Il 21 dicembre 2023 sarà una data che gli attuali presidenti FIFA, UEFA e ISU ricorderanno molto a lungo. Con una decisione storica, la Corte di Giustizia Europea per la prima volta ha affermato chiaramente che le regole delle Federazioni Internazionali calcistiche e di pattinaggio (ISU) violano il diritto antitrust UE.
Sono stati ribaditi principi già espressi in altri ambiti ma per la prima volta questi principi sono stati applicati al mondo del calcio, settore che invece pensava di ritenersi immune al diritto antitrust dell’Unione Europea.
Lo scrivente aveva già messo in discussione i comportamenti degli enti regolatori sportivi, pubblicando un libro – Super Lega contro Super Federazioni – pochi mesi dopo la nascita della prima Superleague. Chi è interessato a questa pubblicazione, edita anche in lingua inglese, può acquistarla su Amazon e da oggi alcuni articoli “stand-alone” verranno pubblicati anche per gli abbonati della rubrica Redblack Insights su Substack. Dopo il libro sono seguiti altri approfondimenti, come l’analisi delle conclusioni dell’avvocato generale Rantos: Ecco tutte le motivazioni che hanno portato alle conclusioni dell’avvocato generale. Sebbene qualche sprovveduto all’epoca parlasse di vittoria “schiacciante” della UEFA, le conclusioni dell’avvocato generale lasciavano aperta più di una speranza e, infatti, come ipotizzavo, la CGUE è andata ben oltre i ragionamenti “gessati” di Rantos.
Fa ovviamente piacere averci visto giusto e notare che quanto scritto ha trovato piena conferma nelle decisioni della CGUE. L’articolo odierno è molto lungo, in alcuni punti estremamente tecnico, ma è inevitabile visto l’argomento trattato. Al termine dell’analisi potrete leggere le mie conclusioni e le aspettative future.
Il 21 dicembre 2023 la Corte di Giustizia Europea si è espressa su tre vertenze:
- C-124/21 P —> multa inflitta agli atleti di pattinaggio che hanno partecipato a tornei non organizzati dall’unica Federazione riconosciuta (ISU)
- C-333/21 —> monopolio nella organizzazione dei tornei sportivi (Super League)
- C-680/21 —> regola UEFA che nelle liste impone l’inserimento dei giocatori del vivaio, c.d. “4+4” (Royal Antwerp FC)
Tre casi differenti ma uniti da un sottile fil rouge: la legittimità delle regole sportive rispetto al diritto comunitario.
C-124/21 P | Unione internazionale di pattinaggio contro Commissione
Sentenza integrale: Link
Seguendo i precedenti giudizi della Commissione Europea e del Tribunale, la Corte di giustizia ha confermato l’illegittimità delle norme dell’International Skating Union, che le conferiscono il potere di sottoporre le competizioni internazionali di pattinaggio alla sua approvazione e di imporre severe sanzioni agli atleti che partecipano a competizioni non autorizzate, perché non sono soggetti ad alcuna garanzia che ne garantisca la trasparenza, l’oggettività, la non discriminazione e la proporzionalità. Inoltre, danno all’ISU un chiaro vantaggio rispetto ai suoi concorrenti e hanno effetti sfavorevoli per gli atleti, i consumatori e il pubblico televisivo.
L’International Skating Union (ISU) è l’unica associazione sportiva internazionale riconosciuta dal Comitato Olimpico Internazionale (“CIO”) nel campo del pattinaggio artistico e del pattinaggio di velocità. Regola, governa e promuove questo sport a livello mondiale. Allo stesso tempo, svolge un’attività economica consistente nell’organizzazione di concorsi internazionali e nello sfruttamento dei relativi diritti (esattamente come FIFA e UEFA).
Secondo le regole dell’ISU, l’organizzazione di competizioni internazionali richiede la sua previa approvazione. Inoltre, gli atleti che prendono parte ad una competizione non autorizzata dall’ISU rischiano l’esclusione da tutte le competizioni per un periodo determinato o a vita.
Infine, i dinieghi di autorizzazione e le sanzioni possono essere impugnate solo davanti al Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna (Svizzera).
Nel 2017 la Commissione ha ritenuto che le norme sull’autorizzazione delle competizioni e sulla partecipazione degli atleti violassero il diritto dell’UE (Link). Queste regole consentono all’ISU di impedire l’organizzazione di eventi in concorrenza con i propri e di impedirne la partecipazione a pattinatori professionisti. Inoltre, secondo la Commissione, le norme arbitrali (che impongono tutela giurisdizionale solo dinanzi al TAS di Losanna) privano tali pattinatori (olandesi nel caso di specie) dell’effettivo accesso ai tribunali comunitari.
Nel 2020, il Tribunale dell’Unione Europea ha respinto il ricorso proposto dall’ISU contro la decisione della Commissione relativa alle norme in materia di autorizzazione e partecipazione, confermandone così l’illegittimità. Inoltre, ha ritenuto che la Commissione avesse erroneamente messo in discussione le regole dell’arbitrato.
Nella sentenza del 21 dicembre 2023, la Corte di Giustizia ha respinto il ricorso proposto dall’ISU avverso la sentenza del Tribunale e ha confermato così ulteriormente che le regole dell’ISU sono illegali. Tuttavia, la Corte ha ritenuto, contrariamente al Tribunale, che la Commissione abbia giustamente messo in discussione le norme arbitrali.
Molti commentatori hanno sottovalutato questo ultimo aspetto, che parimenti rivoluzionerà la tutela legale all’interno degli ecosistemi UEFA e FIFA. La CGUE, infatti, ha censurato categoricamente anche la giurisdizione esclusiva che le Federazioni Internazionali assegnano al TAS di Losanna, obbligando atleti e club a farsi giudicare da uno Stato al di fuori dell’UE che non è tenuto a seguire principi come quelli dettati dagli artt. 101 e 102 TFUE.
La CGUE è durissima laddove afferma che il Tribunal fédéral (Corte suprema federale, davanti alla quale è possibile impugnare i lodi del TAS) non è un organo giurisdizionale di uno Stato membro, bensì un giudice esterno all’ordinamento giuridico dell’Unione, il quale non è competente a sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale su tale materia. Infine, essa sostiene che, secondo la giurisprudenza del Tribunal fédéral (Tribunale federale), gli atleti non hanno, in pratica, altra scelta se non quella di ammettere che le controversie tra loro e l’ISU siano soggette alla competenza del TAS, a meno che non partecipino più alle manifestazioni organizzate dall’ISU o dalle associazioni nazionali di pattinaggio che ne fanno parte, e quindi, alla fine, rinunciare alla loro professione.
Quindi addio TAS? Non credo ma, evidentemente, Losanna e la Svizzera non potranno più essere l’ultima spiaggia della legalità sportiva. Ergo, FIFA e UEFA non potranno sfuggire al sindacato di legittimità della CGUE e non potranno demandare la risoluzione delle controversie (anche quelle relative a tornei paralleli e conseguenti sanzioni) soltanto a un Tribunale esterno all’UE che non è obbligato a seguire il diritto comunitario (infatti, come si legge nella decisione, “il regolamento arbitrale ha rafforzato i poteri – che non sono soggetti ad alcun obbligo, restrizione o controllo giurisdizionale appropriato e che hanno quindi natura anticoncorrenziale per oggetto – detenuti da tali associazioni in forza delle norme in materia di autorizzazione preventiva e di ammissibilità”).
Ciò vuol dire che clubs e atleti dovranno poter accedere a Tribunali che garantiranno l’applicazione del diritto UE. Direttamente o indirettamente tramite lo stesso CAS, le cui decisioni in futuro dovranno essere soggette al sindacato della CGUE (magari tramite un rinvio pregiudiziale, oggi possibilità non prevista) e non potranno fermarsi all’interno dei confini elvetici. In poche parole FIFA e UEFA non potranno più nascondersi nel “bunker svizzero”.
La Corte, inoltre, e torniamo al discorso principale, ha rilevato che l’organizzazione di competizioni sportive costituisce manifestamente un’attività economica. Tale attività, quindi, deve rispettare le regole della concorrenza, anche se lo sport in quanto attività economica presenta alcune caratteristiche specifiche, come l’esistenza di associazioni dotate di poteri di regolamentazione, controllo e sanzione.
La Corte ha sottolineato poi che un’associazione sportiva come l’ISU può adottare e far rispettare, mediante sanzioni, norme relative all’organizzazione e allo svolgimento delle competizioni. Tuttavia, tali norme devono essere soggette a un quadro che ne garantisca la trasparenza, l’obiettività, la non discriminazione e la proporzionalità.
In caso contrario, come poi effettivamente è accaduto, tali norme potrebbero consentire di escludere dal mercato qualsiasi impresa concorrente e di limitare lo svolgimento di nuovi concorsi. Inoltre, potrebbero impedire agli atleti di partecipare a tali competizioni. Infine, possono privare gli spettatori e il pubblico televisivo di qualsiasi possibilità di assistere a tali competizioni.
Ecco i punti più interessanti della decisione in commento:
1) Sull’applicabilità, nel caso di specie, della giurisprudenza risultante dalle sentenze del 1o luglio 2008, MOTOE (C-49/07, EU:C:2008:376), e del 28 febbraio 2013, Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas (C-1/12, EU:C:2013:127)
125 Dalla giurisprudenza della Corte risulta che il mantenimento o lo sviluppo di una concorrenza non falsata nel mercato interno possono essere garantiti solo se è assicurata la parità di opportunità tra le imprese. Affidare ad un’impresa che esercita una determinata attività economica il potere di determinare, de jure o anche de facto, quali altre imprese sono parimenti autorizzate ad esercitare tale attività e di determinare le condizioni alle quali tale attività può essere esercitata fa sorgere un conflitto di interessi e pone tale impresa in un vantaggio manifesto rispetto ai suoi concorrenti, consentendole di negare loro l’accesso al mercato di cui trattasi o di favorire la propria attività (v., in tal senso, sentenze del 13 dicembre 1991, GB-Inno-BM, C-18/88, EU:C:1991:474, punto 25; del 12 febbraio 1998, Raso e a., C-163/96, EU:C:1998:54, punti 28 e 29, nonché del 1° luglio 2008, MOTOE, C-49/07, EU:C:2008:376, punti 38, 49, 51 e 52) e, in tal modo, anche di impedire lo sviluppo della concorrenza in tale paese a danno dei consumatori, limitando la produzione, lo sviluppo o l’innovazione di prodotti o servizi alternativi.
126 Di conseguenza, un siffatto potere può essere conferito ad una determinata impresa solo a condizione che essa sia soggetta a restrizioni, obblighi e controlli, indipendentemente dal fatto che tale potere derivi dalla concessione, da parte di uno Stato membro, di diritti esclusivi o speciali che pongono l’impresa alla quale è conferito in posizione dominante sul mercato rilevante (v., in particolare, in tal senso, sentenza del 1° luglio 2008, MOTOE, C-49/07, EU:C:2008:376, punti 50 e 53), dal comportamento autonomo di un’impresa in posizione dominante, che le consente di impedire alle imprese potenzialmente concorrenti di accedere a tale mercato o a mercati collegati o contigui (v., in tal senso, sentenza del 13 dicembre 1991, GB-Inno-BM, C-18/88, EU:C:1991:474, punti da 17 a 20 e 24), o ancora da una decisione di un’associazione di imprese, a maggior ragione quando l’associazione che ha adottato tale decisione deve essere considerata, al tempo stesso, un’«impresa» a causa dell’attività economica che essa esercita su tale mercato (v., in tal senso, sentenza del 28 febbraio 2013, Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas (C-1/12, EU:C:2013:127, punti 39, 44, 45, 59, 91 e 92).
127 È per questo motivo che la Corte ha già dichiarato che, a meno che non sia soggetto a restrizioni, obblighi e controlli idonei a prevenire il rischio di abuso di posizione dominante, un siffatto potere, quando è conferito ad un’impresa in posizione dominante, viola, per la sua stessa esistenza, l’articolo 102 TFUE, che va letto, se del caso, in combinato disposto con l’articolo 106 TFUE (v., in tal senso, sentenza del 1° luglio 2008, MOTOE, C-49/07, EU:C:2008:376, punti 50 e 53).
128 Allo stesso modo, poiché gli articoli 101 e 102 TFUE, pur perseguendo obiettivi distinti e avendo ambiti distinti, possono applicarsi simultaneamente ai medesimi comportamenti qualora siano soddisfatte le rispettive condizioni per la loro applicazione (v., in tal senso, sentenze dell’11 aprile 1989, Saeed Flugreisen e Silver Line Reisebüro, 66/86, EU:C:1989:140, punto 32; del 16 marzo 2000, Compagnie maritime belge transports e a./Commissione (C-395/96 P e C-396/96 P, EU:C:2000:132, punto 33); e del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a. (C-307/18, EU:C:2020:52, punto 146), e poiché tali articoli devono quindi essere interpretati in modo coerente, tenuto conto, tuttavia, delle loro caratteristiche specifiche, si deve ritenere che una siffatta facoltà abbia per «oggetto» di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza, ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.
