Nella decisione CAS 2019/A/6298, il Collegio di Losanna respingeva la richiesta del M.City di annullare il rinvio del suo caso (da parte della Camera Investigativa) dinanzi alla Camera Giudicante. Il principio giuridico è noto, ed è stato anticipato a suo tempo anche dallo scrivente, ossia “…un ricorso contro la decisione di una federazione, associazione o ente sportivo può essere presentato al CAS (…) solo se il ricorrente ha esaurito i rimedi legali a sua disposizione prima dell’appello, in conformità con gli statuti o i regolamenti di tale organo” (Articolo R47 delle norme CAS). Nel caso di specie, la decisione resa dalla Camera Investigativa del CFCB di deferire il caso alla Camera Giudicante del CFCB, non è un atto definitivo e non può quindi essere impugnato direttamente al CAS, poiché la Camera Giudicante è competente a prendere una qualsiasi delle decisioni elencate nell’Articolo 27 del CFCB, che sono descritte come definitive”.
Tuttavia, analizzando nel dettaglio le 35 pagine del lodo arbitrale, è possibile comprendere alcune sfumature che riguardano anche il caso del Milan e che confermano l’assoluta segretezza dell’accordo stipulato con la UEFA nelle stanze dello Château de Béthusy. Fate particolare attenzione ai passaggi evidenziati in grassetto.
Chi vuole può scaricare la sentenza CAS 2019/A/6298 City vs UEFA a questo Link. In basso all’articolo le mie considerazioni conclusive.
Buona lettura.
UEFA vs City – CAS 2019/A/6298.
(…omissis..)
B. Il quadro giuridico applicabile
Il punto di partenza per determinare se una decisione è applicabile o meno è la normativa interna applicabile.
Non è contestato che i vari regolamenti della UEFA siano applicabili principalmente alla controversia, in particolare il CL & FFPR della UEFA e le Regole procedurali del CFCB.
Per quanto riguarda le edizioni pertinenti del CL & FFPR UEFA e delle Regole procedurali CFCB, il Collegio ritiene che, come hanno rappresentato le Parti, si applicano l’edizione 2015 del CL & FFPR UEFA e l’edizione 2015 delle Regole procedurali CFCB.
L’articolo 34 del Regolamento CFCB prevede quanto segue:
“1. Una parte direttamente interessata ha il diritto di presentare ricorso contro una decisione finale del CFCB.
2. Le decisioni definitive del CFCB possono essere impugnate dinanzi al Tribunale arbitrale per lo sport (CAS) conformemente alle pertinenti disposizioni dello Statuto UEFA. “
Dalla lettura dell’articolo 34 delle norme procedurali della CFCB, il Collegio ritiene che non tutte le decisioni emesse dalla CFCB UEFA devono essere impugnate presso il CAS. Piuttosto, solo le “decisioni finali” che riguardano direttamente una parte possono essere impugnate al CAS. Ciò non significa che non esiste un rimedio legale contro tutte le altre decisioni. Significa semplicemente che il rimedio legale contro tali altre decisioni è disponibile solo nel contesto di un ricorso contro la “decisione finale”.
Si noti che l’articolo 34 delle Regole procedurali del CFCB si riferisce al CFCB e non specificamente alla Camera giudicante, il che suggerisce che anche la Camera investigativa può ipoteticamente prendere decisioni finali che possono essere impugnate direttamente al CAS.
Ciò è corroborato dall’articolo 34, paragrafo 3, dell’edizione 2019 di recente attuazione delle Regole procedurali del CFCB, che fa riferimento rispettivamente alla “decisione finale della camera investigativa o giudiziarie del CFCB”.
Nel procedimento in esame, MCFC fa appello a due decisioni dell’IC: la decisione di rinvio e la decisione filtrata sui media. Il Collegio valuterà se una o entrambe queste decisioni possono essere impugnate direttamente presso il CAS, vale a dire senza prima dover passare attraverso il procedimento dinanzi alla Camera Giudicante UEFA.
C. La decisione di rinvio
Il Collegio osserva che le regole procedurali del CFCB in generale disciplinano i procedimenti dinanzi al CFCB della UEFA, che è un organo composto da due camere. Le regole procedurali del CFCB hanno capitoli separati che disciplinano il funzionamento della Camera investigativa e della Camera giudicante.
