La Juventus ha ottenuto una vittoria molto importante nella sua battaglia legale relativa al caso plusvalenze. Il Consiglio di Stato ha respinto la richiesta di sospensiva in via cautelare inserita nei ricorsi in appello della FIGC (Link e Link), che verranno discussi nel merito il 23 marzo 2023, con i quali la Federazione calcistica chiedeva la riforma della sentenza del TAR per il Lazio (Sezione Prima), per mezzo della quale l’autorità amministrativa (Link e Link) imponeva alla Co.Vi.So.C. l’obbligo di ostendere la “famigerata” nota n. 10940/pf/GC/blp del 14 aprile 2021.
La Co.Vi.So.C., infatti, ha negato questo documento alla Juve con una risposta che, sostanzialmente, affermava questo: “rivolgetevi alla Procura Federale”, che poi non ha inviato alcun documento affermando che “la nota non faceva parte della documentazione acquisita nell’ambito del procedimento disciplinare”.
Nel dettaglio la Co.Vi.So.C. comunicava alla Juve che “Il documento a cui si richiede di potere accedere è stato formato dalla Procura Federale che legge per conoscenza. La Vostra istanza, pertanto, è stata prontamente indirizzata a tale organo per quanto di competenza. Si prega quindi di fare riferimento alla Procura Federale la quale potrà compiutamente esprimersi sull’istanza formalizzata”.
Ma per quale motivo questa carta può essere così importante? Con la nota 10940 la Procura forniva alla Co.Vi.So.C. dei “chiarimenti interpretativi” relativi alle indagini sui bilanci effettuate dall’autorità di vigilanza calcistica. La nota può essere dirompente perché, a detta dei legali bianconeri, avrebbe dovuto imporre alla Procura Federale l’avvio delle indagini che, quindi, si sarebbero dovute concludere al massimo a metà luglio 2021. Quindi tutti gli atti di indagine acquisiti dopo quella data sarebbero inutilizzabili. Questo farebbe crollare l’impianto accusatorio della Procura che si baserebbe su prove che non potevano essere più acquisite e invaliderebbe anche il giudizio di revocazione con il conseguente annullamento della sanzione di -15 punti da parte della Corte Federale d’Appello a Sezioni Unite. Qualcuno parlerebbe di “cavillo” ma, nei fatti, sarebbe un errore che riguarderebbe un utilizzo improprio delle indagini federali, ingiustamente dilatate dalla Procura che non avrebbe iscritto tempestivamente l’illecito nel registro delle “notizie criminis”.
La Procura, invece, afferma che quel documento non rappresenta il primo atto d’indagine ma soltanto una richiesta di chiarimenti. E quindi le indagini non dovevano partire dal momento in cui vennero forniti quei chiarimenti. Tutto ruota attorno alla interpretazione del contenuto di questa famigerata nota 10940, fino ad ora chiusa nei cassetti di Co.Vi.So.C. e Procura Federale e che da oggi potrà essere esaminata anche dalla Juventus che, ovviamente, la esibirà dinanzi al Collegio di Garanzia che dovrà valutarne la rilevanza ai fini dell’annullamento della sanzione inflitta alla Juve. Quindi la Cassazione del mondo dello sport, tra le altre cose, dovrà dire se le indagini dovevano partire o meno da metà aprile 2021.
Sul punto è bene specificare che la nota sembra essere già filtrata sui quotidiani che hanno riferito come il contenuto riguardi sei pagine dove la Juve non viene mai menzionata e dove la Procura afferma la necessità di aprire delle indagini solo laddove “emergano elementi sufficienti a corroborare la necessità di indagare”, che evidentemente non erano ritenuti sussistenti fino a quel momento.
Come afferma la Gazzetta dello Sport (Link), nelle conclusioni della nota si aggiunge: “Sulla scorta di tali considerazioni in diritto, dalle quali questa Procura non può prescindere nell’esercizio delle proprie prerogative inquirenti e requirenti, è evidente che l’esercizio dell’azione disciplinare in questa materia, in una logica metodologica di continuità rispetto alle valutazioni già svolte nelle precedenti fattispecie disciplinarmente rilevanti esaminate, potrà essere utilmente perseguito ove emergano elementi sufficienti a corroborare la necessità di indagare su casi che fanno ragionevolmente ritenere la sussistenza di operazioni di scambio di calciatori fra due o più società professionistiche, in termini di sistematicità delle medesime operazioni di mercato, non già un’episodica operazione, finalizzati a sopravvalutare i dati di bilancio delle medesime società mediante, appunto, il sistema delle ccdd. Plusvalenze”.