129 Anche se così non fosse, si può quantomeno ritenere che tale potere abbia l’«effetto» di impedire, restringere o falsare la concorrenza, come già dichiarato dalla Corte (v., in tal senso, sentenza del 28 febbraio 2013, Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas, C-1/12, EU:C:2013:127, punto 69).
130 Per tali ragioni, il Tribunale ha correttamente constatato, in sostanza, ai punti da 68 a 76 della sentenza impugnata, come ha fatto la Commissione ai punti 172 e 173 della decisione controversa, che, tenuto conto del tipo di comportamento di cui trattasi nel caso di specie, vale a dire una decisione di un’associazione di imprese che attribuisce a tale associazione l’incaricato di una disciplina sportiva regolamentare, poteri di controllo e sanzionatori che le consentano di autorizzare o impedire l’accesso di imprese potenzialmente concorrenti ad un determinato mercato, sul quale tale associazione stessa opera economicamente, l’esame di tale comportamento e, più in particolare, del suo contenuto, degli obiettivi che esso persegue e del contesto economico e giuridico in cui si inserisce, deve essere effettuata alla luce della giurisprudenza elaborata nelle sentenze del 1° luglio 2008, MOTOE (C-49/07, EU:C:2008:376), e del 28 febbraio 2013, Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas (C-1/12, EU:C:2013:127).
2) Sulla qualificazione del comportamento di cui trattasi nel caso di specie
131 Al fine di pronunciarsi sulla questione se si debba ritenere che una decisione di un’associazione di imprese che le conferisca poteri regolamentari, di controllo e sanzionatori che le consentano di autorizzare o di impedire l’accesso di imprese potenzialmente concorrenti ad un determinato mercato, sul quale tale associazione stessa opera economicamente, abbia per oggetto o, se del caso, in caso contrario, pregiudicare, restringere o falsare il gioco della concorrenza, occorre verificare, anzitutto, se tale potere sia circoscritto da criteri sostanziali trasparenti, chiari e precisi (v., in tal senso, sentenza del 28 febbraio 2013, Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas, C-1/12, EU:C:2013:127, punti da 84 a 86, 90, 91 e 99), impedendone l’uso arbitrario. Inoltre, tali criteri devono essere stati chiaramente enunciati in una forma accessibile, prima di qualsiasi attuazione delle competenze che essi mirano a circoscrivere.
132 Tali criteri possono comprendere, in particolare, criteri che promuovano, in modo adeguato ed efficace, lo svolgimento di competizioni sportive fondate sulla parità di opportunità e di merito.
133 In tal caso, tali criteri devono, in tal caso, essere idonei a garantire che una siffatta competenza sia esercitata senza discriminazioni (v., in tal senso, sentenza del 28 febbraio 2013, Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas, C-1/12, EU:C:2013:127, punto 99) e che le sanzioni eventualmente inflitte siano obiettive e proporzionate (v., in tal senso, in tal senso, sentenza del 18 luglio 2006, Meca-Medina e Majcen/Commissione (C-519/04 P, EU:C:2006:492, punti 48 e 55). Affinché tali criteri possano essere considerati, in generale, non discriminatori, essi non devono assoggettare l’organizzazione e la commercializzazione di competizioni di terzi e la partecipazione di atleti a tali competizioni a requisiti diversi da quelli applicabili alle competizioni organizzate e commercializzate dall’organo decisionale, o identici o simili, ma impossibili o eccessivamente difficili da soddisfare nella pratica da parte di un’impresa che non abbia lo stesso status di un’impresa non dispone degli stessi poteri di tale entità e che si trova quindi in una situazione diversa dalla sua. Per quanto riguarda, più in particolare, i criteri che disciplinano la determinazione delle sanzioni che possono essere irrogate, essi devono inoltre garantire che esse siano determinate, in ciascun caso concreto, nel rispetto del principio di proporzionalità, tenendo conto, in particolare, della natura, della durata e della gravità dell’infrazione constatata.
134 Infine, tali criteri devono poter essere oggetto di un controllo effettivo (v., in tal senso, sentenza del 28 febbraio 2013, Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas, C-1/12, EU:C:2013:127, punto 99).
135 Inoltre, i poteri di cui trattasi devono essere soggetti a modalità procedurali trasparenti e non discriminatorie, come quelle relative ai termini applicabili per la presentazione di una domanda di autorizzazione preventiva e per l’adozione di una decisione su tale domanda, che non siano tali da arrecare pregiudizio alle imprese potenzialmente concorrenti, impedendo loro di accedere effettivamente al mercato (v., in tal senso, in tal senso, sentenza del 28 febbraio 2013, Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas (C-1/12, EU:C:2013:127, punti 86 e 92) e, in definitiva, di limitare di conseguenza la produzione.
136 Alla luce della giurisprudenza ricordata ai cinque punti precedenti della presente sentenza, si deve rilevare, nel caso di specie, da un lato, che, contrariamente a quanto sostiene l’ISU, il Tribunale non è incorso in un errore di diritto, nell’ambito dell’esame dell’obiettivo delle norme in materia di previa autorizzazione e di ammissibilità, facendo riferimento alla questione se tali norme fossero concepite in modo da consentire di impedire che i poteri di autorizzazione e di controllo preventivi e il potere di irrogare sanzioni che essi conferiscono a tale associazione siano utilizzati in modo arbitrario, discriminatorio o sproporzionato.
137 In particolare, il Tribunale non è incorso in alcun errore di diritto, nell’ambito dell’esame concreto del contenuto di tali norme, dichiarando, ai punti da 85 a 89 e 118 della sentenza impugnata, che esse non erano giustificate, in modo verificabile, da alcun obiettivo specifico e che non disciplinavano il potere discrezionale dell’USU di autorizzare o negare l’organizzazione e l’attuazione di gare di pattinaggio di velocità programmate che potrebbero esserle presentate da enti o imprese terzi sulla base di criteri trasparenti, oggettivi, non discriminatori e, di conseguenza, ricontrollabili, cosicché tale associazione doveva essere considerata dotata di potere discrezionale.
144 Tuttavia, tale constatazione, come risulta dai punti 95, 118 e 119 della sentenza impugnata, è conforme alla giurisprudenza della Corte. Sebbene da tale giurisprudenza risulti che un’associazione sportiva come l’ISU può adottare, applicare e far rispettare, mediante sanzioni, norme relative all’organizzazione e allo svolgimento delle competizioni internazionali della disciplina sportiva di cui trattasi (v., in tal senso, sentenze 11 aprile 2000, Deliège, C-51/96 e C-191/97, EU: C:2000:199, punti 67 e 68; del 18 luglio 2006, Meca-Medina e Majcen/Commissione (C-519/04 P, EU:C:2006:492, punto 44); e del 13 giugno 2019, TopFit e Biffi (C-22/18, EU:C:2019:497, punto 60), tali considerazioni non consentono in ogni caso di ritenere legittima una normativa che, al pari delle norme in materia di autorizzazione preventiva e di ammissibilità, non è soggetta a restrizioni, obblighi e controlli adeguati.
145 Al contrario, si deve ritenere che una siffatta regolamentazione, alla luce della giurisprudenza ricordata ai punti da 125 a 128 della presente sentenza, abbia per oggetto la restrizione della concorrenza. Esse conferiscono all’entità che le ha adottate e che ha il potere di attuarle il potere di autorizzare, controllare e fissare le condizioni di accesso al mercato rilevante per qualsiasi impresa potenzialmente concorrente, nonché di determinare sia il grado di concorrenza che può esistere su tale mercato sia le condizioni in cui tale concorrenza potenziale può essere esercitata.
146 Tali norme possono quindi essere utilizzate per consentire o escludere da tale mercato qualsiasi impresa concorrente, anche altrettanto efficiente, o quantomeno limitare la creazione e la commercializzazione di concorsi alternativi o nuovi in termini di formato o di contenuto. Così facendo, esse privano anche completamente gli atleti della possibilità di partecipare a tali competizioni, anche quando potrebbero essere di loro interesse, ad esempio a causa di un format innovativo, nel rispetto di tutti i principi, i valori e le regole su cui si fonda la disciplina sportiva di cui trattasi. In definitiva, esse sono tali da privare completamente gli spettatori e i telespettatori di qualsiasi possibilità di assistere a tali competizioni o di assistere a una loro trasmissione.
SULLA LEGITTIMITA’ DELL’ARBITRATO TAS
189 A tal riguardo, occorre rilevare che, come è pacifico tra le parti e come rilevato dal Tribunale ai punti 156, 159 e 160 della sentenza impugnata, le norme arbitrali imposte dall’ISU riguardano, in particolare, due tipi di controversie che possono sorgere nell’ambito di attività economiche consistenti, da un lato, nell’organizzazione e nella commercializzazione di gare internazionali di pattinaggio di velocità e, dall’altro, nella competizioni come atleta professionista. Tali norme si applicano quindi alle controversie relative all’esercizio di uno sport in quanto attività economica e, a tale titolo, rientrano nell’ambito di applicazione del diritto della concorrenza dell’Unione. Pertanto, essi devono rispettare il diritto della concorrenza dell’Unione per le ragioni esposte ai punti da 91 a 96 della presente sentenza, in quanto sono attuati nel territorio in cui si applicano i Trattati UE e FUE, indipendentemente dal luogo in cui sono stabiliti gli enti che li hanno adottati (sentenze 25 novembre 1971, Béguelin Import (22/71, EU:C:1971:113, punto 11); del 27 settembre 1988, Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione (89/85, 104/85, 114/85, 116/85, 117/85 e da 125/85 a 129/85, EU:C:1988:447, punto 16); e del 6 settembre 2017, Intel/Commissione (C-413/14 P, EU:C:2017:632, punti da 43 a 45).
190 Di conseguenza, nel caso di specie è in discussione solo l’attuazione di siffatte norme nell’ambito di tali controversie e nel territorio dell’Unione e non l’attuazione di tali norme in un territorio diverso dall’Unione, nonché la loro attuazione in altri tipi di controversie, come le controversie riguardanti meramente lo sport in quanto tale e quindi non rientranti nel diritto dell’Unione, o, a fortiori, l’attuazione delle regole arbitrali in diversi settori.
191 Inoltre, come risulta dai punti 181 e 184 della presente sentenza, tali norme sono in discussione, nel caso di specie, non nella misura in cui sottopongono il controllo in primo grado delle decisioni emesse dall’ISU al TAS in quanto organo arbitrale, ma solo nella parte in cui subordinano il controllo dei lodi arbitrali pronunciati dal CAS e il controllo in ultima istanza delle decisioni dell’ISU a il Tribunal fédéral (Corte suprema federale), vale a dire un tribunale di uno Stato terzo.
192 A tal riguardo, secondo una giurisprudenza costante della Corte, gli articoli 101 e 102 TFUE sono disposizioni aventi effetto diretto che creano diritti in capo ai singoli che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare (sentenze del 30 gennaio 1974, BRT e Société belge des auteurs, compositeurs et éditeurs, 127/73, EU:C:1974:6, punto 16, nonché del 14 marzo 2019, Skanska Industrial Solutions e a., C-724/17, EU:C:2019:204, punto 24) e che rientrano nell’ordine pubblico dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 1° giugno 1999, Eco Swiss, C-126/97, EU:C:1999:269, punti 36 e 39).
193 È per questo motivo che, pur rilevando che un singolo può concludere un accordo che sottopone, in termini chiari e precisi, la totalità o parte delle controversie che lo riguardano a un organo arbitrale in luogo del giudice nazionale che sarebbe stato competente a pronunciarsi su tali controversie in forza del diritto nazionale applicabile, e che i requisiti relativi all’effettività del procedimento arbitrale possono giustificare il controllo giurisdizionale dei lodi arbitrali (v., in tal senso, sentenze del 1° giugno 1999, Eco Swiss, C-126/97, EU:C:1999:269, punto 35, e del 26 ottobre 2006, Mostaza Claro, C-168/05, EU:C:2006:675, punto 34), la Corte ha tuttavia precisato che un siffatto sindacato giurisdizionale deve, in ogni caso, poter riguardare la questione se tali condanne siano conformi alle disposizioni fondamentali che rientrano nell’ordine pubblico dell’Unione, che comprendono gli articoli 101 e 102 TFUE (v., in tal senso, sentenza del 1° giugno 1999, Eco Swiss, C-126/97, EU:C:1999:269, punto 37). Un siffatto requisito è tanto più necessario quando si deve ritenere che un siffatto meccanismo di arbitrato sia, in pratica, imposto da un soggetto di diritto privato, come un’associazione sportiva internazionale, ad un altro, come un atleta.
194 In mancanza di un siffatto controllo giurisdizionale, il ricorso a un meccanismo di arbitrato è tale da pregiudicare la tutela dei diritti che i singoli traggono dall’effetto diretto del diritto dell’Unione e dall’effettivo rispetto degli articoli 101 e 102 TFUE, che devono essere garantiti, e lo sarebbero quindi in mancanza di un siffatto meccanismo, dalle norme nazionali in materia di ricorsi.
195 Il rispetto di tale requisito di controllo giurisdizionale effettivo si applica, in particolare, alle norme arbitrali come quelle imposte dall’ISU.
