Il “ne bis in idem” è un principio di diritto che letteralmente si traduce <non due volte sulla stessa cosa> ed esprime un concetto in base al quale una persona non può essere giudicata due volte per lo stesso fatto.
Rappresenta prima di tutto un principio di equità ed è un caposaldo di tutti i moderni ordinamenti giuridici. Ma per quale motivo il ne bis in idem può semplificare i rapporti futuri tra AC Milan e UEFA? Scopriamolo insieme:
Capitoli:
- Il monitoraggio a ritroso della UEFA.
- Il principio del ne bis in idem applicato al calcio: precedenti dinanzi al CAS e alla Suprema Corte Federale Svizzera.
- L’applicazione del precedente al caso del Milan.
- Come verrebbe monitorato il club rossonero.
- Le sanzioni cucite “su misura”.
Il monitoraggio a ritroso della UEFA.
Il Fair Play Finanziario, com’è noto, rappresenta un corpus normativo varato dalla UEFA per morigerare i deficit dei club. Semplificando il concetto, giacché in questa sede ci occuperemo di altro, questo sistema prevede che la CFCB – ossia l’Organo di Controllo Finanziario per Club – ogni anno monitori a ritroso i bilanci delle società per valutare se, nel triennio precedente (rispetto alla generale regola di pareggio) sia stata sforata la deviazione massima accettabile, pari a 30M se coperta da ricapitalizzazioni del proprietario.

Se un club non rispetta tale deviazione massima, viene deferito dalla Camera Investigativa e sanzionato dalla Camera Giudicante per aver violato nel triennio precedente (c.d. monitoring period) la break-even rule. Ciò detto, fino ad oggi non è mai capitato che un club violasse le regole del FFP per più anni consecutivi. Il problema non è indifferente, giacché il meccanismo creato dalla UEFA, com’è possibile anche constatare dall’immagine qui sopra, monitora più volte gli stessi bilanci.
E fintanto che li monitora, nulla quaestio. Il problema sopraggiunge quando li sanziona: qui entra in gioco il principio citato in apertura, ossia il ne bis in idem. Infatti qualora un club violasse il monitoraggio 2019/2020 (che comprende i bilanci 16/17, 17/18, 18/19) e successivamente anche il monitoraggio 2020/2021 (che comprende i bilanci 17/18, 18/19 e 19/20), qualificandosi entrambi gli anni per le coppe, in teoria subirebbe due sanzioni consecutive che riguarderebbero gli stessi bilanci (17/18 e 18/19). A questo punto la domanda è lecita: la UEFA può sanzionare un club due volte sulla base degli stessi fatti?
Il principio del ne bis in idem applicato al calcio: il precedente dinanzi al CAS e alla Corte Suprema Svizzera.
Come detto in apertura, il principio del ne bis idem ha trovato cittadinanza anche in altri sistemi giuridici. In particolare, nel mondo dello sport, il CAS ha avuto modo di esprimersi al riguardo nella vertenza Fenerbache vs UEFA (CAS 2013/A/3256).
La squadra turca aveva contestato dinanzi al CAS l’esclusione da parte della UEFA per due volte sulla base degli stessi fatti, ossia la condanna dei suoi dirigenti per aver truccato gli esiti delle partite. Il Fenerbache, infatti, è stato prima escluso e in un secondo momento assolto dalla Commissione Etica della Federazione calcistica turca (“TFF”). In sostanza a seguito del primo provvedimento turco, che negava il rilascio della licenza per partecipare alla CL, la UEFA aveva dapprima impedito al Fenerbache di partecipare alla propria competizione con un provvedimento amministrativo, successivamente confermato da un procedimento regolare al termine del quale fu irrogata la sanzione disciplinare della esclusione.
La succitata disputa è importante perché possiamo trarne preziose informazioni relativamente al principio del ne bis in idem e la sua applicazione nel mondo dello sport.
