Autore: Antonio (Twitter: @MidHedge), Portfolio Manager Junior
Riguardo i tempi d’investimento di Elliott, argomento affrontato quasi quotidianemente dalla stampa italiana (economica e non), è utile dimostrare come il fondo americano non obbedisca esclusivamente ad una logica speculativa e del breve termine, come si può essere propensi a pensare. A questo proposito, seguirà un’analisi circa quattro casi di società partecipate da parte di Elliott Management Corporation, da cui si denota un elemento essenziale : nonostante la plusvalenza relativemente importante che poteva essere realizzata vendendo i vari titoli azionari, il fondo ha mantenuto le proprie quote di partecipazione, che detiene ancora oggi, confermandosi, in alcuni contesti, un azionista di lunga durata. Ed infatti i titoli Hess Corp. sono stati acquistati, secondo il report 13F transmesso alla SEC americana dal fondo, nel quarto trimestre 2012, quelli Opus Bank nel secondo trimestre 2014, i titoli Arconic nel terzo trimestre 2016 ed infine quelle Citrix System Inc. nel secondo trimestre 2015, con il fondo ancora proprietario delle quote al 31.03.2019, data dell’ultimo report 13F.
Al fine di procedere ad un’analisi dettagliata, allego qui di seguito i grafici borsistici per le quattro società sopra-citate, in cui il logo « Elliott » viene a dimostrare il market timing del fondo, ovvero la data in cui, presumibilmente, sono state acquistate le quote azionarie (per mancanza di dati strutturati, viene preso in considerazione l’ultimo giorno del trimestre indicato dal report, come possibile data d’acquisto):
Hess Corp. :
Come si evince dal grafico sopra-riportato, il fondo poteva liberarsi dei titoli della petrolifera Hess Corp. (in cui detiene quote di minoranza dal quarto trimestre 2012) con un rendimento del +91%, calcolato prendendo in considerazione il prezzo del titolo al momento dell’entrata di Elliott nel capitale della società statunitense e confrontandolo con il prezzo massimo, riscontrato nella durata del periodo di detenzione.
Opus Bank:
Lo stesso modus operandi è stato applicato nel caso di Opus Bank, ente finanziario californiano in cui Elliott detiene quote di maggioranza, acquistate nel secondo trimestre 2014. Il rendimento del titolo, seguendo i criteri di calcolo citati precedentemente, è stato del +39%.
Arconic:
Riguardo Arconic, ente specializzato nella produzione di metalli leggeri nato dalla scissione in due attività ben distinte da parte della multinazionale Alcoa, ed in cui Elliott detiene quote di maggioranza dal terzo trimestre 2016, le occasioni per liberarsi delle proprie quote con plusvalenza significativa sono state ben due : in entrambi casi il rendimento avrebbe raggiunto, rispettivamente, il +34% e il +35%.
Citrix System Inc. :
Infine, interessandoci al caso della società tecnologica americana Citrix System Inc., in cui Elliott detiene quote di minoranza dal secondo trimestre 2015, si evince dal grafico borsisitico un rendimento teorico del +60%, anch’esso cospicuo.
Alla luce di questi elementi si nota dunque come il fondo abbia avuto più volte le possibilità di rientrare dal proprio investimento iniziale, in tempi piuttosto brevi, separandosi dalle quote detenute, ma è avvenuto l’esatto contrario: l’Hedge Fund attivista è rimasto nei board societari, alleggerendo le posizioni per cristallizzare, in parte, le proprie plusvalenze teoriche, senza mai liberarsene definitivamente, segno che l’eventuale rendimento finanziario nel breve termine non è la ragione esclusiva che muove il fondo nel proprio operato.
In ottica Milan, questo potrebbe essere un segnale importante e da non sottovalutare, poiché anche dinanzi ad un’offerta che permetterebbe al fondo di realizzare una corposa plusvalenza, i quattro casi riportati ci insegnano che la posizione azionaria, certamente potrà essere alleggerita, permettendo eventualmente l’ingresso di soci con quote minori, ma senza essere liquidata del tutto, mantenendo quindi la maggioranza.
A questo punto però una domanda sorge quasi logicamente: perché un fondo, il cui obiettivo è quello di realizzare guadagni a suon di plusvalenze, non dovrebbe monetizzare il proprio investimento, allorquando sorga l’occasione concreta per farlo ed avere profitti significativi?
La risposta va cercata nella definizione stessa dell’attivismo ed è idiosincratica a questa tipologia di strutture, in quanto queste, come già spesso ripetuto, sono alla ricerca di assets strategici (soprattutto negli ultimi anni), affinché il loro operato venga più facilmente accettato e integrato dai board delle numerose società in cui scelgono d’intervenire.
Difatti, al contrario di altre categorie di Hedge Funds come quelli Global Macro, Long / Short equities, etc., per citarne alcuni, guidati da una logica essenzialmente speculativa ed esterna, gli attivisti restano fortemente implicati nella gestione societaria degli enti in cui detengono quote, proponendo spesso misure in contraddizione con la visione dei vertici dirigenziali, arrivando ad una situazione conflittuale. Associarsi dunque a grandi marchi e società importanti, con forte valore simbolico nazionale, diventandone proprietari, permetterebbe in linea teorica di migliorare la propria immagine presso l’opinione pubblica, i management societari risulterebbero dunque meno ostili alla collaborazione con un fondo d’investimenti attivista.
Il Milan, in questo senso, farebbe da « vetrina » all’operato di Elliott sulla scena internazionale, come ho potuto descrivere più ampiamente in un precedente articolo circa l’eventuale quotazione futura dei Rossoneri in Borsa, sponda Wall Street, che, a mio avviso, resta uno degli scenari più probabili per il futuro del Diavolo. (Allego qui il link dell’articolo: Link)
In maniera ovvia, questo prospetto non è in alcun caso una garanzia della permanenza di Elliott nel Milan nel medio-lungo termine, ma alla luce degli elementi riportati, dei comunicati iniziali del fondo nel Luglio 2018, torna difficile pensare che questo si sia insediato esclusivamente in ottica speculativa e che ci sia la volontà di vendere al primo offerente, nel breve termine. Va aggiunto che la famiglia Singer opera nel più gran segreto, facendo prova di parsimonia nelle proprie interazioni con i vari media, dunque se ci sarà l’intenzione di liberarsi dalle quote azionarie del Milan o meno, a mio avviso, l’informazione verrà diffusa per vie ufficiali, non tramite rumors portati avanti da media nazionali. Fin li questa verrà ben custodita tra le mura del 40 West, 57th Street (New-York).
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