Milan e Inter vorrebbero costruire un nuovo stadio vicino all’attuale impianto di San Siro, che dovrebbe essere demolito tra il 2027 e il 2028, quindi dopo la costruzione del nuovo impianto.
L’iter è stato avviato per la prima volta in data 10 luglio 2019, circa due settimane dopo l’assegnazione delle Olimpiadi Invernali di Milano-Cortina 2026. Attenzione alle date perché ciascuno, anche sulla base di esse, potrà farsi una propria opinione su questa intricata vicenda.
Tra la data di presentazione del progetto “Nuovo San Siro” alle Olimpiadi vi era un intervallo di 7 anni. Normalmente un arco temporale in cui si riuscirebbe a completare tutto, ma non se ti trovi in Italia. Un ragionamento che sarebbe stato in grado di fare qualsiasi persona di buonsenso ma che, per quanto riguarda l’iter del “Nuovo San Siro”, è stato clamorosamente sottovalutato.
La prima domanda che i club si sarebbero dovuti porre sarebbe dovuta essere questa: “Ma se il vecchio stadio di San Siro venisse coinvolto nella manifestazione invernale, questo potrebbe causarci dei problemi?”. Evidentemente il problema non se lo è posto nessuno ed è stato il primo, grosso errore.
Infatti, poco dopo l’assegnazione dei giochi veniva ufficializzato l’utilizzo dell’impianto di San Siro per la manifestazione di apertura dei Giochi Olimpici. La seconda domanda che i club si sarebbero dovuti porre sarebbe dovuta essere questa: “Ora che il vecchio stadio è stato coinvolto, in che modo questo potrebbe causarci dei problemi?”. Nel frattempo l’iter è proseguito e il 13 maggio 2020 è giunto un aggiornamento fondamentale da parte della Soprintendenza in merito al vincolo che in molti invocavano per impedire l’abbattimento della “Scala del Calcio”.
Com’è possibile leggere dagli atti comunali, “la possibilità di demolire integralmente lo stadio esistente era già stata indagata nella fase istruttoria della Proposta, allorquando (istanza prot. 514876 del 13 novembre 2019 inoltrata a cura della Direzione Demanio e Patrimonio del Comune) venne avviata la Verifica di Interesse Culturale (VIC) sul vecchio impianto, ai sensi dell’art. 10 del D.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 (c.d. Codice dei Beni Culturali): detta Verifica si era conclusa con la nota in data 13 maggio 2020 Prot. CL. 34.07.01/874.42/2019.della Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale della Lombardia, con cui era stato comunicato che l’immobile denominato “Stadio Giuseppe Meazza (San Siro)” <non presenta interesse culturale ai sensi degli articoli 10, 12 e 13 del Codice e come tale è escluso dalle disposizioni di tutela di cui alla Parte Seconda del Codice per il seguente motivo: trattasi, allo stato attuale, di manufatto architettonico in cui le persistenze dello stadio originario del 1925-’26 e dell’ampliamento del 1937-’39 risultano del tutto residuali rispetto ai successivi interventi di adeguamento e ampliamento, realizzati nella seconda metà del Novecento e pertanto non sottoposti alle disposizioni di cui agli articoli 10, comma 1, e 12, comma 1, del Codice perché non risalenti ad oltre settanta anni. Difatti, le stratificazioni, gli adeguamenti e ampliamenti fanno dello stadio – come oggi percepibile nel suo insieme – un’opera connotata dagli interventi del 1953-’55, oltre a quelli del 1989-’90, nonché dalle opere successive al Duemila, ovvero un’architettura soggetta a una continua trasformazione in base alle esigenze legate alla pubblica fruizione e sicurezza e ai diversi adeguamenti normativi propri della destinazione ad arena calcistica e di pubblico spettacolo”.
Il parere della Soprintendenza avrebbe dovuto far scattare numerosissimi campanelli d’allarme, eppure sembra che invece nessuno se ne sia preoccupato più di tanto. Ma di cosa stiamo parlando? La Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale della Lombardia era stata interpellata per verificare la sussistenza di un vincolo ai sensi dell’art. 10 del D.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 (c.d. Codice dei Beni Culturali).