L’articolo 14, paragrafo 1, delle regole procedurali della CFCB (intitolato “Fine dell’indagine” – incorporato nel capitolo che disciplina il funzionamento della Camera di indagine) prevede quanto segue:
“1. Al termine dell’indagine, il capo investigatore del CFCB, dopo aver consultato gli altri membri della camera investigativa, può decidere di:
a) archiviare il caso; o
b) concludere, con il consenso del convenuto, un accordo transattivo; o
c) applicare, con il consenso del convenuto, misure disciplinari limitate a un avvertimento, un rimprovero o un’ammenda fino a un importo massimo di € 100.000; o
d) rinviare la causa alla camera dei giudici.”
L’articolo 27 delle Regole procedurali del CFCB (intitolato “Decisione finale” – incorporato nel capitolo che regola il funzionamento della Camera giudicante) prevede quanto segue:
“La camera giudicante può prendere le seguenti decisioni finali:
a) archiviare il caso; o
b) accettare o rifiutare l’ammissione del club alla competizione UEFA in questione; o
c) imporre misure disciplinari conformemente alle presenti regole; o
d) confermare, respingere o modificare una decisione del capo investigatore del CFCB.“
Il Collegio rileva che, come sottolineato dall’intestazione della disposizione, non vi è dubbio che i tipi di decisioni elencati nell’articolo 27 delle norme procedurali del CFCB siano “decisioni finali” ai sensi del significato di cui sopra e che possono essere impugnate in CAS. Ciò ha perfettamente senso, dal momento che nessun organo all’interno dell’amministrazione UEFA può rivedere questo tipo di decisioni, il che legittima un ricorso esterno al CAS, poiché tutti i rimedi legali interni sono esauriti.
Come corollario, una decisione presa dalla Camera investigativa di rinviare un caso alla Camera giudicante non è definitiva e, pertanto, in linea di principio non può essere impugnata direttamente al CAS, poiché la Camera giudicante è competente a prendere una delle decisioni elencate all’articolo 27 Regole procedurali CFCB, che sono descritte come definitive. Da quanto precede discende che una decisione di rinvio emessa dalla Camera investigativa, in linea di principio, non si qualifica come una decisione finale che può essere impugnata al CAS e che solo una volta che la Camera giudicante emette una delle decisioni elencate nell’Articolo 27 del CFCB, può ritenersi presa una decisione definitiva che può essere impugnata dal CAS.
Il suddetto principio non esclude che vi siano eccezioni alle regole, vale a dire che anche la Camera investigativa può emettere “decisioni definitive” che non possono essere riviste dalla Camera giudicante e, pertanto, possono essere impugnate direttamente in CAS.
Il momento in cui applicare queste eccezioni dipende dalla natura della decisione, che deve essere esaminata caso per caso. In effetti, secondo la dottrina legale: “A meno che i regolamenti applicabili non stabiliscano espressamente che la decisione in corso è definitiva, si deve verificare se prevedono un ulteriore ricorso interno contro tale decisione” (RIGOZZI / HASLER, articolo R47 codice CAS, in: Arroyo (Ed.), Arbitrato in Svizzera, Vol. II, 2018, p. 1581).
Si potrebbe sostenere che le Regole procedurali del CFCB avrebbero potuto essere elaborate più chiaramente nel delineare le decisioni finali che potrebbero essere impugnate direttamente al CAS e quelle che non sono definitive e quindi non potrebbero essere impugnate direttamente al CAS. Allo stesso tempo, tuttavia, il Collegio riconosce che non è insolito che i legislatori non classifichino ex ante i tipi di decisioni che devono essere considerate definitive, poiché possono esserci una miriade di complessità che incidono sulla definitività delle stesse.
In effetti, ad esempio, il PILA distingue tra le decisioni finali e le decisioni preliminari di cui all’articolo 190, senza categorizzare o determinare in modo specifico quali criteri debbano essere applicati per distinguere tra le due, ovvero se una decisione è una definitiva o preliminare è valutazione lasciata alla discrezione del giudice.