196 La Corte ha già dichiarato che, pur disponendo di un’autonomia giuridica che consente loro di adottare norme relative, in particolare, all’organizzazione delle competizioni, al loro buon funzionamento e alla partecipazione degli atleti a tali competizioni (v., in tal senso, sentenze dell’11 aprile 2000, Deliège, C-51/96 e C-191/97, EU:C:2000:199, punti 67 e 68, e del 13 giugno 2019, TopFit e Biffi, C-22/18, EU:C:2019:497, punto 60), le associazioni sportive non possono, così facendo, limitare l’esercizio dei diritti e delle libertà conferiti ai singoli dal diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenze del 15 dicembre 1995, Bosman, C-415/93, EU:C:1995:463, punti 81 e 83, nonché del 13 giugno 2019, TopFit e Biffi (C-22/18, EU:C:2019:497, punto 52), tra i quali figurano i diritti sottesi agli articoli 101 e 102 TFUE.
197 Per tale ragione, norme quali quelle in materia di autorizzazione preventiva e di ammissibilità devono essere soggette a un controllo giurisdizionale effettivo, come risulta dai punti 127 e 134 della presente sentenza.
198 Tale esigenza di controllo giurisdizionale effettivo implica che, nel caso in cui tali norme contengano disposizioni che attribuiscono una competenza obbligatoria ed esclusiva a un organo arbitrale, il giudice competente a controllare i lodi pronunciati da tale organo può confermare la conformità di tali lodi agli articoli 101 e 102 TFUE. Inoltre, essa implica che tale giudice soddisfi tutti i requisiti di cui all’articolo 267 TFUE, cosicché esso ha il diritto o, eventualmente, l’obbligo, di sottoporre una questione pregiudiziale alla Corte qualora ritenga necessaria una decisione della Corte su una questione di diritto dell’Unione sollevata nell’ambito di una controversia dinanzi ad esso pendente (v., in particolare, in tal senso, sentenze del 23 marzo 1982, Nordsee (102/81, EU:C:1982:107, punti 14 e 15), e del 1° giugno 1999, Eco Swiss (C-126/97, EU:C:1999:269, punto 40).
199 Pertanto, il Tribunale è incorso in un errore di diritto limitandosi a constatare, in modo indifferenziato e astratto, che le regole arbitrali «possono essere giustificate da interessi legittimi connessi alla natura specifica dello sport», in quanto conferiscono a «un giudice specializzato» il potere di controllare le controversie relative alle norme in materia di autorizzazione preventiva e di ammissibilità, senza cercare di garantire che tali regole di arbitrato rispettassero tutti i requisiti menzionati ai punti precedenti della presente sentenza e consentissero così un controllo effettivo del rispetto delle regole di concorrenza dell’Unione, anche se la Commissione si è correttamente basata su tali requisiti ai punti da 270 a 277, 282 e 283 della decisione controversa per concludere che tali norme rafforzavano l’infrazione individuata all’articolo 1 di tale decisione.
200 In secondo luogo, detto giudice ha altresì commesso un errore di diritto dichiarando, ai punti da 157 a 161 della sentenza impugnata, che l’effettività del diritto dell’Unione era pienamente garantita, tenuto conto, da un lato, dell’esistenza di mezzi di ricorso che consentivano ai destinatari di una decisione di diniego di partecipazione a un concorso o di una decisione di inammissibilità di chiedere il risarcimento del danno loro causato da tale decisione dinanzi ai giudici nazionali competenti e, dall’altro, la possibilità di presentare una denuncia alla Commissione o a un’autorità nazionale garante della concorrenza.
221 Orbene, come risulta dai punti 199 e 204 della presente sentenza, la Commissione si è correttamente basata, ai punti da 270 a 277, 282 e 283 della decisione controversa, sui requisiti menzionati ai punti da 188 a 198 della presente sentenza per suffragare la sua conclusione secondo cui, tenuto conto del loro contenuto, delle condizioni di attuazione e della portata di tali elementi, Nel contesto giuridico ed economico in cui si inseriscono, il regolamento arbitrale ha rafforzato i poteri, che non sono soggetti ad alcun obbligo, restrizione o controllo giurisdizionale appropriato e che hanno quindi natura anticoncorrenziale per oggetto, detenuti da tale associazione in forza delle norme in materia di autorizzazione preventiva e di ammissibilità.
222 Nessuno degli argomenti dedotti dall’ISU consente di ritenere che una siffatta constatazione sia viziata da un errore o, più in particolare, da un errore manifesto.
223 A tal riguardo, dai punti della decisione controversa menzionati al punto 216 della presente sentenza risulta, da un lato, che le norme arbitrali assoggettano, in via esclusiva e obbligatoria, le controversie relative all’attuazione delle norme in materia di autorizzazione preventiva e di ammissibilità alla competenza del TAS, organo arbitrale i cui lodi sono soggetti al controllo giurisdizionale del Tribunal fédéral (Corte suprema federale). La Commissione sostiene, in particolare, che il controllo che tale giudice può esercitare su tali lodi esclude la questione se essi siano conformi alle disposizioni di ordine pubblico di cui agli articoli 101 e 102 TFUE. Inoltre, essa afferma che il Tribunal fédéral (Corte suprema federale) non è un organo giurisdizionale di uno Stato membro, bensì un giudice esterno all’ordinamento giuridico dell’Unione, il quale non è competente a sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale su tale materia. Infine, essa sostiene che, secondo la giurisprudenza del Tribunal fédéral (Tribunale federale), gli atleti non hanno, in pratica, altra scelta se non quella di ammettere che le controversie tra loro e l’ISU siano soggette alla competenza del TAS, a meno che non partecipino più alle manifestazioni organizzate dall’ISU o dalle associazioni nazionali di pattinaggio che ne fanno parte, e quindi, alla fine, rinunciare alla loro professione.
224 Per contro, il regolamento arbitrale esclude la possibilità, per i ricorrenti che hanno ricevuto una decisione di inammissibilità o per gli enti o le imprese che hanno ricevuto un rifiuto di concedere un’autorizzazione preventiva per una competizione internazionale di pattinaggio di velocità programmata, di chiedere misure cautelari dinanzi all’organo arbitrale competente e dinanzi ai giudici nazionali che potrebbero essere chiamati a pronunciarsi sull’esecuzione dei lodi emessi da tale organo. Inoltre, la Commissione precisa che, in linea di principio, tale esecuzione può essere gestita dall’ISU e dalle associazioni nazionali di pattinaggio che ne fanno parte, senza che sia necessario l’intervento di un giudice nazionale a tal fine.
225 Orbene, l’ISU non deduce alcun argomento preciso e circostanziato che consenta di ritenere che tali diverse constatazioni si basino su una base fattuale errata o siano viziate da uno o più errori manifesti di valutazione. Si deve constatare, al contrario, che alcune di tali constatazioni, come quelle relative all’assenza di possibilità di sottoporre i lodi del CAS a un controllo giurisdizionale al fine di garantire il rispetto delle disposizioni di ordine pubblico del diritto dell’Unione, eventualmente ricorrendo alla procedura di cui all’articolo 267 TFUE, sono corrette, e altre, come quelle relative all’assenza di possibilità di sottoporre i lodi del CAS a un controllo giurisdizionale al fine di garantire il rispetto delle disposizioni di ordine pubblico del diritto dell’Unione, se del caso di specie, ricorrendo eventualmente alla procedura di cui all’articolo 267 TFUE, sono corrette, e altre, come quelle secondo cui il meccanismo di arbitrato di cui trattasi nel caso di specie è, in pratica, imposte unilateralmente dall’ISU agli atleti, riflettono quelle della Corte europea dei diritti dell’uomo al riguardo (Corte EDU, 2 ottobre 2018, Mutu e Pechstein c. Svizzera, CE:ECHR:2018:1002JUD004057510, §§ da 109 a 115).
226 Pertanto, il sesto motivo è infondato.
227 Per quanto riguarda il settimo motivo, occorre rilevare che, qualora la Commissione constati l’esistenza di una violazione dell’articolo 101 o dell’articolo 102 TFUE, essa ha il potere di obbligare, mediante decisione, le imprese o associazioni di imprese interessate a porre fine a tale infrazione (v., in tal senso, sentenza sentenza del 2 marzo 1983, GVL/Commissione, 7/82, EU:C:1983:52, punto 23) e, a tal fine, imporre loro una misura correttiva proporzionata a tale infrazione e necessaria per porvi immediatamente fine (sentenza del 29 giugno 2010, Commissione/Alrosa, C-441/07 P, EU:C:2010:377, punto 39).
228 Nel caso di specie, la Commissione ha correttamente ritenuto che le norme arbitrali rafforzassero l’infrazione individuata all’articolo 1 della decisione controversa, rendendo più difficile il controllo giurisdizionale, alla luce del diritto della concorrenza dell’Unione, dei lodi arbitrali CAS pronunciati successivamente alle decisioni adottate dall’ISU in virtù del potere discrezionale conferitogli dalle norme in materia di autorizzazione preventiva e di ammissibilità.
C-333/21 | Superlega Europea
Sentenza integrale: Link
Le norme FIFA e UEFA che subordinano alla loro previa approvazione qualsiasi nuovo progetto calcistico tra club, come la Super League, e vietano ai club e ai giocatori di giocare in tali competizioni, sono illegali. Secondo la CGUE non esiste un quadro normativo della FIFA e della UEFA che garantisca che tali regole siano trasparenti, obiettive, non discriminatorie e proporzionate (su questo aspetto tornerò più avanti).
Allo stesso modo, le norme che attribuiscono alla FIFA e all’UEFA il controllo esclusivo sullo sfruttamento commerciale dei diritti relativi a tali competizioni sono atte a restringere la concorrenza, data la loro importanza per i media, i consumatori e i telespettatori dell’Unione europea.
La Corte ha osservato che l’organizzazione di competizioni calcistiche tra club e lo sfruttamento dei diritti mediatici sono, evidentemente, attività economiche. Esse devono pertanto rispettare le regole della concorrenza e rispettare le libertà di circolazione, anche se l’esercizio economico dello sport presenta alcune caratteristiche specifiche, come l’esistenza di associazioni dotate di determinati poteri di regolamentazione e controllo e il potere di imporre sanzioni. La Corte ha rilevato inoltre che, parallelamente a tali competenze, la FIFA e l’UEFA organizzano esse stesse competizioni calcistiche.
La CGUE ha ritenuto poi che, qualora un’impresa in posizione dominante abbia il potere di determinare le condizioni alle quali le imprese potenzialmente concorrenti possono accedere al mercato, quel potere deve, dato il rischio di conflitto di interessi che ne deriva, essere soggetto a criteri idonei a garantirne la trasparenza, l’oggettività, la non discriminazione e la proporzionalità. Tuttavia, secondo la Corte i poteri della FIFA e della UEFA non sono soggetti a tali criteri. La FIFA e la UEFA stanno quindi abusando di una posizione dominante.
Inoltre, data la loro natura arbitraria, le norme in materia di approvazione, controllo e sanzioni devono essere considerate restrizioni ingiustificate alla libera prestazione dei servizi (art. 56 TFUE).
Ciò non significa che una competizione come il progetto della Superlega debba necessariamente essere approvato. La Corte, essendo stata interrogata in generale sulle regole FIFA e UEFA, nella sentenza non si pronuncia su questo specifico progetto. Cosa vuol dire questo? Semplicemente che la CGUE non ha sdoganato la vecchia Superlega perché non è stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimità di quel torneo ma sulla legittimità delle regole FIFA/UEFA rispetto alla organizzazione di tornei alternativi.
Se qualche commentatore, per questo motivo, vede una “vittoria” da parte degli enti regolatori, evidentemente perde di vista l’oggetto principale della questione. Infatti, la CGUE è stata netta nel censurare le attuali regole FIFA/UEFA di approvazione dei tornei calcistici internazionali.
E nel discorso vi rientra a pieno titolo anche l’ultima versione di tale regolamento, pubblicata dalla UEFA nel giugno 2022, e depositata dinanzi alla CGUE come “prova” della regolarità delle norme sportive:
Peccato che, alla luce delle decisioni odierne (ISU/Superleague), tale regolamento sia da considerare completamente illegittimo. Innanzitutto nelle nuove regole si continua a sostenere l’obbligatorietà della giurisdizione TAS, sottraendo quindi lo scrutinio ai Tribunali comunitari. E’ possibile leggerlo in più punti:
Art. 4 – “L’Organizzatore dovrà fornire conferma scritta che qualsiasi controversia tra l’Organizzatore
e la UEFA sarà risolta mediante arbitrato dinanzi al Tribunale Arbitrale dello Sport (CAS) in
conformità con l’Articolo 16 del presente regolamento”.
Art. 8, comma 7 – “Richiedendo l’autorizzazione ai sensi del presente regolamento, l’Organizzatore accetta irrevocabilmente di essere vincolato da esso, compresa in particolare la clausola di risoluzione delle controversie di cui al successivo articolo 16”.
Art. 12, comma 1 – “Qualsiasi decisione del Comitato Esecutivo UEFA relativa a una richiesta di autorizzazione è definitiva, soggetta a ricorso al CAS ai sensi dell’Articolo 16 di seguito.”
