Athanasios Rantos, avvocato generale presso la Corte di Giustizia UE, si è finalmente espresso sul caso C-333/2021, ossia la vertenza che vede fronteggiarsi la Superleague contro la UEFA. Oggetto del contendere: la libera organizzazione dei tornei sportivi e il presunto monopolio della confederazione calcistica. Sempre in data odierna l’avvocato generale si è espresso anche sulla vertenza di appello del caso International Skating Union / Commissione UE (C-124/21 P), che ha per oggetto questioni analoghe.
Lo scrivente si è già lungamente espresso sull’argomento in un libro pubblicato nel 2021 (Super Lega contro Super Federazioni) e, di recente, in un altro articolo (L’interpretazione dell’art. 102 TFUE: il parere dell’avvocato generale che deciderà sul caso Superlega). Quindi chi vuole approfondire l’argomento può consultare le due fonti sopra indicate.
Veniamo dunque al parere dell’avvocato generale che, è bene dirlo subito, passerà alla storia.
Qui di seguito l’integrale comunicato stampa:
Avvocato generale Rantos: le norme della FIFA e della UEFA che sottopongono a previa autorizzazione qualsiasi nuova competizione sono compatibili con il diritto della concorrenza dell’Unione
Sebbene l’ESLC sia libera di istituire la propria competizione calcistica indipendente al di fuori dell’ecosistema della UEFA e della FIFA, tuttavia essa non può, contemporaneamente all’istituzione di una competizione siffatta, continuare a partecipare alle competizioni calcistiche organizzate dalla FIFA e dalla UEFA senza la previa autorizzazione di tali federazioni
La Fédération internationale de football association (FIFA), ente di diritto privato svizzero, costituisce l’organo esecutivo mondiale del calcio il cui scopo consiste, in sostanza, nel promuovere il calcio e nell’organizzare le sue competizioni internazionali. L’Unione Europea delle Federazioni Calcistiche (UEFA) è anch’essa un ente di diritto privato svizzero che costituisce l’organismo direttivo del calcio a livello europeo. Conformemente ai rispettivi statuti, la FIFA e la UEFA detengono il monopolio per l’autorizzazione e l’organizzazione delle competizioni internazionali di calcio professionistico in Europa.
La European Super League Company (ESLC) è una società di diritto spagnolo composta da prestigiosi club calcistici europei, il cui progetto consiste nell’organizzare la prima competizione europea annuale di calcio chiusa (o «semi-aperta»), denominata «European Super League» (ESL), la quale esisterebbe indipendentemente dalla UEFA ma i cui club continuerebbero a partecipare alle competizioni calcistiche organizzate dalle federazioni nazionali di calcio nonché dalla UEFA e dalla FIFA.
In seguito all’annuncio dell’istituzione dell’ESL, la FIFA e la UEFA hanno pubblicato una dichiarazione con la quale hanno manifestato il loro rifiuto di riconoscere tale nuova entità. Esse hanno inoltre avvisato che qualsiasi giocatore o club partecipante alla nuova competizione sarebbe stato espulso da quelle organizzate dalla FIFA e dalle sue confederazioni.
Ritenendo che il comportamento della FIFA e della UEFA debba essere qualificato come anticoncorrenziale e incompatibile con il diritto della concorrenza dell’Unione nonché con le disposizioni del Trattato FUE relative alle libertà fondamentali, l’ESLC ha adito lo Juzgado de lo Mercantil de Madrid (Tribunale di commercio di Madrid,
Spagna). Tale giudice chiede alla Corte di pronunciarsi sulla conformità con il diritto dell’Unione e in particolare con le disposizioni relative al diritto della concorrenza (articoli 101 e 102 del Trattato FUE) nonché con le libertà fondamentali (articoli 45, 49, 56 e 63 del Trattato FUE) di talune disposizioni statutarie della FIFA e della UEFA e dei moniti o delle minacce di sanzioni da parte di tali federazioni.