L’aspetto fondamentale relativo alla decisione di rinvio è che una decisione della Camera investigativa di rinviare un caso alla Camera giudicante non pone fine alla questione controversa in tutto o in parte. Invece la questione controversa dinanzi alla Camera giudicante rimane identica a quella dinanzi alla Camera investigativa che è stata deferita dalla stessa. Pertanto, la Camera giudicante può ancora decidere di archiviare l’intero caso contro MCFC, nel qual caso MCFC sarebbe non colpevole. Pertanto, fino a quando la Camera giudicante non emetterà la sua decisione finale, i ricorsi legali dell’MCFC non saranno esauriti e un ricorso al CAS è, in linea di principio, prematuro.
Inoltre, la distinzione tra la Camera investigativa e la Camera Giudicante non è significativamente diversa da una distinzione tra un organo di primo grado e un organo di appello. In confronto, se questo fosse un tipico caso disciplinare in seno alla UEFA, l’organo di appello della UEFA sarebbe competente a trattare i ricorsi presentati contro le decisioni del CEDB UEFA, prima che potesse essere ammesso un ricorso al CAS. Di conseguenza, il Collegio rileva che l’MCFC non è significativamente pregiudicato dalla decisione di rinvio, e di certo non lo sarebbe più di una parte condannata in una prima istanza interna.
Il Collegio rileva pertanto che, in linea generale, un club non può in linea di principio presentare ricorso contro una decisione di rinvio della Camera di indagine (articolo 14, paragrafo 1, lettera d), regole procedurali del CFCB, direttamente al CAS.
Contro il suddetto quadro giuridico, il Collegio rivolge ora la sua attenzione agli argomenti specifici invocati dall’MCFC sul motivo per cui, invece, dovrebbe essere consentito presentare un ricorso contro la decisione di rinvio in questo caso specifico.
E. I casi dell’AC Milan.
L’MCFC si affida al CAS 2018/A/5808 AC Milan v. UEFA (la decisione che annullò l’esclusione dalle coppe, ndr) e CAS 2019/A/6083 e 6261 AC Milan v. UEFA (i procedimenti riuniti che diedero vita al Consent Award, ndr), definiti i “Casi AC Milan”, per sostenere che, poiché la UEFA riteneva in quei casi che l’AC Milan poteva o avrebbe dovuto presentare ricorso contro le decisioni di rinvio emesse dalla Camera di indagine, MCFC dovrebbe essere autorizzato a farlo anche in merito alla questione in esame.
Ciò nonostante, diversamente dall’AC Milan, MCFC non ha mai richiesto alla Camera investigativa di concludere un accordo transattivo. Pertanto, la decisione di rinvio non contiene un rifiuto di concludere un accordo transattivo, mentre le decisioni di rinvio emesse dalla Camera di indagine nei casi riguardanti l’AC Milan contenevano tale rifiuto. Questa distinzione è considerata cruciale dalla UEFA.
Infatti, nel CAS 2018/A/5808 AC Milan v. UEFA, la UEFA ha dichiarato che il rifiuto di concludere un accordo di transazione nell’ambito della decisione di rinvio della Camera di indagine era definitivo e che l’AC Milan avrebbe dovuto contestarlo direttamente al CAS, vale a dire che avrebbe potuto non contestare più questa decisione nel contesto di un ricorso contro la decisione finale della Camera giudicante.
Il Collegio del CAS 2018/A/5808 AC Milan contro UEFA, tuttavia, non era d’accordo con la posizione della UEFA e ha stabilito che il rifiuto di concludere un accordo transattivo non pregiudicava l’AC Milan, perché una decisione della Camera giudicante potrebbe – in linea di principio – avere lo stesso contenuto di un accordo transattivo. Per questo motivo il Collegio in CAS 2018/A/5808 AC Milan/UEFA ha riscontrato che la decisione della Camera di indagine di non concludere un accordo transattivo e di rinviare il caso alla Camera giudicante non era invece appellabile al CAS.