“Il CAS inizia la sua analisi osservando che il principio del ne bis in idem è applicabile ai procedimenti civili. Pertanto, il CAS concorda con il Fenerbache nella misura in cui esprime l’opinione che gli organismi disciplinari sportivi non possano nuovamente sanzionare una persona o società per un illecito in relazione al quale tale persona o società è già stata assolta da una decisione finale di un altro organismo in base al quadro normativo.
Il CAS rileva tuttavia che non è questo il caso perché gli organi disciplinari del TFF hanno assolto il ricorrente sulla base di statuti e regolamenti del TFF, mentre la UEFA applica i propri statuti e regolamenti. Il fatto che il TFF abbia assolto il ricorrente non significa necessariamente che il ricorrente non abbia violato le norme della UEFA e viceversa.
Il CAS rileva che il confronto tracciato dalla ricorrente tra i fatti del caso di specie e la decisione del gruppo di emergenza UEFA del 2 agosto 2006 in merito all’AC Milan, sono diversi. Dopo la decisione sul caso AC Milan, sono state apportate alcune modifiche allo statuto e ai regolamenti della UEFA. La maggioranza del collegio CAS, infatti, ritiene che la UEFA abbia acquisito la competenza per sanzionare casi di partite nazionali truccate attraverso un processo in due fasi (l’articolo 50, paragrafo 3, dello Statuto UEFA in combinato disposto con i punti 2.05 e 2.06 UCLR). Questo “processo in due fasi” era quindi già stato messo in atto prima dell’introduzione dell’articolo 23 (4) nella UEFA DR (2013), che la maggioranza del CAS considera una mera conferma della competenza della UEFA in questo senso.
Il CAS ritiene che con l’introduzione dell’articolo 50, paragrafo 3, dello statuto UEFA e dell’articolo 2.05 e 2.06 nell’UCLR, la UEFA ha creato un “processo in due fasi”. La prima fase (articolo 2.05) è una “misura amministrativa”, in base alla quale una sanzione minima dovrebbe essere imposta all’autore dell’illecito, escludendolo dalle competizioni europee per una stagione. La seconda fase (articolo 2.06) è una “misura disciplinare”, la cui sanzione dovrebbe essere imposta in seguito alla “misura amministrativa” e non è limitata da una lunghezza massima. Il gruppo di esperti scientifici rileva che questo “processo in due fasi” può essere compreso dall’articolo 50, paragrafo 3, dello statuto UEFA in combinato disposto con l’articolo 2.06 dell’UCLR, soprattutto perché in quest’ultima disposizione si fa riferimento a “misure amministrative” e “misure disciplinari”, che, secondo il CAS, può essere interpretato solo come l’intenzione della UEFA di distinguere tra questi due tipi di misure.
Anche le parole “oltre a” sembrano creare una distinzione tra i due tipi di misure. Nondimeno, e a scanso di equivoci, il CAS desidera chiarire che, indipendentemente dalla formulazione utilizzata, i procedimenti avviati dalla UEFA sulla base dell’articolo 2.05 dell’UCLR sono di natura disciplinare, poiché l’oggetto di tali procedimenti è l’imposizione di una sanzione.
Il CAS rileva che l’applicazione di tale “processo in due fasi” non violerebbe il principio di ne bis in idem. Entrambe le parti hanno fatto riferimento alla giurisprudenza della CAS e del Tribunale federale svizzero al fine di contestare i rispettivi pareri. Il CAS tuttavia aderisce alla posizione avanzata dall’UEFA perché ritiene che quest’ultima abbia un interesse legittimo ad applicare un “processo in due fasi” al fine di escludere i club dalle sue competizioni con effetto immediato, prima di essere tenuto a valutare le violazioni nella misura massima.