Nelle conclusioni presentate in data odierna, l’avvocato generale Athanasios Rantos propone alla Corte di rispondere che:
- le norme della FIFA e della UEFA che sottopongono a previa autorizzazione qualsiasi nuova competizione sono compatibili con il diritto della concorrenza dell’Unione. Tenuto conto delle caratteristiche della competizione, gli effetti restrittivi derivanti dal sistema sono inerenti e proporzionati al fine di conseguire gli obiettivi legittimi connessi alla specificità dello sport che la UEFA e la FIFA perseguono;
- le norme dell’Unione in materia di concorrenza non vietano alla FIFA, alla UEFA, alle loro federazioni o alle loro leghe nazionali di minacciare sanzioni nei confronti dei club affiliati a dette federazioni qualora questi ultimi partecipino a un progetto per l’istituzione di una nuova competizione che rischierebbe di pregiudicare gli obiettivi legittimi perseguiti da tali federazioni di cui essi sono membri;
- le norme dell’Unione in materia di concorrenza non ostano alle restrizioni, nello statuto della FIFA, riguardanti la commercializzazione esclusiva dei diritti relativi alle competizioni organizzate dalla FIFA e dalla UEFA nei limiti in cui tali restrizioni sono inerenti e proporzionate al perseguimento degli obiettivi legittimi connessi alla specificità dello sport;
- il diritto dell’Unione non osta agli statuti della FIFA e della UEFA che prevedono che l’istituzione di una nuova competizione calcistica paneuropea tra club sia subordinata a un sistema di previa autorizzazione, nei limiti in cui siffatto requisito è appropriato e necessario a tal fine, tenuto conto delle particolarità della competizione prevista.
Sul rapporto tra lo sport e il diritto dell’Unione
L’avvocato generale presenta alcune osservazioni preliminari in merito al rapporto tra lo sport e il diritto dell’Unione. Rileva anzitutto che la consacrazione della particolarità dello sport e il suo inserimento nell’articolo 165 TFUE ad opera del Trattato di Lisbona sono stati il risultato di un’evoluzione incoraggiata e promossa dalle istituzioni dell’Unione. L’articolo 165 manifesta il riconoscimento «costituzionale» del «modello sportivo europeo», caratterizzato da una serie di elementi che si applicano a varie discipline sportive sul continente europeo, tra cui il calcio.
Tale modello si fonda, in primo luogo, su una struttura piramidale con, alla base, lo sport dilettantistico e, al vertice, lo sport professionistico. In secondo luogo, tra i suoi obiettivi principali figura quello di promuovere competizioni aperte, accessibili a tutti in virtù di un sistema trasparente nel quale la promozione e la retrocessione mantengono un equilibrio competitivo e privilegiano il merito sportivo, che costituisce a sua volta un elemento essenziale di detto modello. Quest’ultimo si basa, infine, su un regime di solidarietà finanziaria, che consente di ridistribuire e di reinvestire i ricavi generati dagli eventi e dalle attività, dal vertice ai livelli inferiori dello sport.
L’articolo 165 TFUE è stato introdotto proprio in ragione del fatto che lo sport costituisce, al contempo, un settore nel quale viene esercitata un’attività economica significativa. Detta disposizione mira ad evidenziare il particolare carattere sociale di tale attività economica, che è idoneo a giustificare una differenza di trattamento sotto alcuni aspetti. L’articolo 165 TFUE può fungere da norma nell’interpretazione e nell’applicazione delle disposizioni del diritto della concorrenza al settore sportivo. Esso costituisce quindi nel suo ambito una disposizione specifica rispetto alle disposizioni generali degli articoli 101 e 102 TFUE, che trovano applicazione a qualsiasi attività economica.
Sebbene le caratteristiche peculiari dello sport non possano essere invocate per escludere le attività sportive dall’ambito di applicazione dei Trattati UE e FUE, ivi comprese segnatamente le disposizioni relative al diritto della concorrenza, i riferimenti alle caratteristiche specifiche e alla funzione sociale ed educativa dello sport, che figurano all’articolo 165 TFUE, possono essere rilevanti ai fini, in particolare, dell’analisi, nel settore sportivo, dell’eventuale giustificazione oggettiva delle restrizioni alla concorrenza o alle libertà fondamentali.
L’avvocato generale sottolinea che il solo fatto che lo stesso ente svolga nel contempo le funzioni di regolatore e di organizzatore di competizioni sportive non implica, di per sé, una violazione del diritto della concorrenza dell’Unione. Inoltre, il principale obbligo gravante su una federazione sportiva che si trova nella situazione della UEFA è garantire che i terzi non siano indebitamente privati di un accesso al mercato al punto che la concorrenza su detto mercato ne risulti falsata.
