stato chiuso ad agosto 2020.
Da tutto ciò ne possiamo trarre una conclusione generale: il sistema per il momento si è “salvato la pelle”, ma è tutt’altro che in via di guarigione.
Il fenomeno delle plusvalenze, a ben vedere, fino a prima della pandemia riguardava principalmente i club di prima fascia. Quindi la problematica odierna non è relativa al calcio italiano nel suo insieme ma riguarda soltanto alcuni club che, rispetto ad altri, fanno un uso massiccio di queste particolari operazioni contabili. La maggior parte delle quali lecite, sia chiaro, mentre su quelle c.d. “a specchio” ci sarebbe da discutere (Plusvalenze: in che modo gli abusi possono essere frenati).
CONCLUSIONI
La contrazione delle plusvalenze nella stagione 2020/2021 (ultimo esercizio analizzato dal report PWC) non è dovuta al fatto che il calcio italiano è stato folgorato sulla via di Damasco, bensì è legata all’ovvia considerazione che nella stagione 2020/2021 i club hanno potuto fare affidamento su una contabilizzazione dei diritti tv inusuale che ha compensato in modo più che doppio (+600mln) la contrazione delle plusvalenze (-300mln). La prova lampante è data dal fatto che nell’esercizio 2021/2022, esaurito l’effetto dei diritti tv “extra large”, molti top club hanno ricominciato con le vecchie abitudini: plusvalenze strikes again!
Dunque nel futuro Report PWC 2023 (che analizzerà l’ultimo esercizio 21/22) certamente le plusvalenze saranno aumentate e tornate sui livelli pre-pandemia.
La riflessione successiva è questa: se si dovesse individuare un modo per arginare le plusvalenze a specchio, certamente l’impatto di questa voce di ricavo diminuirebbe all’interno dei bilanci di qualche top club. Quindi qualcuno si troverebbe di fronte ad una scelta inevitabile: ridimensionarsi, a meno che non trovi dei ricavi alternativi, ben più stabili e meno effimeri.
La domanda conclusiva è questa: per il calcio italiano è meglio che qualche grande club si ridimensioni per qualche anno fino a quando non avrà trovato una soluzione per tornare al top in un modo finanziariamente sostenibile… oppure è meglio chiudere due occhi, non arginare le plusvalenze, e consentire a questi club di restare al top in un modo tutt’altro che sostenibile?
In altre parole: chi governa il calcio vuole migliorare il sistema malgrado tutto e tutti, oppure si vuole soprassedere senza che nessuno ci rimetta più di tanto, nella speranza di trovare soluzioni meno drastiche? L’impressione è che si vada verso la seconda strada ma, chiaramente, l’augurio è che si imbocchi la prima. Perché soltanto attraverso un sistema sano e sostenibile è possibile rilanciare in modo durevole tutto il calcio. Viceversa, se ci tappiamo il naso di fronte ai problemi, non cresceremo mai e saremo sempre sul filo del baratro.
Servono scelte importanti e anche impopolari: prima verrà compreso dalla politica sportiva, e prima ne usciremo fuori.
Avv. Felice Raimondo
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