Rispetto all’esempio descritto dal Fenerbache, il CAS ritiene che il confronto non regge. Sebbene in effetti una prima sanzione sia stata imposta alla ricorrente sulla base del principio 2.05 dell’UCLR, questa sanzione era solo una sanzione amministrativa relativa all’esclusione per una stagione dalle competizioni europee. Pertanto, in base alla formulazione del principio 2.06 dell’UCLR (e fatte salve le condizioni in esso contenute), la ricorrente avrebbe potuto essere consapevole che una seconda sanzione aggiuntiva avrebbe potuto esserle imposta. Il CAS rileva che se le regole prevedono due passaggi (una sanzione amministrativa e una sanzione disciplinare), non si pone alcuna questione di ne bis in idem. Se si dovesse effettuare un confronto, il CAS ritiene che la seguente situazione illustrerebbe meglio la situazione: se qualcuno ha un credito di CHF 10.000, può prima richiedere CHF 3000 e poi in una seconda procedura i rimanenti CHF 7000. Ciò non cambia la natura dei primi 3000 franchi e non si pone alcun problema, poiché è chiaro fin dall’inizio che la procedura singola è suddivisa in due fasi.
Infine, il CAS rileva che si deve tener conto del fatto che il Fenerbache, almeno indirettamente compilando il modulo di ammissione UEFA per partecipare alla UEFA Champions League, ha accettato di essere vincolato dall’UCLR (2011/2012), tra cui gli articoli 2.05 e 2.06 e il “processo in due fasi” ivi contenuto.
La situazione attuale dovrebbe essere chiaramente distinta dalla sentenza CAS sulla cosiddetta “Regola di Osaka” nel CAS 2011/0/2422. In quel caso, infatti, un atleta è stato sanzionato con una misura disciplinare e gli è stato inoltre impedito di prendere parte alle successive Olimpiadi. Il CAS attuale aderisce ai risultati del panel nel CAS 2011/0/2422, concludendo che l’esclusione di un atleta dalle Olimpiadi potrebbe essere considerata un’ulteriore sanzione illegale. Tuttavia, la differenza principale è che il Codice mondiale antidoping (di seguito: “ADC”) prevede una norma che vieta l’imposizione di sanzioni supplementari, mentre nei regolamenti UEFA non esiste alcuna norma che impedisca alla UEFA di dividere la procedura in un sanzione iniziale e – se le circostanze lo giustificano – una sanzione aggiuntiva. Il CAS rileva che la divisione nel procedimento può essere giustificata dal legittimo interesse della UEFA a poter dichiarare un club non idoneo a prendere immediatamente parte alle sue competizioni, senza la necessità di dover prima avviare un procedimento disciplinare completo e contro tale club. La “misura amministrativa” non è quindi la sanzione finale, ma solo una sanzione minima preliminare intesa a proteggere l’integrità della concorrenza. La situazione attuale dovrebbe pertanto essere distinta dal procedimento relativo alla “regola di Osaka”.
Inoltre il CAS respinge la tesi del Fenerbache riguardo la sovrapponibilità dei due sistemi sanzionatori (turco e UEFA). I procedimenti disciplinari del TFF si basavano sui regolamenti interni del TFF e un’eventuale sanzione avrebbe avuto solo conseguenze nazionali. I procedimenti disciplinari avviati dalla UEFA sulla base dell’articolo 2.06 dell’UCLR, invece, si basano sui regolamenti interni della UEFA e una possibile sanzione derivante da tali procedimenti ha solo conseguenze europee. Pertanto, i “circoli” di diritti e doveri non sono identici. A questo proposito è possibile effettuare un confronto con il caso Valverde (CAS 2007 IA / 1396 e 1402), poiché il CAS in quel caso ha ritenuto che la sospensione domestica imposta all’atleta dal CONI fosse di portata e natura diversa rispetto alla sospensione mondiale richiesto dalla WADA e dall’UCI, che ha portato il CAS alla conclusione che il principio del ne bis in idem non è stato violato. Anche nella fattispecie, il CAS rileva che la portata e la natura delle sospensioni richieste nei diversi procedimenti disciplinari erano diverse e, quindi, non può essere contestata nessuna violazione del principio del ne bis in idem.
Di conseguenza, il gruppo di esperti scientifici rileva che la UEFA non ha violato il principio del ne bis in idem, avviando procedimenti disciplinari contro il Fenerbache e sanzionandolo con un divieto di due anni dalla partecipazione alle competizioni UEFA.”
