Visto che il tema è tornato d’attualità, con il presente articolo ripropongo l’approfondimento già pubblicato un anno fa sul precedente blog e presente nel libro “Il Diavolo è nei dettagli”, che si prefigge lo scopo di chiarire ai lettori cosa rischia il Milan per l’indagine condotta dalla Procura di Milano. Alcuni passaggi sono stati aggiornati con la nuova normativa FIGC.
Buona lettura.
- Il reato societario ex art. 2621 c.c.
- Cosa rischia l’AC Milan: responsabilità diretta o oggettiva?
- Il soccorso dei “modelli organizzativi” ex D.Lgs. 231/2001.
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Il reato societario ex art. 2621 c.c.
Stando alle informazioni apprese dai media, il presidente Yonghong Li sarebbe stato iscritto nel registro degli indagati da parte della Procura di Milano per il reato di false informazioni sociali. Da quanto si legge tutto sarebbe collegato alle informazioni riguardanti la solidità patrimoniale che l’ex presidente avrebbe garantito pubblicamente qualche mese fa, successivamente al fallimento di una delle sue società, la Jie Ande.
Il reato societario contestato è disciplinato dall’art. 2621 c.c., che riguarda le società non quotate in borsa, e prevede che nel caso in cui gli amministratori nei bilanci o nelle altre comunicazioni dirette ai soci o al pubblico, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, dichiarino consapevolmente informazioni false, oppure omettano fatti importanti la cui comunicazione è di per sé imposta dalla legge, siano puniti con la pena della reclusione da 1 a 5 anni.
La responsabilità penale è personale, quindi relativamente alle comunicazioni che Yonghong Li avrebbe proferito circa la sua solidità patrimoniale (dopo il fallimento della Jie Ande) ne risponderebbe personalmente soltanto Mr Li.
Ciò nonostante, si è potuto apprendere dai media che il PM della F.I.G.C., il Dott. Pecoraro, ha chiesto ai PM milanesi il fascicolo riguardante l’indagine in cui è implicato l’ex presidente Yonghong Li per il reato di cui ho appena parlato, in quanto il Milan potrebbe essere coinvolto per responsabilità diretta.
Cosa rischia l’AC Milan: responsabilità diretta o oggettiva?
Innanzitutto bisogna specificare che la giustizia sportiva fa parte di un ordinamento giuridico autonomo e indipendente, quindi munito di propri statuti, proprie sanzioni e un proprio codice. Di conseguenza l’indagine penale viaggerà su binari a sé stanti e riguarderà personalmente l’ex presidente; invece davanti alla giustizia sportiva il Milan verrà giudicato sulla base di norme diverse. In particolare l’art. 6 del Nuovo Codice di Giustizia Sportiva disciplina vari livelli di responsabilità in capo alle società: da quella più grave, ossia la responsabilità diretta, a quella più lieve, ossia la responsabilità oggettiva.
Il comma 1 dell’art. 6 prevede la responsabilità diretta del club per quegli illeciti compiuti dai soggetti che rappresentano la società e che, quindi, in virtù di ciò, generano quella immedesimazione organica tra rappresentato e rappresentante che, di fatto, per la giustizia sportiva imputa direttamente al club la responsabilità degli atti compiuti da chi lo rappresenta (se il nome in questione è effettivamente presente nelle liste che i club ogni anno consegnano alla Lega).
Di regola nelle s.p.a. è l’atto costitutivo a sancire quale persona assume anche il ruolo di legale rappresentante. Se niente è stabilito, il legale rappresentante è il presidente del C.D.A., che all’epoca era proprio Yonghong Li che quindi teoricamente potrebbe aver coinvolto direttamente anche il club. Tuttavia al momento è difficile prevedere fino a che livello potrebbe essere implicata la società, dato che ci troviamo ancora in una fase embrionale, dove il PM Pecoraro ha semplicemente chiesto di visionare gli atti.
In ogni caso allo stato ritengo difficile che il Milan rischi sanzioni pesanti perché, se ci ricolleghiamo al reato per cui sta indagando la Procura di Milano, quindi le false comunicazioni sociali riguardanti la solidità patrimoniale di Mr Li, questo comportamento non è stato certo diretto ad alterare i risultati sportivi, quindi ovviamente non parleremmo di un illecito sportivo ex art. 30 Nuovo CGS.
Tenderei anche ad escludere l’ipotesi di violazione inerente il dovere di lealtà perché l’art. 4 Nuovo CGS fa esplicito riferimento all’attività sportiva, mentre qui abbiamo una presunta dichiarazione falsa in ambito societario.
