Tanto tuonò che piovve. Anzi no. Malgrado un processo sportivo che ha coinvolto la squadra con più sostenitori nel vecchio stivale (Le motivazioni della Corte Federale d’Appello: ecco perché la Juventus è stata penalizzata di 15 punti), quando un problema diventa scomodo e generatore di danni collaterali (basti pensare a quanto è diffusa la pratica delle plusvalenze) in Italia non si riesce mai a trovare la soluzione definitiva ma, piuttosto, si cerca il compromesso.
Il Governo Meloni ci ha messo un “cerottino” dopo essere stato attenzionato della questione dalla FIGC che, a sua volta, ha preferito attendere la novità legislativa anziché agire internamente così come invocato con urgenza per ben due volte dalla Corte Federale d’Appello a Sezioni Unite (prima nel giudizio in cui ha prosciolto la Juve e poi in quello in cui ha condannato il club a 15 punti di penalizzazione).
La novella, già annunciata e che inizialmente doveva essere introdotta col Decreto Milleproroghe ma che invece confluirà in un veicolo legislativo ad hoc, non incide sul Codice Civile e nemmeno sui Principi Contabili, bensì sul TUIR (testo unico delle imposte sui redditi), ossia la legge che regolamenta la tassazione sui redditi delle persone fisiche e giuridiche.
La spiegazione breve è questa: d’ora in poi chi vorrà fare plusvalenze esattamente come le faceva fino a ieri, rischierà di pagare un po’ di tasse in più. Tutto qui. Questo è l’unico mezzo che attualmente è stato pensato per disincentivare l’abuso di un fenomeno che, evidentemente, non si vuole limitare in modo concreto (chiaramente si parla solo della sua parte malata, ossia le plusvalenze che non generano movimentazione di denaro).
Per chi, invece, vuole addentrarsi nei meandri della “cervellotica” novità legislativa, ecco la spiegazione lunga. Il Governo ha deciso di agire su due fronti: il numero di anni entro cui si può spalmare la tassazione da plusvalenza e l’importo da poter spalmare, pari alla “sola quota parte proporzionalmente corrispondente al corrispettivo in denaro“.
Nello specifico, le plusvalenze che derivano dalla cessione a titolo oneroso (di beni materiali o immateriali) o per il risarcimento a fronte di danneggiamento o perdita del bene (art. 86, co. 1, lett. a) e b) del TUIR) possono essere tassate, in unica soluzione oppure in quote costanti nell’esercizio di competenza e nei successivi quattro (art. 86, co. 4 TUIR), per un totale di cinque anni. Per poter procedere alla tassazione spalmata in 5 anni, una società “normale” dovrebbe detenere quel bene per almeno 3 anni. Questo non accadeva con le società di calcio che, fino all’emanazione del Decreto Milleproroghe, potevano spalmare la tassazione in 5 anni anche se possedevano il bene (cioè il giocatore) per un solo anno. La novità legislativa, quindi, elimina questo trattamento fiscale di favore, allineando le società di calcio a tutte le altre realtà societarie italiane.
Ma non solo. L’altra “grande mazzata” limita l’ammontare della plusvalenza oggetto di ripartizione in 5 anni alla sola quota parte proporzionalmente corrispondente al corrispettivo in denaro. Questo, nelle intenzioni, dovrebbe dissuadere i club dallo scambiarsi i giocatori senza effettuare movimentazioni di denaro; parliamo delle c.d. plusvalenze incrociate, ossia quelle contestate alla Juventus. In tali casi, quindi, la tassazione “colpirà duro” in un singolo esercizio, senza possibilità di diluizione in 5 anni.
Prima domanda: queste novità avrebbero impedito alla Juventus di essere oggetto dell’attuale procedimento sportivo e penale? Assolutamente no.
Seconda domanda: queste novità dissuaderebbero i club dall’effettuare scambi incrociati senza movimentazione di denaro? Probabilmente no, soprattutto se il beneficio (ossia l’importo positivo della plusvalenza tra i ricavi del conto economico) superasse il costo (ossia la tassa da pagare subito).
E’ bene precisare che, secondo la più recente Cassazione, la plusvalenza è provento ordinario e dunque va tassata ai fini IRAP. Il trasferimento di un calciatore, infatti, è un atto che rientra nella gestione di una squadra di calcio, rappresentando un evento collegato all’attività ordinaria della società sportiva, sicché le plusvalenze derivanti dall’alienazione di immobilizzazioni, quando la cessione del bene costituisce un evento ordinario della gestione dell’impresa, fanno parte dei proventi ed oneri della gestione “ordinaria” accessoria. In tal modo, nel conto economico di cui all’art. 2425 c.c. le plusvalenza di questa tipologia vanno imputate alla voce “valore della produzione” A 5 “ricavi e proventi” e non alla voce E “proventi ed oneri”.
Come affermavo già nel 2019, l’impatto di queste ordinanze della Cassazione è senz’altro importante in quanto va ad incidere su tutti quei club calcistici italiani che applicano con costanza le plusvalenze per fare opera di maquillage contabile. Inoltre conferma definitivamente che il Player Trading ormai è un’attività ordinaria, quindi una voce del fatturato tutt’altro che sporadica.