Quell’ “ove emergano elementi sufficienti a corroborare la necessità di indagare” sembrerebbe mostrare l’assenza di notitia criminis, come invece sostenuto a più riprese dai legali della Juve. Questa nota della Procura, però, ne richiama un’altra della Co.Vi.So.C, la n. 1440 del 31/03/2021. È quindi ipotizzabile che la Juve chieda un nuovo accesso agli atti per avere un quadro completo del carteggio tra Procura e Organo di Vigilanza, così da valutarne l’utilità a fini difensivi.
Venendo al merito della decisione del TAR, come detto il diniego della Co.Vi.So.C. è stato impugnato davanti alla giustizia amministrativa che ha dato ragione al club bianconero per diversi motivi. Analizziamoli per comprendere la portata di questa decisione che dovrà imporre serie riflessioni in capo alla FIGC.
1) La Co.Vi.So.C. è soggetto pubblico.
Il primo quesito che si è posto il TAR è questo: la Co.Vi.So.C. è soggetto di diritto privato o pubblico?
In via preliminare, affermano i giudici, si è reso necessario verificare la possibilità di considerare la Co.Vi.So.C. come rientrante tra i soggetti che sono sottoposti alle norme in materia di accesso ai documenti, disciplinato dalla legge 7 agosto 1990, n. 241.
“Tale diritto, infatti, è esercitabile nei confronti di tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato “limitatamente alla loro attività di pubblico interesse” e la giurisprudenza, nel tentativo di chiarire il significato di tale ultimo inciso, ha precisato che gli obblighi di trasparenza ed imparzialità discendono non già dalla natura del soggetto, ma dalla natura dell’attività.
Con riguardo, in generale, alle federazioni sportive, va rilevato che le stesse, pur essendo “associazioni di diritto privato”, sono al contempo inserite nell’ambito dell’ordinamento sportivo ed esercitano sia poteri di autonomia privata sia potestà amministrative rilevanti per l’ordinamento statale, con applicazione di regimi giuridici differenti in ragione della natura dell’atto che di volta in volta viene in rilievo.
Alla Co.Vi.So.C. è attribuita, tra le altre, la funzione di controllo in relazione alla regolarità dei bilanci delle società calcistiche. Trattandosi, tra l’altro, di controlli strumentali al rispetto del regolare svolgimento dei campionati, è evidente che in tal caso entrino in gioco finalità di natura pubblica, con la conseguente applicabilità, in linea di principio, della normativa sull’accesso.
È del tutto evidente, infatti, la rilevanza pubblica generale della materia contabile e di bilancio, sotto il profilo del diritto societario e tributario. Ma anche i profili relativi alla regolarità dei campionati, che attengono sia al regolare funzionamento degli stessi sia alla salvaguardia della par condicio tra i partecipanti, sono rilevanti per l’ordinamento statale, che prevede al riguardo una tutela giurisdizionale piena affidata alla giurisdizione amministrativa“.
Il primo esame ha avuto esito positivo: la Co.Vi.So.C., secondo il TAR, esercita funzioni pubbliche e quindi rientra tra i soggetti sottoposti alla normativa di accesso agli atti.
2) Il diniego non è interlocutorio ma un vero e proprio rifiuto.
Successivamente il TAR esamina la natura sostanziale del diniego impugnato dalla Juventus. Secondo FIGC/Procura il diniego avrebbe carattere sostanzialmente interlocutorio e non potrebbe essere configurato quale atto avente natura provvedimentale di diniego dell’accesso: dal che conseguirebbe anche l’inammissibilità del ricorso amministrativo, non essendo decorso il termine legale di trenta giorni per la formazione del silenzio impugnabile ai sensi della normativa sull’accesso. Tuttavia questa interpretazione non persuade il TAR.
“Ad avviso del Collegio, infatti, con tale atto la Commissione, a fronte dell’istanza di accesso formulata dal ricorrente, ha sostanzialmente provveduto dismettendo la propria competenza all’ostensione, motivando sulla base della circostanza che l’atto di cui si è chiesto l’accesso è stato formato dalla Procura Federale.