Successivamente tale impostazione veniva confermata anche dinanzi alla Suprema Corte Federale Svizzera, che ha accettato questa distinzione (sanzione amministrativa + sanzione disciplinare), confermando quindi la non violazione del principio del ne bis in idem.
Anche il Fenerbahçe, secondo la massima autorità svizzera, non era riuscito a stabilire correttamente in che senso dovrebbe esserci un’identità tra le due sanzioni nel caso di specie. Di conseguenza, la Corte suprema federale ha dichiarato che il lodo CAS non aveva violato il principio del ne bis in idem.
L’applicazione del precedente al caso del Milan.
Dalla lettura della succitata giurisprudenza possiamo trarne delle importanti conseguenze:
- Il principio del ne bis in idem esiste anche nel mondo dello sport, quindi la UEFA deve rispettarlo.
- Il principio del ne bis in idem non risulta violato quando la seconda sanzione risulta diversa dalla prima, in quanto facente parte di un meccanismo procedurale e/o sostanziale diverso. Ciò tuttavia non è il caso di sanzioni successive derivanti dall’applicazione della stessa regola (FFP) e riguardanti le stesse parti (Milan/UEFA) e, soprattutto, i medesimi bilanci.
La situazione del Milan è ovviamente diversa da quella del Fenerbache, ma gli spunti giuridici risultano ugualmente utili per trarre delle conclusioni interessanti.
La squadra rossonera, in data 28 giugno 2019, stipulava con la UEFA una “consent award”, ossia un accordo in base al quale il club accettava l’esclusione dalla EL 19/20 per aver violato i monitoraggi 14/15, 15/16, 16/17 e poi 15/16, 16/17, 17/18. Un accordo che, non a caso, è cumulativo e quindi riguarda due violazioni consecutive. Il Milan quindi ha preteso che per più violazioni riguardanti medesimi fatti (bilanci coincidenti 15/16 e 16/17) non venisse sanzionato due volte, come avrebbe voluto la UEFA, ma una soltanto. Proprio in virtù del principio del ne bis in idem di cui ho parlato in apertura. E d’altra parte il CAS non avrebbe potuto ratificare un accordo in palese violazione di tale principio.
L’aspetto interessante, tuttavia, è che l’accordo copre non solo i bilanci ma i monitoraggi:
“Le decisioni di cui ai punti i) e ii) di cui sopra sono sostituite dal seguente ordine: “Il Milan è escluso dalla partecipazione alle Competizioni UEFA per club della stagione sportiva 2019/2020 come conseguenza della violazione degli obblighi di pareggio FFP durante i periodi di monitoraggio 2015/2016/2017 e 2016/2017/2018“
Ebbene, il monitoraggio 16/17/18, già sanzionato dal “consent award”, comprende i bilanci fino al 30 giugno 2018 (fino a poco prima l’ingresso di Elliott, subentrato nel luglio del 2018). Per rispettare il ne bis in idem, quindi, UEFA e Milan devono aver convenuto di non tornare più sui deficit riguardanti le stagioni calcistiche coperte dall’accordo, quindi fino al 30 giugno 2018. Così facendo, però, la UEFA non può più monitorare i bilanci antecedenti al 30 giugno 2018, ma solo quelli successivi all’accordo. Ecco, allora, che il monitoraggio classico a ritroso verrebbe azzoppato e si aprirebbero le porte di un monitoraggio “pro futuro”, quindi un controllo che tenga conto solo dei successivi bilanci: 18/19, 19/20, ecc.
Come verrebbe monitorato il club rossonero.
Sulla base di quanto affermato, l’AC Milan diventerebbe un caso di scuola e quindi al club rossonero dovrebbe essere cucito su misura un provvedimento che, da un lato, rispetti il FFP e dall’altro pure il ne bis in idem. E’ probabile che le parti abbiano già discusso di ciò dinanzi ai giudici di Losanna (ricordiamo che il “consent award” ha reso pubbliche solo le risultanze dell’accordo, non anche il contenuto).