Art. 16 – “1. Qualsiasi controversia relativa a queste regole, comprese, a titolo esemplificativo, le decisioni definitive relative alla procedura di autorizzazione e le decisioni finali che impongono misure disciplinari, saranno risolte in via definitiva mediante arbitrato dinanzi al CAS in conformità con il Codice di arbitrato sportivo (Codice CAS) in vigore. alla data di deposito della richiesta di arbitrato, della dichiarazione di ricorso o della richiesta di misure provvisorie, a seconda di quale sia rilevante in quel momento.
2. Accettando di sottoporre qualsiasi controversia al CAS ai sensi del Codice CAS, tutte le parti soggette alle presenti regole rinunciano espressamente al proprio diritto di richiedere eventuali misure provvisorie alle autorità statali o ai tribunali in conformità con l’articolo R37 del Codice CAS.
3. La decisione del CAS sarà definitiva e vincolante con esclusione della giurisdizione di qualsiasi tribunale civile. Ciò non pregiudica il diritto di ricorso dinanzi al Tribunale federale svizzero conformemente al diritto svizzero e il diritto di contestare l’esecuzione o il riconoscimento di un lodo per motivi di ordine pubblico in conformità con le leggi procedurali nazionali applicabili o il diritto di presentare una caso dinanzi ad un’autorità garante della concorrenza competente.
4. Qualsiasi elusione delle procedure disciplinari della UEFA e/o della giurisdizione esclusiva del CAS ai sensi di queste regole da parte di un’entità direttamente o indirettamente affiliata alla UEFA (ad esempio Associazione membro, club, lega o Organizzatore), anche in relazione a misure provvisorie, è severamente proibito. Questa disposizione non si applica ad alcuna azione legale, anche in relazione a misure provvisorie, avviata prima dell’entrata in vigore delle presenti regole riguardanti un’entità affiliata direttamente o indirettamente alla UEFA.
5. La UEFA può accettare di risolvere qualsiasi potenziale caso disciplinare con un’associazione membro, un club, una lega, un organizzatore o una parte soggetta a queste regole mediante altre misure”.
Giurisdizione TAS, ma non solo. Leggiamo cosa afferma la CGUE sui criteri di approvazione:
“affinché tali criteri e norme possano essere considerati non discriminatori, è necessario, tenuto conto, in particolare, del fatto che entità come la FIFA e la UEFA esercitano esse stesse attività economiche diverse sul mercato disciplinato dalle loro norme in materia di autorizzazione preventiva e di partecipazione, che esse non subordinino a requisiti l’organizzazione e la commercializzazione di competizioni terze, nonché la partecipazione di club e giocatori a tali competizioni che siano diverse da quelle applicabili ai concorsi organizzati e commercializzati dall’organo decisionale o, essendo identiche o simili, siano praticamente impossibili o eccessivamente difficili per un’impresa che non abbia lo stesso status di un’associazione o che non disponga degli stessi poteri di tale entità e che abbia la sua sede, di conseguenza, in una situazione diversa da questa. Infine, affinché le sanzioni inflitte in via accessoria rispetto a norme di previa autorizzazione e di partecipazione come quelle di cui trattasi nel procedimento principale non siano discrezionali, esse devono rispettare criteri che non solo devono essere trasparenti, oggettivi, precisi e non discriminatori, ma devono anche garantire che tali sanzioni siano determinate caso per caso, nel rispetto del principio di proporzionalità, tenendo conto, in particolare, della natura, della durata e della gravità dell’inadempimento accertato”.
Ebbene, ora leggete cosa prevede il regolamento di approvazione UEFA del 2022:
Art. 5, comma 3 – “L’Organizzatore dovrà fornire conferma di non essere stato coinvolto nella preparazione o nell’organizzazione di una Competizione Internazionale per Club non autorizzata nei cinque (5) anni precedenti dalla data della domanda (ma non applicabile a qualsiasi periodo precedente all’entrata in vigore della norme attuali)”.
Già solo questa norma sarebbe sufficiente a stracciare tutto il regolamento perché inserisce un requisito arbitrario che eliminerebbe tutti i concorrenti sgraditi fino a quel momento (A22 inclusa) per il solo motivo di aver provato a organizzare un torneo non tollerato dalla UEFA. Infatti, benché la norma non risulti applicabile “a qualsiasi periodo precedente all’entrata in vigore della norme attuali”, la situazione oggi non è cambiata.
Art. 7 – “Al fine di proteggere il merito sportivo delle Competizioni UEFA, il buon funzionamento del calendario internazionale nonché la salute e la sicurezza dei giocatori, l’autorizzazione di una Competizione Internazionale per Club sarà soggetta alle seguenti condizioni cumulative in modo che non possa essere compromesso o influenzato il buon funzionamento delle competizioni UEFA rispetto a:
A. la partecipazione dei seguenti club qualificati per la determinazione del club campione d’Europa in ciascuna rispettiva categoria:
- il club è qualificato per giocare come vincitore del massimo campionato nazionale;
- il club è qualificato per giocare come secondo classificato o qualificato nel massimo campionato nazionale in base alla classifica per coefficienti dell’associazione UEFA;
- il club è qualificato per giocare come detentore del titolo della Competizione UEFA Champion Club;
- il club è qualificato per giocare come detentore del titolo della UEFA Europa League;
B. l’impegno e i doveri di tutti i club qualificati che partecipano alla Competizione UEFA Champion Club di schierare la loro squadra più forte per tutta la competizione;
C. l’impegno e i doveri di tutti i club qualificati che partecipano alla Competizione UEFA Champions Club di giocare solo in tale competizione:
- fino alla loro eliminazione fino al completamento dei gironi di qualificazione e/o play-off; e/o
- per tutta la durata della competizione UEFA Champion Club per tutti i turni successivi fino al suo completamento.”
Con questa norma, la UEFA si riserva di “valutare” (e quindi, nei fatti, negare) l’autorizzazione a tutti quei club che si siano qualificati per le sue coppe, obbligandoli a disputare solo le competizioni UEFA per tutta la loro durata. Così facendo, ovviamente, nessun competitor potrebbe mai organizzare alcun torneo competitivo e parallelo dato che la UEFA ogni anno, tramite i campionati, consente ai club di qualificarsi per le proprie coppe. Ergo, secondo il regolamento sarebbero liberi di partecipare solo quei club che non si fossero qualificati per una competizione UEFA. Anche questo articolo è completamente fuori legge perché, per ovvi motivi, non consente ad un competitor di poter gareggiare sullo stesso piano. Il concorrente viene messo forzatamente in un angolino e gli vengono lasciate le briciole.
Art. 10, comma 3, lettera i – “conferma che tutte le Associazioni membro e le leghe affiliate interessate hanno concesso la loro approvazione scritta alla Competizione Internazionale per Club”;
Anche questo articolo è illegittimo perché rappresenta un doppio/triplo sbarramento dato che un club dovrebbe avere prima l’autorizzazione delle Federazioni e leghe affiliate (nel nostro caso FIGC e Lega Serie A). Quindi la UEFA, nei fatti, impedisce già a valle di creare tornei alternativi dato che oggi molte Federazioni presentano norme anti Superlega (vedi l’art. 16 delle NOIF FIGC).
Art. 12 – commi 2,3,4 “2. La UEFA non può in alcun modo essere ritenuta responsabile per aver concesso la propria autorizzazione a una Competizione internazionale per club nel caso in cui successivamente sorgano rivendicazioni legali in relazione alla Competizione internazionale per club autorizzata. L’Organizzatore (e/o i club partecipanti) manterranno la UEFA indenne da qualsiasi reclamo di questo tipo”.
Questo articolo è addirittura grottesco dato che, sostanzialmente, dice “noi vi possiamo autorizzare ma se poi dovessero sorgere problemi con terzi non vogliamo saperne niente”. Una manleva che scarica ogni responsabilità sull’organizzatore-controllato, sollevando il controllore da future problematiche.
Art. 13 (sanzioni vs club) – “esclusione di un club dalle competizioni per club UEFA per un periodo massimo di tre (3) stagioni per una violazione intenzionale o negligente delle presenti regole, applicabile in particolare laddove si ritenga che una Competizione Internazionale per Club non autorizzata o una Combinazione o Alleanza non autorizzata violino le gli obiettivi tutelati dalle presenti norme;
D. ineleggibilità di un club dalle competizioni per club UEFA per tutto il tempo in cui il club partecipa a una Competizione Internazionale per Club non autorizzata e/o per la durata dell’accordo per costituire o per la costituzione di una Combinazione o Alleanza non autorizzata.
3 La UEFA si riserva il diritto di imporre tali misure e quelle previste dal Regolamento Disciplinare UEFA per qualsiasi mancata intenzionalità o negligenza da parte di un club nel richiedere l’approvazione della UEFA per partecipare o per aver accettato formalmente di partecipare a una competizione per club tenutasi al di fuori del territorio della UEFA”.
Nei confronti delle persone, invece, si rimanda al Regolamento Disciplinare UEFA (che prevede anche la squalifica). Le sanzioni suindicate, che prevedono l’esclusione dalle competizioni UEFA per 3 anni o addirittura per tutto il periodo in cui si partecipa a competizioni non autorizzate, chiaramente non possono essere definite proporzionate rispetto agli scopi di natura sportiva. Come al solito, invece, fungono da deterrente e rappresentano una forte limitazione per la concorrenza e la gestione del business economico. Esattamente ciò che ha censurato la CGUE.
Infine, e torniamo all’analisi della decisione, la Corte ha osservato come le norme FIFA e UEFA relative allo sfruttamento dei diritti mediatici siano tali da arrecare danno ai club calcistici europei, a tutte le società operanti nei mercati dei media e, in ultima analisi, ai consumatori e ai telespettatori, impedendo loro di partecipare a competizioni nuove e potenzialmente innovative o interessanti. Spetterà tuttavia al Tribunale di Commercio di Madrid verificare se tali norme possano comunque avvantaggiare diversi attori del calcio, ad esempio garantendo una redistribuzione solidale degli utili generati da tali diritti.
Ecco i punti più interessanti della decisione in commento:
82 Le questioni sottoposte alla Corte vertono sull’interpretazione degli articoli 45, 49, 56, 63, 101 e 102 TFUE nell’ambito di una controversia vertente su norme adottate da due organi che, secondo i rispettivi statuti, hanno lo status di associazioni di diritto privato incaricate dell’organizzazione e del controllo del calcio a livello mondiale e internazionale. e che riguardano l’autorizzazione preventiva delle competizioni calcistiche internazionali per club e lo sfruttamento dei vari diritti derivanti da tali competizioni.
83 A tal riguardo, occorre ricordare che, nei limiti in cui l’esercizio dello sport costituisce un’attività economica, quest’ultimo è disciplinato dalle disposizioni del diritto dell’Unione applicabili a tale attività (v., in tal senso, sentenze del 12 dicembre 1974, Walrave e Koch, 36/74, EU:C:1974:140, punto 4, e del 16 marzo 2010, Olympique Lyonnais (C-325/08, EU:C:2010:143, punto 27).
84 Solo una normativa specifica che, da un lato, è stata adottata esclusivamente per motivi di natura non economica e, dall’altro, riguarda materie che riguardano unicamente lo sport in quanto tale, può essere considerata estranea a qualsiasi attività economica. È il caso, in particolare, delle norme relative all’esclusione dei calciatori stranieri dalla composizione delle squadre partecipanti alle competizioni tra squadre nazionali o alla fissazione dei criteri di classificazione utilizzati per selezionare gli atleti partecipanti alle competizioni su base individuale (v., in tal senso, sentenze 12 dicembre 1974, Walrave e Koch (36/74, EU:C:1974:140, punto 8); del 15 dicembre 1995, Bosman (C-415/93, EU:C:1995:463, punti 76 e 127), nonché dell’11 aprile 2000, Deliège (C-51/96 e C-191/97, EU:C:2000:199, punti 43, 44, 63, 64 e 69).
89 Orbene, le norme di cui trattasi nel procedimento principale, sia quelle della FIFA sia quelle della UEFA, non rientrano tra quelle alle quali potrebbe applicarsi l’eccezione menzionata al punto 84 della presente sentenza, per la quale la Corte ha ripetutamente dichiarato che essa deve essere limitata al proprio oggetto e che essa non può essere invocata per escludere un’intera attività sportiva dall’ambito di applicazione delle disposizioni del Trattato FUE relative al diritto dell’Unione in materia di economia (v., in tal senso, sentenze del 14 luglio 1976, Donà, 13/76, EU:C:1976:115, punti 14 e 15, nonché del 18 luglio 2006, Meca-Medina e Majcen/Commissione, C-519/04 P, EU:C:2006:492, punto 26).
90 Per contro, da un lato, sono incluse le norme relative all’esercizio, da parte di un’associazione sportiva, di poteri relativi all’autorizzazione preventiva di competizioni sportive la cui organizzazione e la cui gestione commerciale, come la Corte ha già rilevato, costituiscono un’attività economica per le imprese che vi esercitano o intendono esercitarle, per tale ragione, nell’ambito di applicazione delle disposizioni del Trattato FUE relative al diritto della concorrenza (v., in tal senso, sentenza del 1° luglio 2008, MOTOE, C-49/07, EU:C:2008:376, punto 28). Per lo stesso motivo, esse rientrano anche nell’ambito di applicazione delle disposizioni del Trattato FUE relative alle libertà di circolazione.