È infatti noto che in via generale il c.d. “rifiuto di provvedimento” si manifesta mediante un provvedimento negativo in senso proprio, il quale costituisce esercizio (in negativo) del potere.
Ora, nella specie, si deve riconoscere alla nota impugnata un contenuto provvedimentale per lo meno implicito. In tal senso, infatti, la giurisprudenza ha più volte avuto occasione di affermare che “l’Amministrazione, anche quando non adotta formalmente un provvedimento, ma ne determina univocamente i contenuti sostanziali, o attraverso un comportamento conseguente, ovvero determinandosi in una direzione, anche con riferimento a fasi istruttorie coerentemente svolte, a cui non può essere ricondotto altro volere che quello equivalente al contenuto del provvedimento formale corrispondente, implementa i due elementi di una manifestazione chiara di volontà dell’organo competente e della possibilità di desumerne in modo non equivoco una specifica volontà provvedimentale.
È appena il caso di rilevare che la diversa ricostruzione fornita dalla difesa della F.I.G.C. sulla base della relazione della Co.Vi.So.C. depositata in giudizio non può essere accolta, essendo evidente, dalla piana lettura dell’atto impugnato, che esso demanda alla Procura Federale la definizione del procedimento e quindi non rappresenta un atto interlocutorio rispetto all’istanza formulata nei confronti della Co.Vi.So.C., ma proprio un rifiuto a provvedere da parte della stessa sul presupposto che la relativa competenza spetti all’autorità che ha formato l’atto“.
La seconda eccezione preliminare ha avuto esito negativo: il diniego non era da considerarsi interlocutorio ma definitivo.
3) Non sussiste la pregiudiziale sportiva: norme FIGC sono carenti.
L’altra eccezione preliminare della FIGC/Procura riguarda l’obbligo di pregiudiziale sportiva, ossia la possibilità di rivolgersi al TAR solo dopo aver esperito obbligatoriamente tutti i gradi di giudizio dinanzi alla giustizia sportiva. Nel caso di specie sussiste o meno la pregiudiziale?
In merito a ciò il TAR afferma innanzitutto che la pendenza del giudizio dinanzi al Collegio di Garanzia (quindi il mancato esperimento dell’ultimo grado di giustizia sportiva) non costituisce ostacolo all’accoglimento dell’istanza di accesso agli atti.
“Non soltanto, infatti, in linea di principio la legittimazione all’accesso deve essere distinta dalla legittimazione processuale, in quanto l’accesso è destinato a tutelare non solo le esigenze difensive del richiedente, ma il più generale obbligo di trasparenza cui deve essere ispirata l’azione amministrativa; ma anche quando l’accesso è finalizzato ad esigenze difensive, come nel caso di specie, l’autonomia della relativa situazione giuridica postula e comporta una completa distinzione tra la giurisdizione sul diritto di accesso e la giurisdizione sulla situazione giuridica sottostante da tutelare in un processo pendente o eventualmente da instaurare”.
L’istanza di accesso agli atti, quindi, va considerata autonoma rispetto al giudizio sulla situazione giuridica seppur connessa alla relativa istanza di accesso.
Successivamente il TAR, proprio in virtù di tale autonomia, esamina il contenuto della norma relativa alla pregiudiziale sportiva. Con quest’ultima si intende far riferimento alla condizione di procedibilità del ricorso giurisdizionale amministrativo sancita dall’art. 3, comma 1, della legge n. 280/2003, che vale per “ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato Olimpico Nazionale Italiano o delle Federazioni sportive” diversa dalle controversie tecniche e disciplinari, individuate dall’art. 2. La norma, infatti, stabilisce che solo dopo aver “esaurito i gradi della giustizia sportiva” è possibile adire il giudice amministrativo, non sancendo, quindi, una preclusione assoluta ad adire la magistratura statale, ma, piuttosto, una preclusione relativa, consistente nel previo e necessario esaurimento dell’iter della giustizia sportiva.
L’art. 3 della legge n. 280/2003 individua due condizioni ai fini del riconoscimento di una pregiudizialità sportiva, rappresentati, innanzitutto, dalla residualità dell’azione esperita rispetto a quelle individuate dall’art. 2, e, in secondo luogo, dal definitivo esaurimento di tutti i gradi della giustizia sportiva.