Punti chiave del ragionamento sulle questioni pregiudiziali
Secondo l’avvocato generale, quand’anche le norme in discussione nel procedimento principale vertenti sul sistema di previa autorizzazione possano avere per effetto di limitare l’accesso dei concorrenti della UEFA al mercato dell’organizzazione delle competizioni calcistiche in Europa, tale circostanza, supponendola dimostrata, non implica manifestamente che dette norme abbiano per oggetto di restringere la concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.
Le misure disciplinari che sembrano essere state previste dalla UEFA, ivi comprese le minacce di sanzioni nei confronti dei partecipanti all’ESL, sono idonee ad incidere sulla disponibilità dei club e dei giocatori necessari per costituire tale nuova competizione e pertanto a chiudere il mercato dell’organizzazione delle competizioni calcistiche in Europa a un potenziale concorrente.
Per esulare dall’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, le restrizioni causate dalle norme in questione devono inerire al perseguimento di obiettivi legittimi ed essere proporzionate ad essi, senza andare oltre quanto necessario per raggiungerli. A tale proposito, l’avvocato generale ritiene che il mancato riconoscimento da parte della FIFA e della UEFA di una competizione sostanzialmente chiusa quale l’ESL possa essere considerato inerente al perseguimento di taluni obiettivi legittimi, in quanto mira a mantenere i principi della partecipazione basata sui risultati sportivi, delle pari opportunità e di solidarietà sui quali si fonda la struttura piramidale del calcio europeo nonché a contrastare fenomeni di doppia appartenenza.
Tenuto conto della sua posizione dominante in quanto unica organizzatrice di tutte le grandi competizioni calcistiche interclub a livello europeo, la «responsabilità particolare» che incombe alla UEFA, ai sensi dell’articolo 102 TFUE, risiede proprio nel fatto che essa è tenuta a garantire, allorché esamina le richieste di autorizzazione di nuove competizioni, che i terzi non siano indebitamente privati di un accesso al mercato.
Per quanto riguarda l’applicabilità delle esenzioni e delle giustificazioni concorrenziali «classiche», l’avvocato generale rileva che spetta alla parte cui è addebitata una violazione delle regole di concorrenza fornire la prova che il suo comportamento soddisfa le condizioni che consentono di considerarlo compreso nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE o che esso è oggettivamente giustificato alla luce dell’articolo 102 TFUE. Constata tuttavia che, nella fattispecie, la decisione di rinvio è stata adottata senza che la FIFA e la UEFA fossero state prima sentite e avessero quindi potuto presentare argomenti ed elementi di prova relativi al rispetto di tali condizioni nelle specifiche circostanze del caso in esame.
Sulla questione della compatibilità con gli articoli 101 e 102 TFUE delle norme istituite dalla FIFA in materia di sfruttamento dei diritti sportivi, l’avvocato generale ritiene che, qualora potesse essere dimostrata una restrizione della concorrenza, occorrerebbe esaminare, successivamente, se tale restrizione sia inerente al perseguimento di un obiettivo legittimo e proporzionato ad esso, o se i comportamenti restrittivi soddisfino i requisiti per beneficiare di un’esenzione individuale od oggettivamente giustificata. L’avvocato generale rammenta che il calcio è caratterizzato da un’interdipendenza economica tra i club, cosicché il successo finanziario di una competizione dipende anzitutto da una certa parità tra essi. Orbene, la ridistribuzione dei proventi dello sfruttamento commerciale dei diritti derivanti dalle competizioni sportive risponde a tale obiettivo di «equilibrio».
L’avvocato generale considera infine che, sebbene le norme in discussione nel procedimento principale secondo le quali l’istituzione di una nuova competizione calcistica paneuropea tra club è subordinata ad un sistema di previa autorizzazione siano idonee a limitare le disposizioni del Trattato FUE relative alle libertà economiche fondamentali, tali restrizioni possono essere giustificate da obiettivi legittimi connessi alla specificità dello sport. In siffatto contesto, l’esigenza di un sistema di previa autorizzazione può risultare appropriata e necessaria a tal fine, tenuto conto delle particolarità della competizione prevista.
Conclusioni
L’avvocato generale ha espresso un parere che, a grandi linee, è conforme alla giurisprudenza UE.
In primo luogo Rantos ha affermato che il sistema di previa autorizzazione è del tutto lecito all’interno degli ecosistemi FIFA/UEFA e quindi rifiutarsi di accettare un torneo chiuso appare conforme ai principi solidaristici a cui si ispirano le confederazioni sportive. Attenzione: qui c’è una prima apertura indiretta: FIFA e UEFA potevano legittimamente rifiutarsi di accettare nel loro ecosistema una competizione chiusa ma non potrebbero rifiutarsi di accettare una competizione aperta organizzata da una lega privata.
