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L’ABF accoglie il ricorso inerente il buono fruttifero: Poste Italiane deve rimborsare 50.000 euro.

20 Novembre 2019 In Diritto bancario, Diritto dei consumatori, News
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Con una pronuncia resa nella seduta del 5/11/2019, l’Arbitrato Bancario e Finanziario si è espresso in senso positivo nei confronti di un ricorrente che, attraverso lo studio legale Raimondo, reclamava il rimborso del doppio degli interessi previsti a tergo del suo buono fruttifero postale.

L’annosa questione è stata già spiegata in questo articolo (Link), e riguarda soltanto quei buoni fruttiferi postali ordinari emessi tra il mese di giugno del 1986 e il 1989, recanti la doppia stampigliatura sul retro che invalida i primi vent’anni ma tace sugli ultimi dieci. Il BFP oggetto del reclamo presso l’ABF, pari a 5 milioni di Lire, riguardava proprio un titolo emesso nel 1989 che presentava le caratteristiche sopra descritte.

Secondo Poste Italiane il ricorrente avrebbe avuto diritto ad un rimborso complessivo, al lordo della ritenuta fiscale, pari ad € 28.914,06. Tuttavia, dopo un attento ricalcolo di parte, il ricorrente si accorgeva di aver diritto ad una cifra pari ad € 51.441,06 in quanto l’ultima decade andava calcolata senza tener conto della modifica dei saggi d’interesse, già avvenuta al momento dell’emissione del titolo. In buona sostanza, Poste Italiane all’epoca metteva in circolo dei BFP recanti una errata stampigliatura che non aggiornava correttamente i saggi previsti dal titolo per tutti i trent’anni, ma modificava soltanto i primi venti, tacendo sull’ultima decade, ed ingenerando un falso affidamento nei confronti dei clienti che si aspettavano di ricevere una somma ben più alta.

La pronuncia dell’Arbitrato Bancario e Finanziario.

Ecco quanto sostenuto dall’ABF, collegio di Napoli, nel reclamo in esame.

Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale e dell’Arbitro Bancario Finanziario, la scritturazione sul titolo deve prevalere quando questo è stato sottoscritto in epoca posteriore all’emanazione di un provvedimento modificativo delle condizioni indicate sul retro del medesimo.

In tal caso, infatti, si sarebbe ingenerato un legittimo affidamento del sottoscrittore nella volontà dell’emittente di assicurare un tasso di rendimento maggiore di quello previsto dai provvedimenti governativi. Nel caso opposto, devono invece prevalere le determinazioni normative.

L’utilizzo dei moduli cartacei relativi a serie precedenti non osta tuttavia all’applicazione dei criteri di rendimento relativi a serie successivamente istituite, ove il titolo cartaceo sia stato correttamente integrato in conformità a quanto previsto dall’art. 5 del decreto ministeriale. Quanto al periodo di tempo successivo alla scadenza ventennale, deve osservarsi come la regolamentazione sopravvenuta di cui al D.M. 13 giugno 1986 nulla disponga al riguardo, sicché deve considerarsi applicabile la dicitura originariamente apposta sul retro del buono.

Questa interpretazione appare accolta da diverse recenti decisioni dei vari Collegi ABF che hanno avallato la soluzione più favorevole al cliente, in quanto l’apposizione del timbro sostituisce solamente la regolamentazione degli interessi fino al ventesimo anno.

Anche ad avviso di questo Collegio l’orientamento volto a valorizzare il legittimo affidamento relativamente al periodo controverso, sembra maggiormente rispettoso della normativa di cui al D.M. del 1986.

Infatti, tale regolamento all’art. 5 prevede che:

“Sono, a tutti gli effetti, titoli della nuova serie ordinaria, oltre ai buoni postali fruttiferi contraddistinti con la lettera Q, i cui moduli verranno forniti dal Poligrafico dello Stato, i buoni della precedente serie P emessi dal 1° luglio 1986.

Per questi ultimi verranno apposti, a cura degli uffici postali, due timbri: uno sulla parte anteriore, con la dicitura «serie Q/P», l’altro, sulla parte posteriore, recante la misura dei nuovi tassi.”

Sembra più aderente ai principi di buona fede (artt. 1375 c.c. 1366 c.c.) l’interpretazione secondo la quale il richiamo alla misura dei nuovi tassi debba essere integrale e, dunque, recare il riferimento dei rendimenti anche per gli anni successivi al ventesimo.

Alla luce di quanto sopra esposto, nel caso di specie, emerge quindi che l’intermediario, nonostante l’intervenuto decreto ministeriale, non sembra aver diligentemente incorporato nel testo cartolare le complete determinazioni ministeriali relative al rendimento dei titoli (mancando in ciascuno dei buoni considerati la parte relativa al periodo dal 21° al 30° anno), ingenerando nel sottoscrittore l’affidamento in ordine al non mutamento della regola apposta sul retro del titolo in relazione ai criteri di rimborso previsti per il periodo successivo al 21° anno.

Le conseguenze pratiche di questa decisione.

La pronuncia dell’ABF è di estrema importanza, in quanto va ad inserirsi nel solco di una giurisprudenza di legittimità ormai consolidata, grazie alla doppia sentenza della Cassazione a Sezioni Unite (2007 e 2019).

Ciò posto, com’è noto l’ABF è soltanto un organismo di risoluzione stragiudiziale delle controversie di natura finanziaria e bancaria, certamente dotato di una maggiore autorità rispetto ai classici organismi di mediazione, ma non è vincolante per la parte soccombente.

Pertanto, qualora Poste Italiane non dovesse adempiere entro 30 giorni, termine sancito dalle disposizioni sul funzionamento dell’ABF, oltre alla sanzione relativa alla cattiva pubblicità con la pubblicazione dell’inadempimento sul sito dell’ABF, il ricorrente non potrà far altro che adire l’autorità giudiziaria e far valere le sue ragioni dinanzi al Tribunale dove le probabilità di ottenere giustizia sarebbero elevatissime.

Aggiornamento: Poste Italiane adempie alla decisione dell’ABF. Effettuato il pagamento di 50.000 euro.

Giornata da ricordare per il risparmiatore che a fine novembre 2019 aveva ottenuto giustizia dinanzi l’arbitrato bancario e finanziario.

In data 18/02/2020 presso lo studio dello scrivente è arrivato l’assegno intestato al risparmiatore pari ad € 22.746,84, ossia la differenza che gli spettava in virtù dei maggiori interessi per l’ultima decade. Questa cifra, infatti, va sommata ai € 28.000 che il risparmiatore andrà ad incassare presso l’ufficio postale, ovvero l’importo originario che poste italiane avrebbe liquidato per il medesimo buono. Dunque grazie all’intervento dello studio legale Raimondo un buono fruttifero postale di 5 milioni è stato liquidato così come prevedeva l’originale stampigliatura, per un importo complessivo di circa €50.000 al netto della ritenuta fiscale.

Chiunque è in possesso di buoni fruttiferi postali emessi dopo il 13 giugno 1986 può contattare lo studio legale per verificare la fattibilità del ricorso.

SCOPRI SE IL TUO BFP E’ RICORRIBILE: COMPILA IL QUESTIONARIO.

Tel: 0873 656238

Mail: avv.feliceraimondo@gmail.com


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