Al limite, volendo sforzarsi, si potrebbe pensare ad un collegamento con l’art. 31 del nuovo C.G.S. che disciplina le violazioni in materia gestionale ed economica e che va interpretato in combinato disposto con quanto disciplina il nuovo Regolamento FIGC sulle acquisizione di partecipazioni societarie in ambito professionistico, introdotto nel 2015 e aggiornato nel 2019, che prescrive precisi requisiti di onorabilità e solidità finanziaria nei confronti dei soggetti che acquistano il controllo di una partecipazione non inferiore al 10% del capitale di una società sportiva affiliata alla FIGC:
Per la giustizia sportiva, quindi, tale comportamento (aver mentito sulla propria solidità finanziaria) potrebbe essere inquadrabile come illecito amministrativo, sanzionabile a seconda della gravità con l’ammenda, diffida, punti di penalizzazione e financo retrocessione. Quest’ultimo caso, tuttavia, riguarda la falsificazione dei documenti contabili della società sportiva o, eventualmente, qualsiasi altra attività illecita compiuta per ottenere l’iscrizione al campionato. Le false comunicazioni sociali (peraltro riguardanti la Jie Ande e non il Milan) non rientrano in tale ambito. Quindi, eventualmente, resterebbero unicamente i casi disciplinati dal primo comma, dai quali tuttavia la nuova proprietà sta già tentando di smarcarsi facendo emergere la posizione di parte “offesa” del club.
L’azione di responsabilità che Elliott potrebbe intentare nei confronti degli ex amministratori (come effettivamente ha fatto, salvo poi accordarsi stragiudizialmente, ndr) andrebbe proprio in quella direzione: ossia far degradare la responsabilità da “diretta” (art. 6 co.1) ad “oggettiva/indiretta” (art. 6. co. 2 e 3).
In quest’ultimo caso, infatti, non vi è quella immedesimazione organica di cui parlavo prima, giacché la condotta illecita non viene commessa da un soggetto che rappresenta la società, ma da dirigenti (o tesserati) che sono considerati a sé stanti rispetto alla società ma che, tuttavia, a causa del loro comportamento illegittimo, per il semplice fatto di avere un rapporto diretto con la società (c.d. “sodalizio sportivo”) causano una responsabilità indiretta anche in capo al club. La ratio di tale norma è quella di garantire il pacifico svolgimento dell’attività sportiva, fine ultimo del club che viene realizzato attraverso l’operato dei suoi tesserati. Pertanto se qualcuno di quest’ultimi commette un illecito, per la giustizia sportiva ne risponderà oggettivamente anche il club, a cui verrà irrogata una delle seguenti sanzioni:
Art. 8 – Sanzioni a carico delle società
Le società che si rendono responsabili della violazione dello Statuto, delle norme federali e di ogni altra disposizione loro applicabile sono punibili con una o più delle seguenti sanzioni, commisurate alla natura e alla gravità dei fatti commessi:
a) ammonizione;
b) ammenda;
c) ammenda con diffida;
d) obbligo di disputare una o più gare a porte chiuse;
e) obbligo di disputare una o più gare con uno o più settori privi di spettatori;
f) squalifica del campo per una o più giornate di gara o a tempo determinato, fino a due anni;
g) penalizzazione di uno o più punti in classifica; la penalizzazione sul punteggio, che si appalesi inefficace nella stagione sportiva in corso, può essere fatta scontare, in tutto o in parte, nella stagione sportiva seguente;
h) retrocessione all’ultimo posto in classifica del campionato di competenza o di qualsiasi altra competizione agonistica obbligatoria; in base al principio della afflittività della sanzione, la retrocessione all’ultimo posto comporta sempre il passaggio alla categoria inferiore;
i) esclusione dal campionato di competenza o da qualsiasi altra competizione agonistica
obbligatoria, con assegnazione da parte del Consiglio federale ad uno dei campionati di categoria inferiore;
l) non assegnazione o revoca dell’assegnazione del titolo di campione d’Italia o di vincente del campionato, del girone di competenza o di competizione ufficiale;
m) non ammissione o esclusione dalla partecipazione a determinate manifestazioni;
n) divieto di tesseramento di calciatori fino a un massimo di due periodi di trasferimento.
Alle società può inoltre essere inflitta la sanzione sportiva della perdita della gara nei casi previsti dall’art. 10.
Il soccorso dei “modelli organizzativi” ex D.Lgs 231/2001.
Ciò detto, qualora la giustizia sportiva rilevi in capo ad AC Milan una qualche forma di responsabilità oggettiva, quest’ultima potrà essere stemperata (se non annullata) dalle recenti novità introdotte dalla FIGC e di cui recentemente ho scritto su Studio Cataldi: Modelli organizzativi e responsabilità oggettiva nel mondo del calcio. Cosa cambia con l’applicazione del D.Lgs. 231/2001.
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