94 Pertanto, tutte le norme FIFA e UEFA su cui il giudice del rinvio chiede alla Corte rientrano nell’ambito di applicazione degli articoli 45, 49, 56, 63, 101 e 102 TFUE.
112 Alla luce della portata di tali diverse questioni, occorre ricordare, in via preliminare, in primo luogo, che gli articoli 101 TFUE e 102 TFUE sono applicabili a qualsiasi entità che eserciti un’attività economica che, in quanto tale, debba essere qualificata come impresa, indipendentemente dalla sua natura giuridica e dalle sue modalità di finanziamento (v., in tal senso, in tal senso, sentenze del 23 aprile 1991, Höfner e Elser (C-41/90, EU:C:1991:161, punto 21); dell’11 dicembre 2007, ETI e a. (C-280/06, EU:C:2007:775, punto 38), nonché del 1° luglio 2008, MOTOE, C-49/07, EU:C:2008:376, punti 20 e 21).
113 Di conseguenza, tali articoli si applicano, in particolare, agli enti costituiti in forma di associazioni aventi ad oggetto, secondo il loro statuto, l’organizzazione e il controllo di un determinato sport, nei limiti in cui tali enti esercitano un’attività economica connessa a tale sport, offrendo beni o servizi, e devono, pertanto, essere qualificati come «imprese» (v., in tal senso, sentenza del 1° luglio 2008, MOTOE, C-49/07, EU:C:2008:376, punti 22, 23 e 26).
114 Inoltre, l’articolo 101 TFUE si applica anche agli enti che, pur non costituendo necessariamente imprese di per sé, possono essere qualificati come «associazioni di imprese».
115 Nel caso di specie, tenuto conto dell’oggetto della controversia principale e delle informazioni fornite dal giudice del rinvio, gli articoli 101 e 102 TFUE devono essere considerati applicabili alla FIFA e alla UEFA, in quanto queste due federazioni esercitano una duplice attività economica, consistente, come risulta dal punto 34, 90 e 92 della presente sentenza, nell’organizzazione e nella commercializzazione di competizioni calcistiche per club nel territorio dell’Unione e nello sfruttamento dei diversi diritti derivanti da tali competizioni e, per tale ragione, devono essere qualificate come «imprese». Inoltre, l’articolo 101 TFUE è loro applicabile in quanto tali federazioni sono membri di federazioni calcistiche nazionali che possono, a loro volta, essere qualificate come «imprese» per il fatto che esercitano un’attività economica connessa all’organizzazione e alla commercializzazione di competizioni calcistiche per club a livello nazionale e allo sfruttamento dei diritti che ne derivano, o di cui sono membri o affiliati soggetti che possono essere qualificati come imprese, come le società calcistiche.
116 In secondo luogo, a differenza dell’articolo 102 TFUE, che riguarda unicamente il comportamento unilaterale delle imprese che detengono, individualmente o, eventualmente, collettivamente, una posizione dominante, l’articolo 101 TFUE prevede comportamenti diversi che hanno in comune il fatto di essere il risultato dell’insolvenza di più imprese, vale a dire «accordi tra imprese», «pratiche concordate» e «decisioni di associazioni di imprese», indipendentemente dalla loro posizione sul mercato (v., in tal senso, sentenza del 16 marzo 2000, Compagnie maritime belge transports e a./Commissione, C-395/96 P e C-396/96 P, EU:C:2000:132, punti da 34 a 36).
117 Nel caso di specie, l’applicazione dell’articolo 102 TFUE ad entità quali la FIFA o la UEFA richiede, in particolare, la dimostrazione del fatto che tali entità detengono una posizione dominante su un determinato mercato. Nel caso di specie, dalle informazioni fornite dal giudice del rinvio risulta che quest’ultimo ritiene che queste due entità detengano una posizione dominante sul mercato dell’organizzazione e della commercializzazione di competizioni calcistiche per club nel territorio dell’Unione e dello sfruttamento dei diversi diritti derivanti da tali competizioni. Di conseguenza, occorre rispondere alle questioni sollevate dal giudice del rinvio relative all’interpretazione dell’articolo 102 TFUE sulla base di tale premessa di fatto e di diritto, peraltro incontestata alla luce, in particolare, del fatto che la FIFA e la UEFA sono le uniche federazioni che organizzano e commercializzano siffatte competizioni a livello mondiale ed europeo, a differenza della situazione che si verifica più frequentemente in altre discipline sportive.
1. Sulla prima questione, relativa all’interpretazione dell’articolo 102 TFUE alla luce delle norme relative all’autorizzazione preventiva delle competizioni calcistiche per club e alla partecipazione di società e atleti a tali competizioni
132 Pertanto, se è vero che agli Stati membri non è fatto divieto di conferire ad un’impresa, in forza di disposizioni legislative o regolamentari, diritti esclusivi o speciali su un mercato, una situazione del genere non deve, in ogni caso, consentire a tale impresa di abusare della posizione dominante risultante da tale conferimento, ad esempio esercitando i diritti di cui trattasi in modo da impedire alle imprese potenzialmente concorrenti di accedere al mercato di cui trattasi o mercati collegati o vicini (v., in tal senso, sentenze del 10 dicembre 1991, Merci convenzionali porto di Genova, C-179/90, EU:C:1991:464, punto 14, e del 13 dicembre 1991, GB-Inno-BM, C-18/88, EU:C:1991:474, punti da 17 a 19 e 24). Tale requisito deve essere rispettato, a fortiori, qualora tali diritti conferiscano a tale impresa il potere di determinare se, e, in caso affermativo, a quali condizioni, altre imprese siano autorizzate ad esercitare la loro attività economica (v., in tal senso, sentenza del 1° luglio 2008, MOTOE, C-49/07, EU:C:2008:376, punti 38 e 51).
133 Il mantenimento o lo sviluppo non falsato della concorrenza nel mercato interno sarà possibile solo se saranno garantite le pari opportunità tra le imprese. Tuttavia, il fatto che un’impresa che esercita una determinata attività economica sia autorizzata a determinare, de jure o anche de facto, quali altre imprese siano parimenti autorizzate ad esercitare tale attività e a stabilire le condizioni per l’esercizio di tale attività pone tale impresa in una situazione di conflitto di interessi e le conferisce un evidente vantaggio rispetto ai suoi concorrenti, consentendole di impedire l’accesso di questi ultimi al mercato sul quale essa ha sede. (v., in tal senso, sentenze del 13 dicembre 1991, GB-Inno-BM, C-18/88, EU:C:1991:474, punto 25; del 12 febbraio 1998, Raso e a., C-163/96, EU:C:1998:54, punti 28 e 29, nonché del 1° luglio 2008, MOTOE, C-49/07, EU:C:2008:376, punti 51 e 52) e impedire così lo sviluppo di una concorrenza basata sui meriti a danno dei consumatori, limitando la produzione, lo sviluppo di prodotti o servizi alternativi o l’innovazione su tale mercato.
134 Di conseguenza, l’attribuzione di diritti esclusivi o speciali che conferiscono all’impresa interessata un siffatto potere, o l’esistenza di una situazione analoga sui mercati di cui trattasi, devono essere accompagnati da limiti, obblighi e controlli che consentano di escludere il rischio di abuso della sua posizione dominante al fine di garantire che essa non violi, in quanto tale, l’articolo 102 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 106 TFUE (v., in tal senso, sentenza del 1° luglio 2008, MOTOE, C-49/07, EU:C:2008:376, punto 53).
135 Più precisamente, qualora l’impresa interessata disponga del potere di determinare le condizioni alle quali le imprese potenzialmente concorrenti possono entrare nel mercato o di pronunciarsi caso per caso su tale questione, mediante una decisione di autorizzazione preventiva o di diniego di autorizzazione, tale potere deve, al fine di non violare, per la sua stessa esistenza, l’articolo 102 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 106 TFUE, è soggetto a criteri sostanziali trasparenti, chiari e precisi (v., per analogia, sentenza del 28 febbraio 2013, Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas, C-1/12, EU:C:2013:127, punti da 84 a 86, 90, 91 e 99) al fine di impedirne un uso arbitrario. Tali criteri devono essere idonei a garantire l’esercizio non discriminatorio di tale potere e a consentire un controllo efficace (v., in tal senso, sentenza del 28 febbraio 2013, Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas, C-1/12, EU:C:2013:127, punto 99).
136 Inoltre, l’opzione di cui trattasi deve essere soggetta a norme procedurali trasparenti e non discriminatorie relative, in particolare, ai termini applicabili alla presentazione di una domanda di autorizzazione preventiva e all’adozione di una decisione in merito. A tal riguardo, i termini previsti non devono essere tali da svantaggiare le imprese potenzialmente concorrenti, impedendo loro di accedere effettivamente al mercato (v., per analogia, sentenza del 28 febbraio 2013, Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas, C-1/12, EU:C:2013:127, punti 86 e 92) e, in definitiva, da limitare la produzione, lo sviluppo di prodotti o servizi alternativi e l’innovazione.
144 Queste diverse caratteristiche specifiche consentono di concludere che è legittimo assoggettare l’organizzazione e lo svolgimento delle competizioni internazionali di calcio professionistico a norme comuni volte a garantire l’omogeneità e il coordinamento di tali competizioni nell’ambito di un calendario globale e, più in generale, a promuovere, in modo adeguato ed efficace, lo svolgimento di competizioni sportive fondate sulle pari opportunità e sul merito. È altresì legittimo garantire il rispetto di tali norme comuni mediante norme come quelle adottate dalla FIFA e dalla UEFA per quanto riguarda l’autorizzazione preventiva di tali competizioni e la partecipazione di club e giocatori ad esse.
145 Nei limiti in cui siffatte norme in materia di autorizzazione preventiva e di partecipazione sono, per tale ragione, legittime nel contesto specifico del calcio professionistico e delle attività economiche derivanti dalla pratica di tale sport, né l’adozione di tali norme né la loro applicazione possono, in linea di principio e in linea di principio, essere qualificate come «abuso di posizione dominante» (v., in particolare, per analogia, in materia di restrizione alla libera prestazione dei servizi, sentenza dell’11 aprile 2000, Deliège (C-51/96 e C-191/97, EU:C:2000:199, punto 64).
146 Lo stesso vale per le sanzioni accessorie inflitte a tali norme, in quanto tali sanzioni sono, in linea di principio, legittime al fine di garantirne l’effettività (v., in tal senso, sentenza del 18 luglio 2006, Meca-Medina e Majcen/Commissione, C-519/04 P, EU:C:2006:492, punto 44).
147 Per contro, nessuna delle caratteristiche specifiche del calcio professionistico consente l’adozione e, a fortiori, l’applicazione di norme in materia di autorizzazione preventiva e di partecipazione che, in generale, pur conferendo all’ente chiamato ad applicarle il potere di impedire l’ingresso sul mercato di un’impresa concorrente, non sono accompagnate da limiti, obblighi e controlli idonei ad escludere il rischio di abuso di posizione dominante e, più in particolare, che non siano soggetti a criteri sostanziali e a norme procedurali atte a garantirne la trasparenza, l’obiettività, la precisione e la non discriminazione. Si deve ritenere che tali norme violino l’articolo 102 TFUE, come risulta dai punti da 134 a 138 della presente sentenza.
148 Inoltre, in mancanza di criteri sostanziali e di norme procedurali che garantiscano la trasparenza, l’obiettività, la precisione, la non discriminazione e la proporzionalità delle sanzioni inflitte, tali sanzioni devono, per loro stessa natura, essere considerate in violazione dell’articolo 102 TFUE in quanto discrezionali. Una siffatta situazione rende impossibile verificare, in modo trasparente e obiettivo, se la sua applicazione in ciascun caso sia giustificata e proporzionata alla luce delle caratteristiche specifiche del progetto di competizione internazionale per club di cui trattasi.
151 A tal riguardo, occorre rilevare che, affinché le norme relative all’autorizzazione preventiva delle competizioni sportive e alla partecipazione a tali competizioni, come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, possano essere considerate soggette a criteri sostanziali trasparenti, oggettivi e precisi nonché a norme procedurali trasparenti e non discriminatorie che non ostacolino l’accesso effettivo al mercato, È necessario, in particolare, che tali criteri e norme siano stati resi noti, in forma accessibile, prima di qualsiasi applicazione di tali norme. Inoltre, affinché tali criteri e norme possano essere considerati non discriminatori, è necessario, tenuto conto, in particolare, del fatto che entità come la FIFA e la UEFA esercitano esse stesse attività economiche diverse sul mercato disciplinato dalle loro norme in materia di autorizzazione preventiva e di partecipazione, che esse non subordinino a requisiti l’organizzazione e la commercializzazione di competizioni terze, nonché la partecipazione di club e giocatori a tali competizioni che siano diverse da quelle applicabili ai concorsi organizzati e commercializzati dall’organo decisionale o, essendo identiche o simili, siano praticamente impossibili o eccessivamente difficili per un’impresa che non abbia lo stesso status di un’associazione o che non disponga degli stessi poteri di tale entità e che abbia la sua sede, di conseguenza, in una situazione diversa da questa. Infine, affinché le sanzioni inflitte in via accessoria rispetto a norme di previa autorizzazione e di partecipazione come quelle di cui trattasi nel procedimento principale non siano discrezionali, esse devono rispettare criteri che non solo devono essere trasparenti, oggettivi, precisi e non discriminatori, ma devono anche garantire che tali sanzioni siano determinate caso per caso, nel rispetto del principio di proporzionalità, tenendo conto, in particolare, della natura, della durata e della gravità dell’inadempimento accertato.
