L’esercizio dell’attività di agente sportivo, liberalizzata nel 2015, con la legge di bilancio 2018 e il successivo Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 23 marzo 2018, è tornata ad essere regolamentata come in passato. Quindi il legislatore ha deciso di reintrodurre un esame abilitativo che ciascun aspirante dovrà sostenere per iscriversi nel Registro Nazionale degli Agenti Sportivi, oggi affidato al CONI. L’odierna prova, peraltro, è piuttosto impegnativa visto che nella recente sessione primaverile sono stati promossi soltanto 8 aspiranti su circa 800.
L’avvocato, però, non è tenuto a sostenere l’esame nazionale in quanto è agente sportivo “ex lege”. Infatti l’articolo 1, comma 373, della legge 205/2017, stabilisce che “agli sportivi professionisti e alle società affiliate a una federazione sportiva professionistica è vietato avvalersi di soggetti non iscritti al Registro pena la nullità dei contratti, fatte salve le competenze professionali riconosciute per legge“. Si tratta ovviamente di competenze che gli avvocati possiedono.
Anche il Consiglio Nazionale Forense – nel suo parere del 17/7/2015 – ha confermato la supremazia della legge, fonte di rango primario, rispetto ai regolamenti federali:
“Osserva la Commissione, che l’attività di procuratore sportivo consiste nell’opera di assistenza e consulenza nella stipula del contratto di prestazione sportiva o di cessione tra società di diritti di prestazione sportiva del calciatore: resta pertanto impregiudicato il diverso profilo della preclusione all’avvocato – a termini di legge – di ogni attività di intermediazione riconducibile all’attività di impresa, anche nelle forme di cui agli artt. 1742 ss. c.c. Trova invece applicazione, nel caso di specie, il comma 6 dell’art. 2 legge n. 247/12 che riserva agli avvocati l’attività professionale di consulenza e di assistenza legale stragiudiziale. In assenza di una riserva – legislativamente prevista – dell’attività di procuratore sportivo ad altra professione regolamentata, si ritiene che l’art. 2, comma 6, della legge professionale forense autorizzi senz’altro l’avvocato all’esercizio di detta attività a titolo di avvocato, senza necessità di iscrizione nel relativo registro tenuto dalla FIGC. Non vi è pertanto alcun ostacolo all’esercizio libero dell’attività in esame da parte dell’avvocato, senza quindi iscrizione nel registro, atteso che l’iscrizione all’albo forense legittima ex se l’avvocato in ogni settore non riservato dalla legge ad altra professione.”
Inoltre secondo il CNF “con riferimento allo specifico all’obbligo di utilizzare moduli contrattuali predisposti dalla FIGC, rientra nella competenza specifica e costituisce elemento tipico della qualificazione professionale dell’avvocato la predisposizione, a beneficio del cliente…di moduli contrattuali idonei a garantire la corretta articolazione del rapporto di prestazione professionale”
Assodato che l’avvocato può esercitare la professione di agente sportivo senza svolgere lo specifico esame e senza iscriversi nell’apposito Registro Nazionale degli Agenti Sportivi, bisogna sottolineare alcune distinzioni in ordine alle modalità con cui tale attività può essere svolta dalle due distinte figure professionali. Se infatti l’attività di agente sportivo è interamente disciplinata dai regolamenti federali (FIGC e CONI), l’attività di avvocato è necessariamente disciplinata dalla legge e, pertanto, anche in virtù di obblighi di natura deontologica, esistono delle distinzioni importanti relative alla tipologia e ai contenuti dei mandati, quindi degli accordi con cui il calciatore e l’agente/avvocato regolano i loro rapporti.
Ecco le differenze più importanti alla luce del parere del CNF:
- Incarico di durata biennale per l’agente FIGC privo di tacito rinnovo, incarico senza durata per l’avvocato.
- Obbligo di deposito del mandato per l’agente FIGC, nessun obbligo di deposito per l’avvocato (vedi parere CNF 17/7/15).
- Possibilità per l’agente FIGC di inserire nel mandato delle penali, calcolare il compenso in percentuale sullo stipendio lordo concretamente percepito dall’atleta, rappresentare più parti all’interno dello stesso affare.
- Impossibilità da parte dell’avvocato di inserire penali nel contratto di patrocinio, inserire percentuali che abbiano ad oggetto una parte del risultato ottenuto (divieto patto di quota lite), rappresentare più parti nel medesimo affare (conflitto di interessi).
- Libertà contrattuale dell’avvocato relativamente ai moduli da compilare per la stipula del mandato.
Ciò nonostante, la Corte di Cassazione su alcuni punti è di parere opposto. Con la pronuncia n. 18807/2015 (che consolida l’orientamento già espresso nelle Cass. n. 5216 del 17/03/2015 e Cass. n. 15934 del 20/9/2012), infatti, gli Ermellini hanno affermato che il legale, anche se agisce in qualità di libero professionista, è tenuto a rispettare le norme federali applicate agli agenti sportivi. Dunque per la Cassazione non sussiste libertà contrattuale ma bisogna utilizzare i moduli predisposti dalla FIGC, vige l’obbligo di deposito del mandato, così come quello della durata massima biennale.
Laddove tutto ciò non venga rispettato, il contratto deve considerarsi nullo ai sensi del combinato disposto degli artt. 1418 e 1322 c.c in quanto “non può infatti ritenersi idoneo, sotto il profilo della meritevolezza della tutela dell’interesse perseguito dai contraenti, un contratto posto in essere in frode alle regole dell’ordinamento sportivo, e senza l’osservanza delle prescrizioni formali all’uopo richieste, e, come tale, inidoneo ad attuare la sua funzione proprio in quell’ordinamento sportivo nel quale detta funzione deve esplicarsi”.
Stando così le cose, l’avvocato potrà certamente esercitare la professione di agente sportivo nel rispetto dei regolamenti e delle prescrizioni federali, ma nel contempo dovrà anche rispettare le norme professionali e deontologiche che regolano l’attività forense. Basti pensare al delicato discorso riguardante il patto di quota lite, che quindi potrebbe spingere il professionista legale a stipulare accordi economici su base forfettaria e non percentuale. Oppure il problema riguardante il conflitto di interessi (anche potenziale) nel medesimo affare, aggirabile solo dall’agente sportivo previo assenso di tutte le parti interessate.
Resta inteso che l’avvocato potrà sostenere l’esame per iscriversi anche nel Registro Nazionale degli Agenti Sportivi, e dunque agire in tale veste con tutte le conseguenze del caso. Ergo nulla osta ad una iscrizione su entrambi gli albi. Questa scelta appare preferibile qualora il professionista svolga spesso l’attività di agente sportivo (ma non prevalentemente o esclusivamente, visto il recente parere del CNF del 13/2/2019) o comunque non voglia incorrere nelle limitazioni di cui sopra, tipiche della legge professionale e della deontologia forense.
Invece nell’ipotesi in cui tale attività sia saltuaria, per il legale potrebbe essere superfluo iscriversi anche nel Registro Nazionale degli Agenti Sportivi.
Aggiornamento: L’avvocato non è più agente sportivo ex lege. Almeno per il CONI.