Ai sensi dell’art. 10, comma 3, lettera D, della predetta normativa, sono beni culturali “per riferimento” o “testimonianza identitaria” «le cose immobili e mobili, a chiunque appartenenti, che rivestono un interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte, della scienza, della tecnica, dell’industria e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell’identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose».
In altri termini si tratta di beni che non possiedono una importanza artistica intrinseca ma, grazie al collegamento con il contesto in cui sono vissuti, possiedono una importanza storica essendo, altresì, testimoni di particolari eventi che hanno lasciato una impronta indelebile nella memoria delle persone. Chiaramente San Siro sarebbe potuto rientrare in questa definizione. Tuttavia la Commissione regionale ha escluso il vincolo ex art. 10, 12, 13 del D.lgs. 22/01/2004 n. 42, motivando la decisione sulla base del fatto che La Scala del Calcio è il risultato di una stratificazione di interventi. I primi di questi, risalenti al 1925 e 1936, oggi presentano caratteri del tutto residuali che quindi non comportano problemi vincolistici perché praticamente oggi non sono percettibili ad occhio e, quindi, anche se hanno più di 70 anni non è possibile apporre alcun vincolo su di essi. Invece, sempre secondo la Commissione, gli interventi più recenti, ossia quelli del 1955 (anno in cui fu creato il secondo anello), quelli del 1990 (anno in cui fu creato il terzo anello e le iconiche travi rosse) e quelli degli anni 2000, hanno impresso nell’impianto quei connotati che lo rendono riconoscibile così come lo vediamo oggi.
A questo punto i club si sarebbero dovuti porre questa domanda: “fermi tutti. Se per la Commissione l’intervento del 1955 ha reso iconico San Siro, nel 2025 potrebbe scattare il vincolo ex art. 12 del D.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42. Conviene proseguire l’iter con questa Spada di Damocle sulla testa, dato che lo stadio verrà abbattuto dopo il 2025?”. Evidentemente nessuno si è posto questa domanda, oppure, se il problema è stato sollevato, non è noto sapere quale sia stata la soluzione o il consiglio legale che sarebbe stato fornito ai due club.
La normativa però era chiara fin dal 2020 ed è rimasta immutata. Ai sensi dell’articolo 12, comma 1 – come modificato dalla l. 124/2017 – per i beni indicati dall’articolo 10, comma 1, che siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risale ad oltre 70 anni, vige una presunzione di interesse culturale e sono sottoposti alle disposizioni di tutela fino a quando non sia stata effettuata la relativa verifica. Ciò vuol dire che nell’estate 2025 (i lavori del secondo anello furono completati nell’estate 1955) l’impianto sarà da considerare automaticamente vincolato di diritto. A quel punto il Ministero dovrà verificare se concretamente il vincolo previsto dalla normativa sussiste oppure no, quindi confermare o meno l’automatismo di diritto, ma nel caso di San Siro è altamente probabile che questa verifica avrà esito positivo.
Come afferma anche il Consiglio di Stato: “in definitiva, risulta chiaro che la verifica dell’articolo 12 del Codice prevede una presunzione legale relativa di culturalità e una sottoposizione al regime integrale di bene culturale fino a che il procedimento di verifica non si sia espressamente concluso con un provvedimento amministrativo negativo di quell’interesse ovvero con un provvedimento positivo che conferma e consolida il regime medesimo, spiegando gli effetti di un’ordinaria dichiarazione di bene culturale ai fini della successiva trascrizione del vincolo (articolo 12, comma 7).”