Infatti l’avvocato afferma che “la «responsabilità particolare» che incombe alla UEFA, ai sensi dell’articolo 102 TFUE, risiede proprio nel fatto che essa è tenuta a garantire, allorché esamina le richieste di autorizzazione di nuove competizioni, che i terzi non siano indebitamente privati di un accesso al mercato“.
Inoltre, Rantos afferma che limitare l’accesso allo sfruttamento dei diritti sportivi potrebbe essere contrari ai principi UE se tale restrizioni non sono inerenti al perseguimento di un obiettivo legittimo e proporzionato ad esso. Infatti il calcio è caratterizzato da una forte interdipendenza economica tra i club e quindi il successo finanziario di una competizione dipende da una parità tra gli stessi club. Ergo, ridistribuire i proventi commerciali tra le squadre partecipanti risponde a tale concetto di equilibrio.
Secondo Rantos sarebbe legittimo sanzionare chi partecipa ad una competizione chiusa che vuole restare DENTRO LA FIFA/UEFA. Ma non sarebbe in alcun modo legittimo sanzionare chi partecipa ad una competizione chiusa o privata che vuole restare FUORI DALLA FIFA/UEFA. Molti hanno compreso male questo passaggio, ritenendo che le confederazioni possono sanzionare comunque chi partecipa a tornei privati anche al di fuori dei loro ecosistemi: non è così e non è stato detto questo.
Volendo tirare le somme, l’avvocato Rantos afferma che la Superlega (così com’era stata concepita all’inizio) non può esistere nell’ecosistema UEFA/FIFA e quest’ultime possono legittimamente escludere una competizione di quel tipo. Ciò posto, la Superlega può esistere al di fuori degli ecosistemi FIFA/UEFA che, quindi, non possono in alcun modo vietare la formazione di una lega privata che esula dai loro regolamenti. Inoltre, le stesse FIFA/UEFA non possono rifiutarsi a priori di accettare una competizione creata e gestita da una lega privata se questa competizione non è chiusa perché il sistema di previa autorizzazione non può essere usato indebitamente.
Questo apre una voragine nella quale chi vuole fare business si può inserire fin da subito con molteplici sviluppi:
- Al di fuori della FIFA/UEFA si potrebbe creare un All Star Game, ad esempio, con regole nuove da testare ogni anno. Pensiamo ad una competizione di questo tipo organizzata dalla Lega Serie A che va a scontrarsi con l’All Star Game della Premier/Liga, ecc. Oppure una competizione diversa, magari a livello giovanile. Trovarsi al di fuori della FIFA/UEFA vuol dire applicare regole proprie, quindi avere un proprio statuto e procedure del tutto nuove da poter applicare ai partecipanti di quei tornei. Tutti i risultati non verrebbero chiaramente riconosciuti dalla FIFA/UEFA ma non è un grosso problema: chi vi partecipa, infatti, sarebbe interessato ad altro (ossia agli sviluppi economici o gestionali del business).
- All’interno della FIFA/UEFA si potrebbe creare una competizione concorrente, stavolta aperta, che le confederazioni non potrebbero rifiutarsi di accettare senza un valido motivo. Altrimenti, l’alternativa sarebbe quella di sfruttare questa voragine creata dalla CGUE per forzare la mano e dare più soldi ai club che partecipano alla Champions League.
Come vedete le possibilità sono tantissime e, se la CGUE confermerà il parere dell’avvocato generale (la sentenza è attesa nel 2023), allora il calcio europeo potrà essere realmente rivoluzionato. Proprio come vorrebbero fare le proprietà americane che di recente hanno acquistato diversi club europei. Sul punto non perdetevi tutte le dichiarazioni di Gerry Cardinale di due mesi fa: Gerry Cardinale al summit “Invest in Sports”: tutte le sue dichiarazioni sul calcio europeo, Milan, Elliott, Diritti TV e prospettive future.
AGGIORNAMENTO
Successivamente a questo articolo (che commentava solo il comunicato stampa), sul sito della CGUE sono comparse le conclusioni complete dell’avvocato generale che ho analizzato in forma estesa: Ecco tutte le motivazioni che hanno portato alle conclusioni dell’avvocato generale Rantos.
Avv. Felice Raimondo
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