Il problema, afferma il TAR, è che nei regolamenti FIGC manca del tutto una norma che disciplini l’azione di accesso difensivo. E tale carenza l’aveva già affermata anche il Collegio di Garanzia del CONI, secondo il quale “consentire un accesso funzionale all’attività sportiva consentirebbe all’associato che abbia un interesse diretto, concreto e attuale di interloquire con gli apparati di governo dello sport, a tutela del proprio interesse, prima che sia adottata la decisione finale. A tali fini, a giudizio del Collegio, andrebbe ripensata anche la disciplina giustiziale sportiva. Tale particolare giudizio, al pari di quanto accade dinnanzi ai Tribunali Amministrativi, potrebbe essere istaurato dinnanzi ai Tribunali federali, dotandoli di competenza specifica in merito all’accertamento del diritto di un tesserato o affiliato ad ottenere dei documenti richiesti avverso il diniego di ostensione documentale, attesa la loro cognizione estesa al merito delle controversie che si ingenerano nell’ambito dell’ordinamento sportivo, ciò anche in considerazione della incompetenza del Collegio di Garanzia per le suesposte ragioni”.
Ad avviso del TAR la mancanza di una puntuale disciplina di tutela dell’accesso nell’ordinamento sportivo è un dato decisivo.
“Il tema della pregiudizialità, per evidenti ragioni di certezza giuridica, ricollegabili in ultima analisi alla nozione di “giusto processo regolato dalla legge” di cui all’art. 111 Cost., va ancorato a dati normativi e istituzionali precisi, che nella specie non sussistono.
E va ribadito che non si tratta qui di una generica pregiudizialità consistente nella facoltà di adire il giudice sportivo anche con una azione atipica, la quale possa eventualmente trovare accoglimento come nel caso richiamato da ultimo; ma proprio della pregiudizialità specifica e formale, la quale postulerebbe l’esistenza, nell’ordinamento sportivo, di una tutela specifica per il diritto di accesso: tutela specifica la quale manca proprio perché manca una espressa definizione dei relativi presupposti sostanziali.
Dunque, in assenza di una puntuale disciplina dell’accesso difensivo in materia di ordinamento sportivo, il ricorso in esame è senz’altro ammissibile anche sotto il profilo dell’assenza di pregiudizialità sportiva”.
Questo passaggio motivazionale è una batosta sui denti della FIGC che, pur sapendo già di tale lacuna (in virtù del precedente dinanzi al Collegio di Garanzia) non ha mai provveduto fino ad ora a integrare nei regolamenti FIGC una disciplina sull’accesso agli atti a fini difensivi. Se l’avesse fatto la Juventus avrebbe dovuto seguire obbligatoriamente i vari passaggi giurisdizionali nell’ordinamento sportivo. Ma dato che quella normativa non esiste, la Juve non poteva far altro che adire direttamente il TAR. Qualcuno sostiene che l’assenza di una simile disciplina sia “ragionata”, nel senso che consentire l’accesso a ogni comunicazione tra Procura e Co.Vi.So.C. ingolferebbe il sistema sportivo. A prescindere dalla condivisione o meno di questo assunto, secondo il Collegio di Garanzia quel diritto dovrebbe sussistere e se continuerà a non essere legalizzato dalla FIGC, come abbiamo visto sarà garantito dal TAR.
4) Sussistenza di presupposti soggettivi e oggettivi all’accesso agli atti.
Da ultimo, il TAR ha esaminato la sussistenza dei presupposti soggettivi e oggettivi relativi all’accesso agli atti. L’esame del presupposto soggettivo non poteva che avere esito positivo. Infatti secondo i giudici amministrativi:
“È evidente l’interesse all’accesso difensivo nel caso in esame, in particolare nella pendenza della impugnazione della sentenza di revocazione, emessa dalla Corte Federale di Appello, proprio perché l’atto in esame dev’essere conosciuto prima che si concluda il processo sportivo, posto che ogni successiva iniziativa proposta presso la giurisdizione amministrativa statale incorrerebbe nei noti limiti degli strumenti di tutela, che in materia disciplinare sono di tipo risarcitorio e non reale, secondo l’impostazione accolta dalla Corte costituzionale”.