Di tutto ciò i club ne sono sempre stati consapevoli, tant’è che, come risulta dall’ultima delibera comunale del 19 gennaio 2023, “La Proposta di Studio di Fattibilità aggiornata al 5 settembre 2022 prevede che la demolizione del manufatto verrebbe effettuata allo scadere dei settant’anni di realizzazione dagli interventi del 1953-1955, comportando quindi, – anche alla luce di quanto espresso dalla Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale della Lombardia come sopra riportato – un ulteriore interpello tempestivo al Ministero della Cultura circa la possibilità che lo Stadio “G. Meazza”, in un futuro anche immediato, venga ricondotto alla categoria dei beni pubblici vincolati“.
Cioè i club sapevano che nel 2025 avrebbero dovuto ricevere un fondamentale “semaforo verde” per poter proseguire con l’iter (che altrimenti senza abbattimento si sarebbe arenato) ma di tutto ciò l’opinione pubblica non ne ha mai saputo nulla.
Alla luce di questi fatti, la domanda che molti tifosi si potrebbero porre è questa: “ma per quale motivo i club si sono ficcati in questo ginepraio di complicazioni? Vogliono costruire sul serio lo stadio? Se la sarebbero mai sentita di pagare circa 40 milioni di progetto definitivo, da farsi approvare in via esecutiva magari anche entro l’estate 2025, se il visto di esecutività del Comune sarebbe comunque stato condizionato al successivo parere del Ministero che avrebbe potuto bloccare tutto?”.
A queste domande nessuno riuscirà mai a dare una risposta valida. Ciascuno può trarre le conclusioni che preferisce ma la realtà dei fatti è quella indicata. Al 99% lo stadio di San Siro non verrà abbattuto e questo è risaputo almeno dal 2020. Qualsiasi progetto che preveda la demolizione della Scala del Calcio non potrà prescindere dal parere del Ministero che nel 2025 si esprimerà in via definitiva sul vincolo che scatterà automaticamente e sull’abbattimento dello stadio, ivi inclusi i suoi elementi iconici come il secondo anello.
Ergo, fino al 2025 il progetto “Nuovo Stadio” non può avere alcun tipo di certezza perché l’autorità ministeriale, nuovamente interpellata sul punto, di recente si è rimessa al precedente parere del 2020 affermando che per ora non vi è alcun vincolo ma lasciando intendere che non può in alcun modo esprimersi prima del 2025 e che quindi ogni discorso sul vincolo riguardante le opere del 1955, potrà scattare solo tra due anni.
Per tutti questi motivi non è un caso che Cardinale, appena insediatosi e reso edotto della situazione, abbia iniziato a valutare zone alternative. Gerry vuole costruire sul serio uno stadio di proprietà e non credo voglia perdere altro tempo, almeno da quello che riferiscono i giornali e da ultimo anche Fontana, presidente della Regione Lombardia. Appare altamente improbabile che RedBird voglia attendere placidamente altri due anni senza far nulla, quindi continuare l’iter su San Siro che prevede l’improbabile demolizione della Scala del Calcio.
Qualcuno obietta che Cardinale voglia costruire in fretta lo stadio solo per guadagnare e speculare sulla successiva rivendita del club. Ciascuno è libero di pensarla come meglio crede, ma a parere dello scrivente l’eventuale scelta di abbandonare San Siro (ed eventualmente la città di Milano) sarà ben ponderata e non frutto di una decisione frettolosa o puramente speculativa. Restare in città avrebbe degli indubbi vantaggi, ma la città deve offrire zone adeguate e che soddisfino la proprietà che impiegherà risorse proprie. Ma non solo: la politica locale, se vuole fare in modo di non perdere il Milan, deve offrire tempistiche certe e non spaccarsi in due come già avvenuto su San Siro o addirittura mettersi di traverso come già fatto su La Maura. Altrimenti il club non potrà far altro che salutare Milano ed avviare un iter che porti realmente alla costruzione dello stadio di proprietà che dovrà essere iconico, all’avanguardia e generare profitti maggiori di quelli odierni. Cosa impossibile fuori Milano? Credo che RedBird e ICON la pensino diversamente. D’altronde stiamo parlando di due player con una vastissima esperienza in tema di business sportivo e costruzione di impianti di proprietà.
Se permettete, mi fido di loro.
Avv. Felice Raimondo
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