Un problema simile apparentemente è emerso anche in CAS 2019/A/6083 e 6261 AC Milan v. UEFA, in cui è stato rilasciato un Consent Award. Sebbene le informazioni sul contesto fattuale esposte in questo Consent Award siano in qualche modo limitate, ne risulta che la UEFA ha sostenuto che l’AC Milan avrebbe potuto contestare il rifiuto della Camera investigativa di concludere un accordo transattivo nel contesto della decisione di rinvio, quindi direttamente a CAS.
Sebbene il Collegio non sia a conoscenza dei dettagli di questi procedimenti, considerando che la UEFA aveva precedentemente sostenuto nel CAS 2018/A/ 5808 che un rifiuto della Camera investigativa di concludere un accordo transattivo doveva essere appellato direttamente al CAS, l’arbitro unico nel CAS 2019/A/6083 e 6261 potrebbe aver ritenuto che l’AC Milan potesse fare affidamento in buona fede sul succitato argomento legale della UEFA in CAS 2018/A/5808, e quindi fare appello direttamente al CAS circa il rifiuto del capo investigatore di concludere un accordo transattivo.
Non è noto se ciò sia del tutto esatto, ma il Collegio rileva che non è possibile dedurre dai casi del Milan che la UEFA fosse del parere che in generale tutte le decisioni di rinvio emesse dalla Camera investigativa (al contrario della situazione specifica di una decisione di rinvio contenente un rifiuto di concludere un accordo transattivo) potessero essere impugnate direttamente a CAS.
Infine, potrebbe darsi che la UEFA abbia inizialmente contestato la ricevibilità dell’appello del Milan contro la decisione di rinvio emessa dalla Camera di indagine in CAS 2019/A/6261 (il deferimento successivo alla seconda sanzione, ndr), ma che alla fine abbia rinunciato a tale obiezione al fine di consentire al CAS di ratificare l’accordo di transazione raggiunto. Semplicemente ci sono pochissime informazioni disponibili per offrire valore prioritario al Consent Award in CAS 2019/A/6083 e 6261 AC Milan v. UEFA.
Comunque sia, il Collegio rileva che il comportamento della UEFA nel caso CAS 2019/A/6261 non può modificare il contenuto delle regole sopra analizzate. Tuttavia, il Collegio rileva che a causa del fatto che la UEFA nel CAS 2019/A/6261 – PER MOTIVI SCONOSCIUTI – non abbia seguito la precedente giurisprudenza CAS (che censurava la possibilità di impugnare i deferimenti della Camera Investigativa), ha creato incertezza giuridica per i club sottoposti a procedimenti dinanzi al CFCB, in relazione ai quali qualsiasi club assistito da un avvocato prudente, ben potrebbe oggi consigliare vivamente di contestare le decisioni di rinvio direttamente dinanzi CAS, al fine di escludere la possibilità che la UEFA sostenga in seguito che avrebbe dovuto fare appello a uno o alcuni aspetti di una decisione di rinvio. Mentre questa incertezza giuridica creata da una politica interna piuttosto non trasparente della UEFA non ha incidenza sull’interpretazione delle norme applicabili, incide sul fatto che MCFC abbia presentato o meno il ricorso in buona fede, che è un aspetto importante da prendere in considerazione quando si tratta di ripartire le spese in questo procedimento.