2. Sulla seconda questione, relativa all’interpretazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE in relazione alle norme relative all’autorizzazione preventiva delle competizioni calcistiche per club e alla partecipazione dei club e degli atleti a tali competizioni
176 Infine, se è vero che l’adozione di tali norme di autorizzazione preventiva può essere motivata dalla volontà di raggiungere taluni obiettivi legittimi, come quello di rispettare i principi, i valori e le regole del gioco propri del calcio professionistico, ciò non toglie che tali norme assoggettano gli organi che le hanno adottate a poteri di autorizzazione preventiva e di sanzione, nella loro qualità di associazioni di imprese, l’organizzazione e la commercializzazione di qualsiasi competizione calcistica internazionale diversa da quelle organizzate da questi due enti in parallelo, nell’ambito dell’esercizio di un’attività economica. Tali norme conferiscono quindi a tali entità il potere di autorizzare, controllare o condizionare l’accesso di qualsiasi impresa potenzialmente concorrenziale al mercato di cui trattasi, nonché il potere di determinare sia il grado di concorrenza che può esistere su tale mercato, sia le condizioni alle quali tale concorrenza può essere esercitata. Per tale ragione, tali norme consentono, se non di escludere da tale mercato qualsiasi impresa concorrente, anche se altrettanto efficiente, quantomeno di limitare l’ideazione e la commercializzazione di concorsi alternativi o nuovi alla luce della loro forma o del loro contenuto. In tal modo, consentono anche di privare le società e i giocatori di calcio professionistico di qualsiasi possibilità di partecipare a queste competizioni, anche se potrebbero, ad esempio, proporre un format innovativo nel rispetto di tutti i principi, i valori e le regole del gioco specifici di questo sport. In breve, queste regole possono comportare la privazione degli spettatori e dei telespettatori di qualsiasi opportunità offerta di assistere a queste competizioni o di guardare la loro trasmissione.
177 Inoltre, nei limiti in cui le norme relative all’autorizzazione preventiva delle competizioni calcistiche internazionali per club sono accompagnate da norme relative alla partecipazione delle società e dei calciatori professionistici a tali competizioni e alle sanzioni che possono essere sanzionate in tal senso, si deve aggiungere che è evidente che tali norme sono idonee a rafforzare l’obiettivo anticoncorrenziale inerente a qualsiasi meccanismo di autorizzazione preventiva che non comporti limiti, obblighi e controlli per garantirne la trasparenza, l’obiettività, la precisione e la non discriminazione. Tali norme rafforzano la barriera all’ingresso derivante da un siffatto meccanismo, impedendo a qualsiasi impresa che organizzi una competizione potenzialmente concorrenziale di utilizzare efficacemente le risorse disponibili sul mercato, vale a dire i club e i giocatori, in quanto questi ultimi sono esposti, in caso di partecipazione a una competizione che non ha ottenuto l’autorizzazione preventiva della FIFA e della UEFA, sanzioni che, come rilevato al punto 148 della presente sentenza, non sono soggette ad alcun criterio sostanziale o norma procedurale atta a garantirne la trasparenza, l’obiettività, la precisione, la non discriminazione e la proporzionalità.
178 Per tutti questi motivi, si deve constatare che, qualora non siano soggette a criteri sostanziali e a norme procedurali idonei a garantirne la trasparenza, l’obiettività, la precisione, la non discriminazione e la proporzione, come ricordato al punto 151 della presente sentenza, le norme in materia di autorizzazione preventiva, di partecipazione e di sanzioni, come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, presentino, Per loro stessa natura, esse presentano un grado sufficiente di dannosità per la concorrenza e, per tale ragione, mirano ad impedire la concorrenza. Di conseguenza, esse rientrano nell’ambito di applicazione del divieto di cui all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, senza che sia necessario esaminarne gli effetti reali o potenziali.
3. Sulla terza questione, relativa all’interpretazione degli articoli 101, paragrafo 1, TFUE e 102 TFUE in relazione a comportamenti consistenti nella minaccia di sanzioni nei confronti di società e sportivi che partecipano a competizioni non autorizzate
180 Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 101, paragrafo 1, TFUE e 102 TFUE debbano essere interpretati nel senso che costituisce una decisione anticoncorrenziale di un’associazione di imprese o un abuso di posizione dominante il fatto che entità come la FIFA e l’UEFA annuncino pubblicamente l’irrogazione di sanzioni alle società calcistiche professionistiche e ai giocatori che partecipare a una competizione calcistica per club che non ha ottenuto la loro autorizzazione preventiva, qualora tali sanzioni non siano soggette a criteri sostanziali e norme procedurali per garantire che siano trasparenti, obiettive, non discriminatorie e proporzionate.
181 Alla luce delle risposte fornite alle due questioni precedenti e, in particolare, delle considerazioni esposte ai punti 148 e 177 della presente sentenza, dalle quali risulta che tale annuncio pubblico costituisce l’applicazione di norme che violano sia l’articolo 102 sia l’articolo 101 TFUE, paragrafo 1, e che, di conseguenza, un siffatto annuncio rientra anche nell’ambito di applicazione dei divieti previsti da queste due disposizioni, non occorre rispondere autonomamente alla presente questione.
4. Sulla quinta questione, relativa alla possibilità di giustificare norme relative all’autorizzazione preventiva delle competizioni e alla partecipazione delle società e degli atleti a tali competizioni
201 Conformemente all’articolo 101, paragrafo 3, TFUE, dalla giurisprudenza della Corte relativa all’articolo 102 TFUE risulta che un’impresa in posizione dominante può giustificare un comportamento che può rientrare nell’ambito di applicazione del divieto di cui all’articolo 102 TFUE (sentenze del 27 marzo 2012, Post Danmark (C-209/10, EU:C:2012:172, punto 40), e del 12 maggio 2022, Servizio Elettrico Nazionale e a. (C-377/20, EU:C:2022:379, punto 46).
202 In particolare, tale impresa può dimostrare, a tal fine, o che il suo comportamento è oggettivamente necessario o che l’effetto preclusivo di tale comportamento può essere compensato, o addirittura superato, da incrementi di efficienza di cui beneficiano anche i consumatori (sentenze del 27 marzo 2012, Post Danmark, C-209/10, EU:C:2012:172, punto 41, nonché del 12 maggio 2022, Servizio Elettrico Nazionale e a. (C-377/20, EU:C:2022:379, punti 46 e 86).
203 Per quanto riguarda la prima di tali alternative, dal punto 147 della presente sentenza risulta che l’adozione, da parte della FIFA e della UEFA, di norme discrezionali per l’autorizzazione preventiva delle competizioni calcistiche internazionali per club, per il controllo della partecipazione dei club e dei giocatori a tali competizioni e per le sanzioni non può in ogni caso essere considerata come Proprio a causa di tale carattere discrezionale, obiettivamente giustificato da esigenze di natura tecnica o commerciale, come potrebbe verificarsi, invece, se tali norme fossero soggette a criteri sostanziali e a norme procedurali conformi ai requisiti di trasparenza, chiarezza, precisione, neutralità e proporzionalità necessari in tale settore. Di conseguenza, si deve ritenere che tali norme, controlli e sanzioni mirino oggettivamente a riservare a tali enti l’organizzazione di una siffatta concorrenza, con il rischio di eliminare qualsiasi concorrenza da parte di un’impresa terza, cosicché un siffatto comportamento costituisce un abuso di posizione dominante vietato dall’articolo 102 TFUE e non giustificato da un’esigenza oggettiva.
204 Per quanto riguarda la seconda di tali alternative, spetta all’impresa in posizione dominante dimostrare, in primo luogo, che il suo comportamento comporta incrementi di efficienza, dimostrando la realtà e l’entità di tali incrementi; in secondo luogo, che tali incrementi di efficienza neutralizzino i probabili effetti dannosi di tali comportamenti sulla concorrenza e sugli interessi dei consumatori sul mercato o sui mercati interessati; in terzo luogo, che un siffatto comportamento è indispensabile per realizzare tali incrementi di efficienza e, in quarto luogo, che esso non elimina la concorrenza effettiva eliminando la totalità o la maggior parte delle fonti esistenti di concorrenza effettiva o potenziale (v., in tal senso, sentenza del 27 marzo 2012, Post Danmark, C-209/10, EU:C:2012:172, punto 42).
204 Per quanto riguarda la seconda di tali alternative, spetta all’impresa in posizione dominante dimostrare, in primo luogo, che il suo comportamento comporta incrementi di efficienza, dimostrando la realtà e l’entità di tali incrementi; in secondo luogo, che tali incrementi di efficienza neutralizzino i probabili effetti dannosi di tali comportamenti sulla concorrenza e sugli interessi dei consumatori sul mercato o sui mercati interessati; in terzo luogo, che un siffatto comportamento è indispensabile per realizzare tali incrementi di efficienza e, in quarto luogo, che esso non elimina la concorrenza effettiva eliminando la totalità o la maggior parte delle fonti esistenti di concorrenza effettiva o potenziale (v., in tal senso, sentenza del 27 marzo 2012, Post Danmark, C-209/10, EU:C:2012:172, punto 42).
205 Come nel caso dell’eccezione di cui all’articolo 101, paragrafo 3, TFUE, tale giustificazione richiede che l’impresa che la invoca dimostri, mediante argomenti e prove convincenti, che sono soddisfatte tutte le condizioni necessarie per invocarla.
206 Nel caso di specie, spetta al giudice del rinvio pronunciarsi sulla questione se la normativa di cui trattasi nel procedimento principale soddisfi tutte le condizioni necessarie per essere considerata giustificata alla luce dell’articolo 102 TFUE, dopo aver dato alle parti la possibilità di soddisfare il loro onere della prova, come ricordato al punto 191 della presente sentenza.
207 Ciò premesso, per quanto riguarda la quarta di tali condizioni, applicabili sia nell’ambito dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE sia nell’ambito dell’articolo 102 TFUE, occorre rilevare che, tenuto conto della natura di tali norme, che subordinano l’organizzazione e la commercializzazione di qualsiasi competizione calcistica per club nel territorio dell’Unione alla previa autorizzazione della FIFA e dell’Unione, dell’Unione e dell’Unione. Si deve ritenere che l’UEFA, senza che tale potere sia soggetto a criteri sostanziali e procedurali adeguati, e che la posizione dominante, se non addirittura monopolistica, che queste due entità occupano sul mercato di cui trattasi, come rilevato dal giudice del rinvio, dia a tali entità la possibilità di impedire qualsiasi concorrenza su tale mercato, come indicato supra al punto 199.
208 Occorre altresì ricordare che la circostanza che una delle quattro condizioni cumulative menzionate ai punti 190 e 204 della presente sentenza non sia soddisfatta è sufficiente per evitare che una normativa come quella di cui trattasi nel procedimento principale possa beneficiare dell’eccezione prevista dall’articolo 101, paragrafo 3, TFUE o essere considerata giustificata alla luce dell’articolo 102 TFUE.
5. Sulla quarta questione, relativa all’interpretazione degli articoli 101 e 102 TFUE in relazione alle norme relative ai diritti derivanti dalle competizioni sportive
220 Orbene, norme come quelle contenute negli articoli 67 e 68 dello statuto della FIFA riservano a tale associazione, in termini chiari e precisi, il potere esclusivo di determinare, mediante regolamento, le condizioni di sfruttamento e di utilizzo, da parte propria o di terzi, di tali diritti. Inoltre, tali norme riservano alla FIFA e alla UEFA il diritto esclusivo di autorizzare la trasmissione di partite ed eventi, compresi quelli relativi alle competizioni calcistiche per club, su supporti audiovisivi o di altro tipo, senza restrizioni per quanto riguarda il luogo, il contenuto, il tempo o gli aspetti tecnici.
221 Inoltre, poiché tali norme prevedono, in termini altrettanto inequivocabili, tali competenze possono essere esercitate per tutti questi diritti, siano essi diritti patrimoniali, diritti di registrazione, di riproduzione e di diffusione audiovisiva, diritti multimediali, diritti di promozione e di commercializzazione o diritti di proprietà intellettuale.
222 Pertanto, tali norme consentono alla FIFA e alla UEFA di controllare integralmente la prestazione dei diritti derivanti dalle competizioni per club da esse organizzate e, di conseguenza, di impedire qualsiasi concorrenza da parte delle società di calcio professionistiche per quanto riguarda i diritti relativi alle partite alle quali esse partecipano. Dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che tale modalità di funzionamento concorrenziale del mercato non è affatto teorica, ma, al contrario, reale e concreta e che, ad esempio, è esistita fino al 2015 in Spagna, per quanto riguarda i diritti audiovisivi connessi alle competizioni organizzate dalla federazione calcistica nazionale di cui trattasi.
