Nella sentenza pronunciata in data odierna (causa n. C-650/22), la Corte di Giustizia Europea ha affermato che alcune norme del Regolamento FIFA sui trasferimenti dei giocatori ostacolano la libertà di circolazione dei giocatori e restringono la concorrenza tra i club.
Tutte le cause concluse o ancora pendenti contro FIFA/UEFA presso la CGUE: riepilogo qui.
Ripercorrendo i fatti, parliamo di un danno da lucro cessante (perdita di proposte di ingaggio da parte di società) che il calciatore sostiene di aver subìto a causa dell’applicazione di determinate disposizioni del regolamento della FIFA sullo status e i trasferimenti dei calciatori (FIFA/BZ/URBSFA). Nella specie viene messo in discussione l’art. 17 sulle interruzioni contrattuali senza giusta causa (il regolamento prevede un divieto per la nuova società di tesserare un giocatore professionista che abbia risolto il proprio precedente contratto senza giusta causa, e consente alla società di provenienza, in caso di controversia contrattuale tra detta società e il calciatore in merito alla risoluzione del contratto previgente, di negare il rilascio del certificato internazionale di trasferimento (CIT) necessario per tesserare il calciatore).
Ebbene, la CGUE sostiene che da un lato, le norme in questione sono tali da ostacolare la libera circolazione dei calciatori professionisti che vogliano far evolvere la loro attività andando a lavorare per un nuovo club, stabilito nel territorio di un altro Stato membro dell’Unione. Infatti, dette norme fanno gravare su tali giocatori, e sui club che intendano ingaggiarli, rischi giuridici rilevanti, rischi finanziari imprevedibili e potenzialmente molto elevati nonché significativi rischi sportivi, che, considerati nel complesso, sono tali da ostacolare il trasferimento internazionale di questi giocatori. Anche se è vero che restrizioni alla libera circolazione dei giocatori professionisti possono essere giustificate dall’obiettivo di interesse generale consistente nel garantire la regolarità delle competizioni di calcio tra club, mantenendo un certo grado di stabilità nell’organico dei club di calcio professionistici, tuttavia, nel caso di specie, le norme di cui trattasi, fatta salva la verifica da parte della cour d’appel de Mons, sembrano spingersi, sotto molti aspetti, oltre quanto necessario per il perseguimento di tale obiettivo.
Per quanto riguarda, dall’altro lato, il diritto della concorrenza, la Corte dichiara che le norme controverse hanno lo scopo di restringere, se non addirittura di impedire, la concorrenza transfrontaliera che potrebbero farsi tutti i club di calcio professionistici stabiliti nell’Unione ingaggiando unilateralmente giocatori contrattualmente legati ad un altro club o giocatori il cui contratto sia stato asseritamente risolto senza giusta causa. A tal riguardo, la Corte ricorda che la possibilità di farsi concorrenza reclutando giocatori già formati svolge un ruolo essenziale nel settore del calcio professionistico e che le norme che restringono in modo generalizzato tale forma di concorrenza, cristallizzando la ripartizione dei lavoratori tra i datori di lavoro e compartimentando i mercati, sono assimilabili ad un accordo di non sollecitazione. Peraltro, la Corte rileva che, fatta salva la verifica da parte della cour d’appel de Mons, tali norme non sembrano essere indispensabili o necessarie.
Il commento dell’avv. Felice Raimondo
Cosa accadrà adesso? Beh, il Tribunale del rinvio dovrà adeguarsi a questa decisione e, soprattutto, la FIFA dovrà adeguare il suo Regolamento sui trasferimenti cancellando il contestato art. 17 RSTP o, nel caso, riformandolo. D’ora in avanti, quindi, un giocatore che risolverà il suo contratto senza giusta causa potrà trasferirsi in un altro campionato senza che gli venga negato il certificato internazionale di trasferimento (CIT). E le eventuali sanzioni patrimoniali non dovranno essere tali da scoraggiare il trasferimento, anche nei confronti del club acquirente. Ergo, finalmente è stata sbloccata la libera circolazione dei calciatori che si trovavano invischiati in controversie di quel tipo.
Attenzione: non vi è stato alcun “tana libera tutti”, cioè non è che d’ora in poi – come pensa qualcuno – i giocatori potranno stracciare i contratti e fare quello che gli pare. La CGUE ha detto una cosa diversa, ossia che i regolamenti FIFA, nei casi di interruzioni contrattuali senza giusta causa, non possono impedire A PRIORI il trasferimento del giocatore (nè mediante il mancato rilascio del CIT, nè mediante responsabilità presunte che possano scoraggiare la circolazione del lavoratore). Questo vuol dire che nei casi di interruzione contrattuale senza giusta causa, il calciatore sarà libero di andare dove vuole. Ma la società che perderà il giocatore sarà libera di far causa sia al giocatore che al club che lo acquisterà. Ergo, fatti salvi i diritti patrimoniali lesi dalla interruzione contrattuale. Sarà poi ovviamente compito dei Tribunali della FIFA (e del TAS, nel caso) stabilire le responsabilità e quantificare i danni.