Ad ogni modo, se torniamo a guardare la progressione dei monitoraggi, la situazione appare chiara:

L’ultima stagione calcistica coperta dall’accordo transattivo, ossia la 17/18, uscirà fuori dai radar UEFA solo a partire dal monitoraggio 2021/2022, che prenderà in considerazione i bilanci 18/19, 19/20 e 20/21. Stando così le cose, i monitoraggi 2019/2020 e 2020/2021 (ossia l’attuale e il prossimo) sarebbero bloccati perché includerebbero anche il bilancio 17/18 che è coperto dall’accordo davanti al TAS.
Quindi è possibile ipotizzare che qualora il Milan nel corso di questa stagione si qualificasse per l’Europa, la UEFA non sanzionerebbe il club nel modo “classico” (monitorando a ritroso) ma, per non incappare nel divieto del ne bis in idem, e quindi colpire bilanci già coperti da sanzioni precedenti, potrebbe comminare al Milan una sanzione non dissimile da quella irrogata nel dicembre del 2018: ossia semplicemente raggiungere il pareggio di bilancio entro una certa stagione calcistica (una specie di VA non dichiarato). L’alternativa sarebbe un classico SA.
In questo modo il club rossonero avrebbe “bonificato” la problematica UEFA fino al 30 giugno 2018, ed avrebbe rimandato il problema del monitoraggio a ritroso soltanto a partire dal monitoraggio 2021/2022 che tiene in considerazione i bilanci chiusi al 30 giugno 2019, 2020 e 2021.
Le sanzioni cucite “su misura”.
Alla luce di quanto spiegato fino ad ora, vediamo quali sanzioni potrebbero essere cucite “su misura” al club rossonero, qualora al termine di questa stagione arrivasse la qualificazione ad una coppa europea:
- Obiettivo pareggio di bilancio entro il 30 giugno 2022, senza contestuale monitoraggio pregresso e senza obbligo di -30 entro tot anni, come nei SA, con primo monitoraggio valido per il pregresso nel 21/22 che considera solo bilanci nuovi (18/19, 19/20, 20/21) con altre sanzioni accessorie (condizionate) quali limitazioni di rosa e trattenuta di introiti UEFA o, nella peggiore delle ipotesi, nuova esclusione dalle competizioni a partire dalla 23/24 o 24/25.
- Obiettivo pareggio di bilancio entro il 30 giugno 2023, senza contestuale monitoraggio pregresso e senza obbligo di -30 entro tot anni, come nei SA, con primo monitoraggio valido per il pregresso nel 22/23 che considera solo bilanci nuovi (19/20, 20/21, 21/22), escludendo però il 18/19 gravato dal deficit monstre, con altre sanzioni accessorie (condizionate) quali limitazioni di rosa e trattenuta di introiti UEFA o, nella peggiore delle ipotesi, nuova esclusione dalle competizioni a partire dalla 24/25 o 25/26.
- Obiettivo pareggio di bilancio entro il 30 giugno 2024, senza contestuale monitoraggio pregresso e senza obbligo di -30 entro tot anni, come nei SA, con primo monitoraggio valido per il pregresso nel 23/24 che considera solo bilanci nuovi (20/21, 21/22, 22/23), escludendo però il 18/19 gravato dal deficit monstre e pure il 19/20 che ad oggi non appare avere un andamento diverso, con altre sanzioni accessorie (condizionate) quali limitazioni di rosa e trattenuta di introiti UEFA o, nella peggiore delle ipotesi, nuova esclusione dalle competizioni a partire dalla 25/26 o 26/27.
- Settlement Agreement in modo non dissimile da quanto già spiegato in un articolo precedente (Link), quindi:
In caso di firma del SA nella stagione 2019/2020 (prima che il club si qualifichi e giochi ufficialmente una competizione UEFA):

In questo schema il caso 1 va escluso in quanto viola, come detto, il principio del ne bis in idem (calcola un’altra volta la stagione 17/18). I casi 2, e 3 e 4 sono tutti coerenti col predetto divieto, ma il 2 sarebbe molto, forse troppo, stringente. I restanti casi 3 e 4 invece sarebbero plausibili.