223 Per quanto riguarda, infine, il contesto economico e giuridico in cui si inserisce la normativa di cui trattasi nel procedimento principale, occorre rilevare, in primo luogo, che i diversi diritti che possono derivare dalle competizioni calcistiche professionistiche per club costituiscono la principale fonte di introiti che tali competizioni possono generare, in particolare per la FIFA e la UEFA, in qualità di organizzatori delle competizioni, nonché per le società calcistiche professionistiche, senza la cui partecipazione tali competizioni non potrebbero essere disputate. Tali diritti costituiscono quindi il fulcro dell’attività economica che tali concorsi danno luogo e la loro vendita è quindi intrinsecamente legata all’organizzazione di tali concorsi.
224 In tal senso, il monopolio che le norme di cui trattasi nel procedimento principale conferiscono all’organismo che le ha adottate, vale a dire la FIFA e la UEFA, per quanto riguarda lo sfruttamento e la commercializzazione dei diritti, si combina con il controllo assoluto di cui tali organismi dispongono sull’organizzazione e sulla commercializzazione delle competizioni. in forza delle norme oggetto delle prime tre questioni sollevate dal giudice del rinvio, e rafforza la portata giuridica, economica e pratica di tali norme.
225 In secondo luogo, indipendentemente dall’attività economica da essi esercitata, i diritti di cui trattasi nel procedimento principale, considerati di per sé, costituiscono un elemento essenziale del sistema di concorrenza non falsata che i Trattati UE e FUE mirano ad instaurare e a mantenere, come già dichiarato dalla Corte a proposito dei diritti di marchio detenuti dalle società calcistiche professionistiche (v., in particolare, in tal senso, sentenza del 12 novembre 2002, Arsenal Football Club (C-206/01, EU:C:2002:651, punti 47 e 48). Essi costituiscono diritti, giuridicamente tutelati e dotati di un valore economico proprio, di sfruttare commercialmente in varie forme un prodotto o un servizio preesistente, in questo caso una partita o una serie di partite in cui un determinato club viene contrapposto a uno o più altri club.
226 Si tratta quindi di un parametro di competenza che la normativa di cui trattasi nel procedimento principale sottrae al controllo delle società calcistiche professionistiche che partecipano alle competizioni per club organizzate dalla FIFA e dalla UEFA.
227 In terzo luogo, a differenza dell’organizzazione di competizioni calcistiche per club in quanto tali, un’attività economica di natura «orizzontale» in cui sono coinvolte solo le entità o le imprese che sono gli organizzatori effettivi o potenziali di tali competizioni, la commercializzazione dei diversi diritti derivanti da tali competizioni ha carattere «verticale» nella misura in cui gli stessi soggetti o imprese sono coinvolti, dal lato dell’offerta, e, dal lato della domanda, le imprese che intendono acquisire tali diritti, al fine di rivenderli alle emittenti televisive e ad altri fornitori di servizi di comunicazione (commerciale) o di ritrasmettere essi stessi le partite attraverso reti di comunicazione elettronica e mezzi diversi, come la televisione lineare o on-demand, la radio, Internet, i terminali di telefonia mobile e altri media emergenti. Allo stesso modo, questi diversi organismi di radiodiffusione possono vendere spazio o tempo a società che operano in altri settori economici, per scopi pubblicitari o di sponsorizzazione, in modo che possano collocare i loro prodotti o servizi durante la diffusione dei concorsi.
228 Pertanto, una normativa come quella di cui trattasi nel procedimento principale, tenuto conto del suo contenuto, degli obiettivi che essa persegue oggettivamente in materia di concorrenza e del contesto economico e giuridico in cui si inserisce, è idonea non solo ad impedire qualsiasi concorrenza tra le società calcistiche professionistiche affiliate alle federazioni calcistiche nazionali affiliate alla FIFA e alla UEFA, ma anche tra le federazioni calcistiche nazionali nell’ambito della commercializzazione dei diversi diritti derivanti dalle parti alle quali esse partecipano, ma anche per incidere sul funzionamento della concorrenza a danno di imprese terze che operano in un insieme di mercati dei media situati ad un livello inferiore di tale commercializzazione, a danno dei consumatori e dei telespettatori.
229 In particolare, tali norme consentono alle due entità alle quali conferiscono un monopolio in tale settore, sotto forma di controllo totale dell’offerta, di esigere prezzi di vendita eccessivi e, di conseguenza, abusivi (v., in tal senso, sentenze 14 febbraio 1978, United Brands e United Brands Continentaal/Commissione, 27/76, EU:C:1978:22, punto 250, nonché dell’11 dicembre 2008, Kanal 5 e TV 4, C-52/07, EU:C:2008:703, punti 28 e 29), nei confronti dei quali gli acquirenti effettivi o potenziali di diritti dispongono a priori di un potere contrattuale limitato, tenuto conto della posizione fondamentale e ineludibile occupata dalle competizioni e dalle partite di calcio professionistico per club, come prodotti di appeal in grado di attrarre e fidelizzare un vasto pubblico durante tutto l’anno, all’interno del catalogo di programmi e trasmissioni che i broadcaster possono offrire ai propri clienti e, più in generale, ai telespettatori. Inoltre, obbligando tutti gli acquirenti effettivi e potenziali di diritti a rifornirsi tramite due venditori, ciascuno dei quali gode di un’immagine e di una reputazione molto forti e propone un catalogo di prodotti che esclude qualsiasi offerta alternativa, tali norme possono indurre tali acquirenti effettivi o potenziali a uniformare il loro comportamento sul mercato e l’offerta che propongono ai propri clienti e possono dar luogo, in particolare, a Di conseguenza, a una riduzione della scelta e dell’innovazione a scapito dei consumatori e dei telespettatori.
232 Ciò premesso, occorre rilevare, anzitutto, che, dinanzi alla Corte, i convenuti nel procedimento principale, vari governi e la Commissione hanno sostenuto che tali norme consentono di realizzare incrementi di efficienza, in quanto contribuiscono a migliorare sia la produzione che la distribuzione. Consentendo agli acquirenti effettivi o potenziali di negoziare l’acquisto dei diritti con due venditori esclusivi prima dello svolgimento di ciascuna delle competizioni internazionali o europee organizzate da questi ultimi, tali norme riducono significativamente i loro costi operativi e l’incertezza che si troverebbero ad affrontare se dovessero negoziare caso per caso con i club partecipanti, le cui rispettive posizioni e interessi potrebbero divergere per quanto riguarda la commercializzazione di tali diritti. Inoltre, e in via principale, tali norme consentono a tali acquirenti, effettivi o potenziali, di accedere, a condizioni specifiche e applicate in modo coerente a livello internazionale o europeo, a diritti incomparabilmente più attraenti di quelli che potrebbero essere loro offerti congiuntamente dai club partecipanti a una determinata partita, dato che tali diritti godono della notorietà della FIFA o della UEFA e mirano, se non la totalità di una qualsiasi delle competizioni organizzate da tali soggetti, almeno una serie coerente di partite programmate nelle diverse fasi di tale competizione (partite di qualificazione, partite della fase a gironi e fase finale).
233 Tuttavia, spetta al giudice del rinvio, alla luce degli argomenti e degli elementi di prova dedotti dalle parti nel procedimento principale, determinare l’entità di tali incrementi di efficienza e, qualora sia dimostrato che essi sono reali e da realizzare, pronunciarsi sulla questione se tali incrementi di efficienza consentano di compensare il danno causato alla concorrenza dalla normativa di cui trattasi nel procedimento principale.
234 In secondo luogo, le convenute nel procedimento principale, vari governi e la Commissione hanno sostenuto che una congrua parte del vantaggio che sembra derivare dagli incrementi di efficienza generati dalla normativa di cui trattasi nel procedimento principale è riservata agli utenti. Così, esse hanno sostenuto, in sostanza, che l’utile ottenuto dalla vendita centralizzata dei diversi diritti derivanti dalle competizioni calcistiche per club organizzate dalla FIFA e dalla UEFA è utilizzato, in misura significativa, per finanziamenti o progetti volti a garantire una certa forma di ridistribuzione solidale all’interno del calcio, a vantaggio non solo delle società calcistiche professionistiche partecipanti a tali competizioni, ma anche delle società calcistiche professionistiche partecipanti a tali competizioni. ma anche società che non vi partecipano, società dilettantistiche, calciatrici professionistiche, calcio femminile, giovani calciatrici e altre categorie di stakeholder calcistici. Esse hanno inoltre sostenuto che il miglioramento della produzione e della distribuzione risultante da tale vendita centralizzata e la ridistribuzione congiunta degli utili che tale vendita consente di generare vanno a vantaggio in definitiva dei tifosi, dei consumatori telespettatori e, più in generale, di tutti i cittadini dell’Unione che praticano il calcio a livello amatoriale.
235 Tali argomenti appaiono a prima vista convincenti, tenuto conto delle caratteristiche essenziali delle competizioni calcistiche per club organizzate a livello mondiale o europeo. Il buon funzionamento, la continuità e il successo di tali competizioni si fondano sul mantenimento di un equilibrio e sulla salvaguardia di una certa parità di opportunità tra le società calcistiche professionistiche che vi partecipano, tenuto conto dell’interdipendenza tra di esse, come risulta dal punto 143 della presente sentenza. Inoltre, queste competizioni dipendono da società calcistiche professionistiche più piccole e da squadre di calcio dilettantistiche che, pur non partecipandovi, investono a livello locale per trovare e sviluppare giovani giocatori di talento, alcuni dei quali diventeranno professionisti e avranno la possibilità di entrare a far parte di un club che partecipa a tali competizioni (v., in particolare, in tal senso, sentenza del 16 marzo 2010, Olympique Lyonnais (C-325/08, EU:C:2010:143, punti da 41 a 45). Infine, il funzionamento solidale del calcio, a condizione che sia reale, consente di consolidare la funzione educativa e sociale che gli è attribuita nell’Unione.
236 Ciò premesso, il vantaggio che la vendita centralizzata dei diritti derivanti dalle competizioni calcistiche per club genera per ciascuna categoria di utenti, comprendente non solo le società professionistiche e dilettantistiche e gli altri gruppi di interesse calcistico, ma anche gli spettatori e i telespettatori, deve essere dimostrato in modo reale e concreto.
237 Di conseguenza, spetta in definitiva al giudice del rinvio stabilire, alla luce degli elementi di prova, in particolare di natura contabile ed economica, prodotti dalle parti nel procedimento principale, in quale misura gli argomenti di cui trattasi, se essi riguardino una solidarietà «orizzontale» tra i club partecipanti a tali competizioni o una solidarietà «verticale» con gli altri diversi gruppi di interesse calcistici, Esse corrispondono alla realtà della normativa di cui trattasi nel procedimento principale.
238 In terzo luogo, spetta altresì al giudice del rinvio verificare, alla luce degli elementi di prova prodotti dalle parti nel procedimento principale, se la normativa di cui trattasi nel procedimento principale sia indispensabile per realizzare gli incrementi di efficienza summenzionati e per garantire la ridistribuzione solidale di una congrua parte degli utili che esse generano tra tutti gli utenti, che si tratti di stakeholder del calcio professionistico o amatoriale o di spettatori o telespettatori.
239 Per quanto riguarda, in quarto luogo, la questione se la normativa controversa consenta il mantenimento di una concorrenza effettiva per una parte sostanziale dei prodotti o dei servizi interessati, occorre rilevare che, pur eliminando qualsiasi concorrenza sul lato dell’offerta, essa non sembra, di per sé, eliminare la concorrenza sul lato della domanda. Sebbene possano comportare che gli acquirenti effettivi o potenziali debbano pagare un prezzo più elevato per l’acquisizione dei diritti e, di conseguenza, una riduzione del numero di acquirenti che hanno la capacità di acquisirli – o un favore per il loro raggruppamento – tali norme consentono, a loro volta, a tali acquirenti di avere accesso a un prodotto più attraente sia in termini di contenuto che di immagine. e che è soggetta a una forte concorrenza a causa del posto prevalente che occupa nel catalogo dei programmi o delle trasmissioni che possono essere offerti ai clienti e, più in generale, ai telespettatori.
240 Tuttavia, l’effettività e la portata di tale competenza possono essere valutate dal giudice del rinvio solo tenendo conto delle condizioni giuridiche ed economiche concrete in cui la FIFA disciplina lo sfruttamento e la commercializzazione dei diversi diritti (audiovisivi, multimediali, di commercializzazione o di altro tipo) derivanti dai concorsi. sulla base degli articoli 67 e 68 del suo statuto. In assenza di concorrenza tra i venditori e, di conseguenza, «per i prodotti», tale concorrenza può essere realizzata, in particolare, mediante una procedura d’asta, di selezione o di gara aperta, trasparente e non discriminatoria, che si traduca in un processo decisionale imparziale e consenta quindi agli acquirenti effettivi o potenziali di esercitare una concorrenza effettiva e non falsata «per i prodotti». Tale competenza può dipendere anche dal periodo di tempo durante il quale tali diritti sono offerti, dal loro carattere esclusivo o non esclusivo, dalla loro portata geografica, dal numero di partite (lotti) e dal tipo di partite (partite di qualificazione, partite della fase a gironi o partite a eliminazione diretta) di cui consentono la diffusione, nonché da tutte le altre condizioni giuridiche, diritti tecnici ed economici in base ai quali tali diritti possono essere acquisiti. Al di là di questi parametri giuridici, la concorrenza può dipendere anche dal numero di acquirenti effettivi o potenziali, dalle rispettive posizioni di mercato e dai legami che possono esistere sia tra di loro che con altri portatori di interessi calcistici, come le società di calcio professionistiche, altre società o anche la FIFA e la UEFA stesse.