Un esempio pratico di ciò che accade oggi e di quello che potrà cambiare domani
L’interruzione contrattuale senza giusta causa (art. 17 RSTP, ne ho già parlato in passato) prevede l’imposizione di una compensazione pecuniaria e, se l’interruzione avviene durante il periodo protetto, anche di sanzioni sportive.
Il regolamento FIFA, infatti, prevede che i contratti stipulati tra club e giocatori non possono essere interrotti durante il c.d. “protected period”, ossia un periodo di tre intere stagioni o tre anni, a seconda dell’evento che si verifica per primo, dopo l’entrata in vigore di un contratto, in cui tale contratto è concluso prima del 28° compleanno del professionista, o due intere stagioni o due anni, a seconda dell’evento che si verifica per primo, a seguito dell’entrata in vigore di un contratto, quando tale contratto è concluso dopo il 28° compleanno del professionista. Il rinnovo contrattuale fa partire un nuovo “protected period”.
SITUAZIONE ATTUALE
Un giocatore decide di risolvere il contratto senza giusta causa, ossia senza un valido motivo. Se ciò avviene durante il periodo protetto, il giocatore può subire una sanzione sportiva (squalifica fino a sei mesi) oltre a dover pagare una compensazione pecuniaria. A quest’ultima, in base alle regole attuali, deve far fronte anche la società che tessera il giocatore perché vi è una presunzione di responsabilità solidale tra giocatore e club che successivamente lo tessera. A ciò si aggiunge la possibilità che in simili situazioni l’ultima Federazione possa negare il rilascio del CIT, bloccando materialmente il trasferimento. Nel caso di Leao, ad esempio, il trasferimento del giocatore è avvenuto lo stesso (CIT rilasciato) ma la presunta responsabilità solidale giocatore/Lille (poi dichiarata pure dalla Giustizia portoghese e svizzera) ha obbligato il Milan a dover trovare una soluzione pure col club francese (con la famosa sell on fee, ridiscussa e pagata 20 mln al Lille, ossia l’importo della multa che doveva pagare Leao).
COSA PUÒ ACCADERE DOMANI
La decisione della CGUE obbligherà la FIFA a rivedere l’art. 17. Innanzitutto andrà eliminata la possibilità di diniego del CIT. Quindi il trasferimento potrà sempre materialmente avvenire. Non credo che verrà eliminata una possibile sanzione sportiva durante il periodo protetto (es. squalifica) ma questa potrà scattare solo all’esito del giudizio arbitrale. La compensazione pecuniaria invece andrà completamente rivista. Innanzitutto la responsabilità solidale col nuovo club non potrà più essere presunta. Ciò vuol dire che se il vecchio club intenterà causa e vorrà coinvolgere pure il nuovo club, dovrà dimostrare con solide prove la corresponsabilità del nuovo club nella interruzione contrattuale. In caso contrario la responsabilità patrimoniale (al pagamento della compensazione pecuniaria) sarà soltanto del giocatore (che però può sempre sottoscrivere accordi a latere – privati – col nuovo club, in modo da tutelarsi). L’importo della compensazione sarà stabilito dai Tribunali FIFA e, se coinvolto, dal TAS. Costoro potrebbero anche cambiare orientamento ed elaborare nuovi criteri per tutelare maggiormente chi detiene i cartellini dei giocatori. Oggi l’importo della compensazione pecuniaria è calcolato secondo criteri oggettivi, quali: a) la remunerazione e altri benefci dovuti al giocatore ai sensi del contratto esistente e/o nuovo contratto; b) tempo rimanente nel contratto esistente fino a un massimo di cinque anni; c) le commissioni e le spese pagate o sostenute dal precedente club (ammortizzate per la durata contratto); d) se la violazione contrattuale si è verificata entro il periodo protetto. Potremmo vedere più spesso l’introduzione di clausole rescissorie, purché con valori congrui e rispettosi di criteri oggettivi sopra indicati o dei nuovi elaborati dalla giurisprudenza di settore (un giovane talento non potrà mai essere imprigionato da una clausola da 100 milioni, chiaramente sproporzionata).
Avv. Felice Raimondo