Tuttavia, in termini pratici, l’incidenza di questa tassazione non sconvolgerà il mondo del calcio.
Infatti se d’ora in poi le plusvalenze faranno parte della base imponibile ai fini IRAP, semplicemente le società calcistiche che prima pagavano il 3,9% di IRAP (ad esempio) su un imponibile pari a 100, domani pagheranno il 3,9% su un imponibile pari a 150. Questo, ovviamente, determinerà un maggior costo per i club che – come solitamente accade quando aumentano le tasse – sarà sopportato dagli utenti finali con probabili aumenti dei prezzi di beni quali biglietti e prodotti ufficiali. Ma non solo: la “nuova” tassa potrà essere ammortizzata anche con un maggior costo della cessione che genera la plusvalenza che, quindi, d’ora in poi avrà un prezzo percentualmente X più alto rispetto a prima. Ossia una cifra uguale alla maggior tassa che le società dovranno pagare o, comunque, abbastanza più alta da poter annullare tale nuovo maggior costo riferibile all’IRAP.
Insomma gli escamotage (assolutamente legali) per “digerire” questa novità non sono pochi.
Ma quale sarebbe stata, invece, una soluzione più persuasiva? Molto semplice: modificare la norma (statale e/o federale) in modo tale da imporre l’adozione dei principi contabili internazionali (IFRS al posto dell’OIC) a tutte le società di calcio. In questo caso la COVISOC e le Procure di tutta Italia avrebbero avuto molte più opportunità per contestare pratiche “sui generis” a tutti i club e non solo a quelli quotati in borsa.
Inoltre una modifica ancora più pervasiva, da adottare a livello legislativo o di raccomandazioni contabili, poteva riguardare l’impossibilità di beneficiare subito del “ricavo plusvalenza” tra le voci del conto economico in mancanza di movimentazione di denaro. In tali casi il “ricavo plusvalenza” (ossia l’obiettivo inseguito da moltissimi club) si sarebbe dovuto spalmare su più esercizi. A quel punto certamente i club avrebbero evitato plusvalenze senza movimentazione di denaro, perché non avrebbero potuto iscrivere il ricavo subito nella sua interezza.
Infine le indicazioni della Corte Federale d’Appello con cui impostare dei parametri economici oggettivi dentro i quali ritenere leciti gli scambi a specchio (Link: paragrafo “Update del 3 dicembre 2022”).
Per quale motivo non si è agito in questi termini? Quindi seguendo i consigli della CAF, oppure con l’adozione dei principi contabili internazionali a tutti i club professionistici ed eliminazione del ricavo integrale da plusvalenza incrociata senza movimentazione di denaro? Perché evidentemente ad oggi non vi è la volontà da parte di nessuno (Governo e/o FIGC) di risolvere definitivamente un problema che, visto da un’altra angolazione, è una importante fonte di reddito per molti club che, col pugno duro, rischierebbero di dover fronteggiare una crisi gestionale e di entrate non indifferente. Un po’ come togliere all’improvviso l’oggetto della dipendenza tra le mani di chi ne è assuefatto. Gli effetti collaterali sarebbero devastanti.
E su questo si può anche convenire. Ciò nonostante, cambiamenti di questo tipo potrebbero essere introdotti con gradualità e con un preavviso, così da avvertire i club e metterli in guardia per prepararsi alle novità. Forse prima o poi qualcuno avrà il coraggio di fare tutto ciò, e chissà che per una volta si pensi davvero alla sostenibilità finanziaria di un intero settore, piuttosto che agli incarichi ricoperti e al consenso necessario per tornare ad occupare certe poltrone. Soliti discorsi che purtroppo rendono l’Italia un paese per vecchi guidato da vecchi e dove troppo spesso la scaltrezza e il compromesso trovano terreno fertile rispetto al merito e all’equità.
Avv. Felice Raimondo.
Ti è piaciuto il contenuto di questo articolo? Su Amazon sono presenti 4 libri interamente dedicati ad argomenti analoghi:
Il Diavolo è nei dettagli vol. 1: https://amzn.to/3NAmyoW
Il Diavolo è nei dettagli vol. 2: https://amzn.to/3NBm9Cz
Fair Play Finanziario: https://amzn.to/449WMir
Super Lega vs Super Federazioni: https://amzn.to/3rgmAus
Disclaimer: si autorizza la diffusione dell’articolo unicamente previa citazione dell’autore e collegamento (link) ipertestuale che rimandi alla fonte. Ogni diverso trattamento del presente contenuto sarà perseguito nei termini di legge. Per chi fosse interessato ad argomenti simili, nel blog sono presenti altri approfondimenti acquistabili singolarmente o con abbonamento. In alternativa, se apprezzi la professionalità dei contenuti gratuiti che oggi rappresentano i 2/3 di quelli pubblicati nel blog, puoi sostenere l’autore effettuando una donazione di libero importo a questo Link.