Il lato negativo è che in quasi tutti i casi verrebbero considerati i bilanci 18/19 e 19/20 gravati da deficit altissimi. Sarebbero due le uniche ipotesi in cui ciò non accadrebbe: un SA con variante PSG o un SA con copertura quadriennale, che partirebbero entrambi dalla 20/21.
In caso di firma del SA nella stagione 2020/2021 (dopo che il club si qualifica e gioca ufficialmente una competizione UEFA):

Come affermato da Gazidis alla stampa italiana: “La prossima volta che la UEFA guarderà i risultati finanziari sarà quando il Milan tornerà, come speriamo, a qualificarsi per una competizione europea nel 2020-21. La cosa che si può presupporre è che, nella fase in cui la UEFA tornerà sulla nostra situazione, avvii un percorso verso il Settlement Agreement se riscontrerà delle anomalie e si presume che possa essere un percorso di quattro anni”.
Questa ipotesi appare quella più ragionevole, sia per le parole di Gazidis che per i precedenti (vedi Milan 17/18 che ha regolarmente disputato la EL ed è stato sanzionato nel maggio del 2018).
Fino ad oggi nessun club ha mai firmato con la UEFA un accordo transattivo prima di qualificarsi per l’Europa. Tutti i SA sono stati firmati a qualificazione ottenuta, quindi nel corso della stagione in cui il club disputa la competizione europea ed è logico che sia così perché i controlli e le sanzioni del FFP scattano a qualificazione ottenuta: la UEFA non potrebbe mai sanzionare un club “immaginando” che un domani tornerà a giocare le coppe. In altre parole il primo ingresso, salvo altre problematiche che non riguardano questa analisi, è valido per tutti: le sanzioni scattano solo se quando entri nel “locale” non hai l’abbigliamento giusto. A quel punto arriva il buttafuori.
In questo caso l’immediata esclusione del Milan dalla EL 19/20, oltre a sanare i bilanci antecedenti al 30 giugno 2018, avrebbe generato un altro aspetto positivo, fino ad ora sottovalutato da tutti: la possibilità che il Settlement Agreement inizi a monitorare addirittura i bilanci successivi al 19/20. Qualora, infatti, il club si qualificasse per la competizione UEFA 20/21 e firmasse il SA nella medesima stagione, gli unici casi in cui la UEFA valuterebbe i bilanci peggiori (18/19 e 19/20) sarebbero i primi due dello schema che, ricordo, ricalca tutti i precedenti casi di SA applicati fino ad oggi, e prevedono coperture clamorosamente brevi: 1 o 2 anni.
Qualora, invece, come detto anche da Gazidis, la UEFA decidesse di firmare un SA con copertura quadriennale (o triennale, ndr), sulla base dei precedenti il primo bilancio ad essere monitorato in corso di SA sarebbe il 20/21. Altrimenti ci sarebbero anche casi in cui il primo bilancio ad essere monitorato sarebbe il 21/22.
Questo spiegherebbe in un certo modo la nonchalance con cui la società sta affrontando anche l’attuale bilancio 19/20 che non potrà contare sugli introiti UEFA e che non vede ad oggi l’ingresso di nuovi sponsor.
In ogni caso il club non potrebbe essere sanzionato a ritroso nel corso della stagione 20/21 (come capitato nella 17/18, appena rientrato in coppa), giacché il monitoraggio 20/21 coprirebbe ancora il bilancio 17/18, sanato dall’accordo dinanzi al TAS. E la normativa UEFA non prevede monitoraggi (c.d. current monitoring period) più corti di quelli triennali. Quindi è infondata la paura di chi teme che il club verrà nuovamente escluso appena rimetterà piede in Europa. Lo impedisce l’argomento centrale di questa analisi: il ne bis in idem.
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Avv. Felice Raimondo