F. Eccezioni alla regola generale secondo cui i ricorsi legali interni devono essere esauriti prima di presentare un ricorso presso CAS
La dottrina legale riconosce le eccezioni alla regola generale secondo cui i ricorsi legali interni devono essere esauriti prima che un ricorso possa essere presentato al CAS: “Secondo i principi fondamentali della legge, i rimedi interni devono essere esauriti solo se, in tali circostanze, può ragionevolmente essere richiesto al ricorrente. […] Il requisito secondo cui i rimedi interni devono essere esauriti non si applica nei casi in cui, ad esempio, l’organismo uditivo interno ritardi deliberatamente il procedimento o si rifiuti di trattare il caso o abbia formulato osservazioni sulla questione che chiariscono che non sarà in grado di agire con la necessaria imparzialità. Inoltre, si sostiene che, conformemente ai principi fondamentali del diritto internazionale, l’esaurimento dei rimedi interni può ragionevolmente essere richiesto solo se tali rimedi sono adeguati ed efficaci, vale a dire se sono in grado di rimediare alla presunta violazione del diritto in gioco. […]”
(RIGOZZI / HASLER, Articolo R47 Codice CAS, in: Arroyo (a cura di), Arbitrato in Svizzera, Vol. II, 2018, p. 1582)
“[…] [L] l’adempimento [dell’] esaurimento dei rimedi legali può essere revocato se i rimedi non esistono o sono illusori. In particolare per le controversie sportive, l’obbligo di esaurire le vie di ricorso interne non si applica in determinate circostanze in cui non potrebbe essere ragionevolmente richiesto. Questo potrebbe essere il caso in cui il rimedio interno ritarda eccessivamente la procedura o si rifiuta di ascoltare il caso o non può sentirlo con l’imparzialità necessaria. Pertanto, solo se le istanze interne dell’associazione sono disciplinate e in grado di garantire un’efficace protezione giuridica, il ricorrente ha il diritto di imporre l’esaurimento dei rimedi interni prima del ricorso al CAS. Il ricorrente dovrebbe dimostrare di aver esaurito i rimedi legali, la loro inesistenza o il loro carattere illusorio. (MAVROMATI / REEB, The Code of Court of Arbitration for Sport, 2015, p. 391)
Il Collegio concorda sul fatto che ci possono essere eccezioni alla regola generale secondo cui i mezzi di ricorso interni devono essere esauriti. Un’eccezione sarebbe giustificata nel caso in cui si verifichino danni irreparabili prima dell’emissione della decisione finale e nel caso in cui il procedimento sia del tutto insopportabile o se l’esito risulterebbe fin dall’inizio. In tali casi l’efficienza procedurale imporrebbe che un ricorso possa essere presentato direttamente al CAS.
Il Collegio, tuttavia, non ritiene che i procedimenti nella presente controversia avviati dinanzi alla Camera Giudicante siano illusori, inadeguati o inefficaci per MCFC.
I rigidi requisiti richiesti per un appello diretto al CAS, stabiliti nella suddetta letteratura, non sono qui soddisfatti.
Sebbene il Collegio non escluda la possibilità che uno o più diritti dell’MCFC nei procedimenti dinanzi alla Camera di indagine possano non essere stati pienamente rispettati, il Collegio ha fiducia nel fatto che, qualora tali violazioni procedurali fossero ritenute sussistenti, la Camera giudicante rettificherà tali torti e / o prenderà in considerazione tali presunte violazioni nella sua decisione e, in caso contrario, MCFC ha la possibilità di presentare ricorso presso il CAS contro la decisione finale della Camera giudicante.
Il Collegio non ritiene appropriato avviare un’analisi dettagliata delle presunte carenze nei procedimenti della Camera Investigativa, in modo da non pregiudicare le questioni che sono attualmente pendenti dinanzi al Giudice appropriato, vale a dire la Camera Giudicante, e che potrebbero successivamente essere introdotte un procedimento ammissibile dinanzi al CAS.
Inoltre, il presente Lodo è limitato alla sola questione della ricevibilità e, pertanto, non può trasgredire i meriti dell’appello della MCFC, vale a dire se i suoi diritti sono stati o meno violati dalla Camera investigativa.
Il Collegio ritiene sia sufficiente concludere che, prima facie, eventuali violazioni procedurali nei procedimenti dinanzi alla Camera investigativa non erano di natura tale che l’MCFC possa ritenere di aver legittimamente perso la fiducia in procedimenti equi e in una decisione equa da parte della Camera giudicante, autorizzandolo a presentare un ricorso contro la decisione di rinvio direttamente a CAS.
Tuttavia, questa constatazione del Collegio implica anche che la Camera Giudicante affronterà e valuterà seriamente i reclami procedurali dell’MCFC, come promesso dalla UEFA nelle sue osservazioni in questi procedimenti CAS. In ogni caso, tali presunte carenze procedurali saranno esaminabili nel contesto di un ricorso ammissibile presso il CAS contro una decisione della Camera giudicante.