C – Sulla sesta questione, relativa alle libertà di circolazione
247 L’articolo 56 TFUE, che prevede la libera prestazione dei servizi a vantaggio sia dei prestatori sia dei destinatari di tali servizi, osta a qualsiasi misura che, anche se applicabile indistintamente, possa ostacolare l’esercizio di tale libertà, vietando, ostacolando o rendendo meno attraente l’attività di tali prestatori in Stati membri diversi da quelli in cui sono stabiliti (v., in tal senso, in tal senso, sentenze dell’8 settembre 2009, Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin International (C-42/07, EU:C:2009:519, punto 51), e del 3 marzo 2020, Google Ireland (C-482/18, EU:C:2020:141, punti 25 e 26).
248 Nel caso di specie, ciò si verifica per quanto riguarda la normativa di cui trattasi nel procedimento principale. Poiché, secondo le indicazioni del giudice del rinvio, tali norme non sono soggette a criteri sostanziali e a norme procedurali idonee a garantirne la trasparenza, l’obiettività, la non discriminazione e la proporzione, esse consentono alla FIFA e alla UEFA di controllare discrezionalmente la possibilità per qualsiasi impresa terza di organizzare e commercializzare competizioni calcistiche per club nel territorio dell’Unione, la possibilità per qualsiasi società calcistica professionistica di partecipare a tali competizioni e, come effetto collaterale, la possibilità per qualsiasi altra impresa di fornire servizi connessi all’organizzazione o alla commercializzazione di tali competizioni, come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale ai paragrafi 175 e 176 delle sue conclusioni.
249 Pertanto, tali norme non mirano soltanto ad ostacolare o a rendere meno interessanti le diverse attività economiche di cui trattasi, ma piuttosto a prevenirle limitando l’accesso a tali attività (v., per analogia, sentenze del Tribunale di primo grado del 10 marzo 2009, Hartlauer, C-169/07, EU:C:2009:141, punto 34, e dell’8 giugno 2023, Prestige e Limousine, C-50/21, EU:C:2023:448, punto 62).
250 Ne consegue che siffatte norme costituiscono un ostacolo alla libera prestazione dei servizi di cui all’articolo 56 TFUE.
La terza questione: le liste UEFA che impongono l’inserimento dei giocatori formati localmente.
Sentenza integrale: Link
Nella medesima giornata, 21 dicembre 2023, la CGUE si è espressa anche su un altro regolamento UEFA, quello che disciplina le liste di giocatori da presentare nelle competizioni europee.
Nella vertenza C-680/21, un calciatore e un club belga hanno contestato le regole della UEFA e quelle della federazione calcistica belga che richiedono un numero minimo di “giocatori autoctoni” da includere nelle squadre. La Corte ritiene che tale requisito potrebbe violare sia le regole della concorrenza sia la libera circolazione dei lavoratori. Tuttavia, il giudice nazionale incaricato del caso dovrà verificare se, applicando i principi UE, sia effettivamente così.
Nella sua sentenza, la Corte conferma, in primo luogo, che le norme dell’UEFA e dell’URBSFA rientrano nel diritto dell’Unione, poiché riguardano l’esercizio di un’attività economica e professionale. Devono quindi rispettare le regole della concorrenza e la libertà di circolazione.
Per quanto riguarda le regole della concorrenza, la Corte ritiene poi che la normativa relativa ai giocatori di talento possa avere per oggetto o per effetto la restrizione della possibilità per le società di competere tra loro reclutando giocatori di talento, indipendentemente dal luogo in cui sono stati formati. Il calcio di alto livello è un settore dove talento e merito giocano un ruolo fondamentale. Spetterà tuttavia al giudice nazionale valutare se tali norme restringano la concorrenza a causa del loro stesso oggetto o dei loro effetti reali o potenziali. Se così fosse, l’UEFA e l’URBSFA continuerebbero comunque a poter dimostrare che tali norme possono essere giustificate alle condizioni richiamate dalla Corte nella sua sentenza.
Per quanto riguardala libera circolazione dei lavoratori, la Corte ritiene che la normativa in questione può dar luogo a discriminazione indiretta, basata sulla nazionalità, contro giocatori provenienti da altri Stati membri. Anche in questo caso, tuttavia, la UEFA e l’URBSFA possono dimostrare che tali norme incentivano comunque l’assunzione e la formazione e che sono proporzionate a tale obiettivo.
In questa vertenza, dunque, sebbene vi sia stata una censura “potenziale” da parte della CGUE (una sorta di “avvertimento”) tutto è rimandato alla decisione che, nel merito, sarà pronunciata dal Tribunale belga nel 2024.
Conclusioni
Avvocato, cosa accadrà adesso? Domanda alla quale non è facile dare una risposta perché i riflessi delle decisioni della CGUE sono molteplici e non facilmente prevedibili. Tuttavia, il pregio di questi precedenti è chiaro: aver fornito una solida base legale a chiunque voglia fare concorrenza ai regolatori del mondo dello sport. Infatti, prima del 21 dicembre 2023 chiunque poteva essere sanzionato non solo all’esterno dei Tribunali comunitari, ma anche sulla base di regole che le Federazioni ritenevano legittime.
E invece la CGUE non solo ha affermato che club e atleti devono avere accesso ai Tribunali comunitari, quindi che gli enti regolatori non possono sottrarsi alla giurisdizione europea relegandosi nel “bunker svizzero” e obbligando i membri delle associazioni a rivolgersi esclusivamente al TAS/CAS di Losanna.
La CGUE ha affermato, inoltre, che le attuali regole di approvazione, incluse quelle UEFA del 2022 (in base a quello che avete potuto leggere sopra), sono illegittime in quanto contrarie al diritto antitrust UE. Ciò vuol dire che se gli enti regolatori non provvederanno a cambiare queste regole, eliminando tutti i contrasti col diritto UE (e ce ne sono diversi), le loro decisioni saranno del tutto illegittime perché fondate su regole incompatibili col diritto comunitario. E’ bene ricordare che qualsiasi norma interna in contrasto col diritto UE va disapplicata: “la disapplicazione della norma nazionale confliggente con il diritto dell’unione europea, a maggior ragione se tale contrasto sia stato accertato dalla Corte di Giustizia UE, costituisce un obbligo per lo stato membro in tutte le sue articolazioni”. E ancora: «L’ordinamento giuridico statale riconosce e favorisce l’autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale. Ciò, tuttavia, comporta che all’ordinamento sportivo sia riservata sì autonomia, ma solo in tema di osservanza e applicazione delle regole tecniche […]» (da ultimo Cass. civ., sez. unite, sen., 2 febbraio 2022, n. 3101).
Come già rilevato dall’AGCM anche sulla base della giurisprudenza europea in materia, la regolamentazione da parte di una Federazione Sportiva delle attività economiche che gravitano nel mondo dello sport è pienamente soggetta allo scrutinio antitrust (Cfr. ad esempio provv. AGCM n. 27947, A378E – FEDERITALIA/FEDERAZIONE ITALIANA SPORT EQUESTRI (FISE) in Boll. n. 42/2019, nonché Indagine conoscitiva IC/27 del 2007 nel settore del calcio professionistico). Secondo quanto affermato dalla Corte di Giustizia europea, “la circostanza che un’attività economica sia attinente allo sport non osta all’applicazione delle regole del Trattato, tra cui quelle che disciplinano il diritto della concorrenza” (Cfr. la sentenza MOTOE/Stato Ellenico, causa C-49/07). Le restrizioni eventualmente derivanti dalla regolamentazione sportiva, quindi, devono essere valutate in base al contesto nel quale sono state introdotte e agli obiettivi perseguiti e, in ogni caso, non possono eccedere quanto strettamente necessario e proporzionato a garantirne il coordinamento con le attività sportive cui sono connesse, al solo fine di preservare il buon andamento di queste ultime (Cfr. Corte di Giustizia dell’Unione europea, Meca Medina e Majcen, e da ultimo vertenza ISU).
L’ordinamento sportivo italiano, quindi, fatta eccezione per le regole squisitamente tecniche, non può sottrarsi al rispetto del diritto comunitario.
La prima conseguenza è che se un club o un atleta venisse sanzionato con l’esclusione dal campionato, dalle coppe o dalla nazionale come conseguenza dell’adesione a un torneo alternativo rinnegato dalla UEFA, questa decisione potrebbe essere impugnata prima di tutto davanti ai Tribunali sportivi, poi dinanzi al Garante Antitrust (in Italia la competenza è dell’AGCM) e infine nei Tribunali ordinari per chiedere un risarcimento del danno milionario. Ovviamente sarà eventualmente possibile ricorrere anche al CAS ma con la consapevolezza che, in questo caso, la vertenza non solo non verrà giudicata obbligatoriamente in base al diritto comunitario ma non raggiungerà mai gli uffici della CGUE.
Nel caso dell’ordinamento federale italiano, allo stato attuale è presente una norma anti-Superlega che impedisce a qualsiasi club italiano di partecipare a competizioni non riconosciute dalla UEFA. Attenzione: è un divieto di fatto, quindi non esiste nemmeno una parvenza di regolamento di approvazione.
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Già nel 2021 sollevavo fortissimi dubbi sulla compatibilità di quell’articolo col diritto comunitario e la decisione odierna della CGUE ha confermato appieno le mie perplessità. Dunque, se la FIGC non eliminerà spontaneamente l’art. 16 delle NOIF, introducendo un procedimento di approvazione ben diverso da quello già realizzato dalla UEFA (quindi trasparente, obiettivo, non discriminatorio e proporzionale), il rischio è quello di un’apertura di un procedimento dinanzi al Garante AGCM e, nella ipotesi di revoca dell’affiliazione nei confronti di un club, apertura di un contenzioso prima dinanzi ai Tribunali sportivi italiani e poi in sede ordinaria per un gigantesco risarcimento del danno. Discorso analogo negli altri campionati e nazioni europee.
Per quanto riguarda le squadre inglesi, invece, molti commentatori hanno frettolosamente archiviato la questione dicendo: “post Brexit non sono soggetti al diritto UE, questa decisione non li tocca”. Seppur formalmente vero, anche l’Inghilterra possiede un ente antitrust (la CMA, recentemente conosciuta dal pubblico nella disputa Microsoft-Activision). Ebbene, il diritto antitrust inglese fino ad oggi è letteralmente permeato dai medesimi principi del diritto antitrust comunitario. Quindi allo stato attuale una violazione della concorrenza effettuata in territorio UE con molta probabilità sarà effettuata anche in territorio inglese. Ad affermarlo, però, dovrà essere l’antitrust e le tempistiche di questa evoluzione sono impronosticabili. Peraltro, anche un eventuale intervento legislativo da parte del governo inglese, dovrà essere rispettoso della cornice antitrust già presente e l’orientamento del Garante non può essere cambiato spingendo un interruttore.
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Considerati gli aspetti menzionati fino ad ora, possiamo affermare che la Superlega ha ottenuto un fondamentale successo in battaglia ma la guerra è ancora lontana dall’essere vinta. Anche perché molte squadre sono tutt’oggi intimorite dalle reazioni di FIFA e UEFA. La decisione della CGUE dovrà essere metabolizzata, compresa da tutti e, soprattutto, la società A22 dovrà fare in modo di porsi come interlocutore credibile, cambiando approccio rispetto al primo tentativo che fu lanciato col “favore delle tenebre”. La presentazione del nuovo torneo va nella direzione di un netto miglioramento, visto che sembra rispettare i principi solidaristici e meritocratici del calcio europeo.
A mio modo di vedere è altamente probabile che, almeno in una fase iniziale, la Superlega diventi una competizione separatista (come successo nel basket) con alcuni club che decideranno di giocare la nuova competizione a discapito dei tornei UEFA. Sarà importante, inoltre, che la A22 fornisca assistenza legale a tutti i partecipanti (club e giocatori) che potrebbero subire ritorsioni sanzionatorie da parte di FIFA e UEFA. Questi dettagli, così come i possibili incassi (che potrebbero far cambiare idea a molte squadre) probabilmente li scopriremo nei prossimi mesi.
La soluzione definitiva arriverà solo tra diverso tempo e passerà attraverso altre pronunce di Garanti antitrust e Tribunali locali, che dovranno adeguarsi agli storici precedenti della Corte di Giustizia Europea. L’auspicio è che possa prevalere il dialogo nel rispetto dei principi comunitari, così da anticipare i tempi ed evitare di ingolfare le aule di giustizia.
Anche perché, ormai, l’aula più importante si è già pronunciata, spalancando le porte non alla vecchia Superlega ma alla concorrenza che FIFA e UEFA non hanno mai avuto e che d’ora in poi, obtorto collo, dovranno accettare.
Avv. Felice Raimondo
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