Anche l’esame del presupposto oggettivo ha avuto un esito positivo. L’interpretazione verteva sulla natura dell’atto di cui si chiede l’accesso, ossia se esso fosse qualificabile come “documento” ai sensi della disciplina dettata dalla Legge n. 241/1990. Secondo la FIGC, una nota contenente indicazioni interpretative non poteva qualificarsi come tale, ma poteva “al più appartenere al novero degli atti pre-procedimentali”. Lapidario il TAR che la vede diversamente: una simile qualificazione non convince alla luce della nozione di documento amministrativo offerta dalla lett. d), comma 1, dell’art. 22, legge n. 241 del 1990, secondo la quale, per tale, si intende “ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale”. Ne consegue che “la nozione normativa di documento amministrativo, suscettibile di formare oggetto di istanza di accesso documentale, è ampia e può riguardare ogni documento detenuto dalla pubblica amministrazione … purché lo stesso concerna un’attività di pubblico interesse o sia utilizzato o sia detenuto o risulti significativamente collegato con lo svolgimento dell’attività amministrativa, nel perseguimento di finalità di interesse generale” (Consiglio di Stato, Ad. Plenaria, n. -OMISSIS-), potendo, dunque, rientrarvi anche gli atti detenuti dall’Amministrazione nella loro materialità che identificano statuizioni, accertamenti, intendimenti, pareri, volizioni e valutazioni degli organi pubblici.
Conclude il TAR affermando che “da tutto ciò consegue che la declinatoria di competenza della Co.Vi.So.C. all’ostensione dell’atto richiesto, la quale costituisce la sostanza del diniego qui impugnato, è illegittima. Infatti, il presupposto richiesto ai fini dell’obbligo di ostensione – che la Legge n. 241/1990 pone in capo al soggetto pubblico ovvero al soggetto privato “limitatamente alle attività di pubblico interesse” dallo stesso svolte – consiste nell’aver formato o comunque nel detenere il documento oggetto dell’istanza di accesso.
Ora, quest’ultima ha ad oggetto la nota -OMISSIS- del -OMISSIS- la quale, pur essendo stata formata dalla Procura Federale, deve ritenersi detenuta dalla Co.Vi.So.C., la cui nota del -OMISSIS- ne presuppone l’avvenuta acquisizione.
Conclusivamente, sussistendo i presupposti di legge, il ricorso deve essere accolto, previo assorbimento dei profili relativi all’accesso civico”.
Conclusioni
La vittoria della Juventus dinanzi al TAR apre senza dubbio una profonda riflessione circa i richiami provenienti dalla Giustizia Sportiva che la FIGC continua puntualmente a ignorare e che riguardano le lacune dell’ordinamento sportivo. A cominciare dalla Corte Federale d’Appello che dal 27 maggio 2022 si è espressa sulla necessità di implementare una metodologia (cioè una norma FIGC perfino ipotizzata nei dettagli dagli stessi giudici federali) con cui poter valutare oggettivamente una transazione ai fini delle “plusvalenze a specchio” (Link), richiamo fino ad oggi caduto nel vuoto; e per finire con la necessità espressa dal Collegio di Garanzia di dotare l’ordinamento sportivo di una tutela specifica in merito all’accesso agli atti ai fini difensivi, oggi del tutto assente.
Ma non solo. Se per il Collegio di Garanzia la famigerata nota 10940 avrà un contenuto decisivo ai fini dell’annullamento della sanzione inflitta alla Juve, quindi se quel documento doveva far partire indagini che non sono state avviate secondo le tempistiche previste dal CGS, la seconda riflessione che si aprirebbe (al momento uso il condizionale perché la riflessione è connessa alla vittoria della Juve dinanzi al Collegio di Garanzia) riguarderebbe l’utilizzo improprio della procedura sportiva che avrebbe generato un processo basato su prove solide (non si tornerà più nel merito così come motivato dalla Corte Federale d’Appello) ma acquisite in modo illecito.
Se la Juventus aveva sbagliato doveva essere punita ma nel rispetto delle regole. In caso contrario non poteva essere perseguita e quindi andava assolta. A prescindere se poi nel merito avesse torto. I principi del giusto processo vanno sempre salvaguardati: la giustizia non può essere applicata in modo arbitrario. Che questo “incidente” al TAR serva da monito alla Procura Federale Sportiva per la manovra stipendi dove le prove sembrerebbero essere molto solide.
Ma altrettanto solida dovrà essere l’istruzione del processo sportivo che dovrà essere inattaccabile da un punto di vista non solo sostanziale ma pure formale. E questo non perché la Juve deve essere per forza condannata ma perché va giudicata secondo regole giuste ed eque, quelle che vanno applicate a tutti quanti.
Avv. Felice Raimondo
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