G. Le presunte fughe di notizie e il loro potenziale impatto sull’imparzialità dei membri della Camera di indagine
La presunta perdita di informazioni da parte dei membri della Camera investigativa o dell’amministrazione UEFA sui procedimenti contro l’MCFC è preoccupante. Ancora una volta, il Collegio è consapevole di non trasgredire l’autorità della Camera giudicante per affrontare in dettaglio i reclami procedurali della MCFC. Tuttavia, si deve notare che i reclami dell’MCFC in merito alle fughe di notizie non sembrano, a prima vista, totalmente privi di merito, in particolare per quanto riguarda la prima e la seconda fuga di notizie, […] e la quinta, che si riferiscono a un “Addetto ai lavori” alla UEFA come fonte.
Al Collegio sconcerta il modo in cui il capo investigatore del CFCB potrebbe essere così fiducioso di “respingere con veemenza le accuse [MCFC] di attività illecite, da parte mia o di uno dei membri del CFCB UEFA, in particolare della sua camera di investigazione (IC)”, e dichiarare che le accuse dell’MCFC in merito alle perdite erano “infondate nel merito” e di “assicurare [MCFC] che in nessun momento, io o nessuno dei miei colleghi membri dell’IC abbiamo violato i diritti del vostro club”
Tuttavia, come già indicato sopra, il Collegio rileva che la regola generale secondo cui i ricorsi giuridici interni devono essere esauriti prima di un ricorso presso il CAS, può essere deviata solo nel caso in cui vi sia un danno irreparabile che giustificherebbe un’eccezione alla regola generale. Il Collegio non ritiene che ciò si sia verificato. Prima di tutto, non ci sono prove in questa fase di analisi prima facie su dove si sia verificata la fuga di notizie. In particolare, non è stato stabilito davanti a questo Collegio se un membro della Camera investigativa o qualcuno dell’amministrazione UEFA abbia trafugato le informazioni. Anche se un membro della Camera investigativa avesse violato il proprio dovere di riservatezza (cfr. L’articolo 10 del Regolamento CFCB), il Collegio ritiene che ciò non avrebbe un impatto immediato sull’imparzialità di tale individuo, che è il presupposto per la revoca di un membro del CFCB (cfr. l’articolo 9 del Regolamento CFCB). Inoltre, una violazione del dovere di indipendenza e / o imparzialità non richiede necessariamente che tale violazione sia sanata con un ricorso diretto al CAS. Invece, il rimedio appropriato per tali circostanze sarebbe la rimozione di questo individuo dalla Camera investigativa.
Allo stesso modo, il Collegio rileva che l’argomentazione dell’MCFC secondo cui i membri della Camera investigativa non potevano più decidere in modo imparziale dopo la prima e la seconda fuga di notizie, poiché sarebbero stati costretti a prendere la decisione prevista dai media, deve essere respinta in quanto ciò non risulta provato, né un tale collegamento può essere dimostrato sulle prove disponibili in questa fase di analisi prima facie.
Il ragionamento di MCFC nel presentare questo particolare argomento presuppone che la Camera investigativa non avesse ancora preso una decisione in merito alla sostanza del deferimento al momento della prima e della seconda fuga di notizie, il che contraddirebbe l’altro argomento del MCFC secondo cui le informazioni relative alla sostanza di tale decisione
fossero trapelate (infatti il contenuto della decisione di rinvio non poteva essere trapelato dato che non era stata ancora presa alcuna decisione). Quindi se questo è ciò che è accaduto, la fuga di notizie non era una vera fuga, ma piuttosto una speculazione su ciò che la Camera investigativa avrebbe deciso. Tale speculazione non ha alcun impatto sull’imparzialità della Camera Investigativa o della Camera Giudicante, in quanto la speculazione sull’esito di procedimenti giudiziari in generale è all’ordine del giorno.
Nella misura in cui le informazioni sul contenuto della decisione di rinvio (deferimento) sono state effettivamente divulgate ai media, ciò significherebbe che la Camera Investigativa aveva già preso la sua decisione, ma che tale decisione non era in forma definitiva per l’emissione o comunicata ancora al MCFC. Indipendentemente da quanto deplorevoli possano essere tali perdite, ciò non influirebbe l’imparzialità dei membri della Camera investigativa perché necessariamente si sarebbero verificati dopo che i membri della Camera investigativa avevano già preso una decisione.
Il Collegio ritiene pertanto che il ricorso di MCFC contro la decisione di rinvio è irricevibile poiché MCFC non ha esaurito i rimedi giuridici interni a sua disposizione prima di ricorrere al CAS e perché non ha dimostrato che un’eccezione a questa norma generale sarebbe giustificata nella questione in esame.
J. Reclami per danni
Come detto sopra, una richiesta di risarcimento danni e una richiesta di ordinare alla UEFA di “intraprende un’indagine completa sulle fonti delle fughe di notizie al fine di identificare e adottare misure disciplinari contro le fonti identificate e adottare misure correttive complete e appropriate per assicurare che la stretta riservatezza di entrambi i processi che possono verificarsi prima di questo arbitrato dinanzi alla Camera Giudicante”, non può essere perseguita esclusivamente, cioè senza ricorso contro una decisione, in un procedimento arbitrale di appello (come quello in esame, ndr). L’autorità arbitrale corretta per perseguire tale pretesa – in assenza di una pluralità di rivendicazioni incluso un ricorso contro una decisione – è il procedimento arbitrale ordinario. Pertanto, alla luce di quanto precede, anche la domanda di risarcimento deve essere respinta in quanto irricevibile.
Considerazioni conclusive sul procedimento CAS 2019/A/6298
Alla luce di quanto sancito dal CAS, è possibile trarre queste conclusioni:
- Le decisioni della Camera Investigativa in linea generale non sono appellabili direttamente dinanzi al CAS, giacché non definitive (come quelle della Camera Giudicante).
- Esistono delle eccezioni a questa regola generale, ma sono molto rigorose e vanno debitamente provate.
- La UEFA in realtà la pensava diversamente nel ricorso vs Milan CAS 2018/A/5808, avendo ammesso chiaramente che il rifiuto del Capo Investigatore di concludere un accordo transattivo poteva essere appellato al CAS.
- Tuttavia nello stesso procedimento CAS 2018/A/5808, il Collegio di Losanna ha smentito la UEFA, affermando che la decisione di non concludere un accordo transattivo non può essere oggetto di appello diretto al CAS, giacché la successiva decisione della Camera Giudicante potrebbe essere, nei fatti, identica ad un Settlement Agreement. Inoltre il caso del Milan (che aveva esplicitamente richiesto un SA, ricevendo un rifiuto dal Capo Investigatore) non era identico a quello del City (che non ha mai richiesto un SA al Capo Investigatore).
- Per motivi ignoti allo stesso Collegio di Losanna, non è possibile sapere perché negli ultimi ricorsi riguardanti il Milan – CAS 2019/A/6083 e 6261 – la UEFA non abbia aderito alla precedente giurisprudenza sempre vs Milan – CAS 2018/A/5808 – che negava la possibilità di un ricorso diretto al CAS a fronte del semplice deferimento della Camera Investigativa. Per stessa ammissione del Collegio di Losanna, che nella vertenza vs il City si è chiaramente riunito in una composizione diversa, i dettagli riguardanti l’accordo tra UEFA e Milan risultano secretati dal Consent Award emesso dall’arbitro unico, quindi non è possibile conoscere i principi giuridici in base ai quali la UEFA si è accordata col Milan.
- Tutto ciò crea incertezza giuridica e legittima molti club a ricorrere direttamente contro le decisioni del Capo Investigatore, sebbene ciò sia possibile solo in alcuni casi limitati che, fino ad oggi, nessuno è riuscito a dimostrare dinanzi al CAS (incluso il City).
- La fuga di notizie relativa all’indagine condotta dalla Camera Investigativa, benché deplorevole, non può essere di per sé sufficiente a provare la parzialità dei Giudici UEFA. Inoltre la richiesta di risarcimento danni non va fatta nel ricorso vs un atto dell’associazione (come in questo caso) ma mediante un classico procedimento di arbitrato.
Avv. Felice Raimondo
Disclaimer: si autorizza la diffusione dell’articolo unicamente previa citazione dell’autore e collegamento (link) ipertestuale che rimandi alla fonte. Per chi fosse interessato ad argomenti simili, nel blog sono presenti altri approfondimenti acquistabili singolarmente o con abbonamento.