In questo articolo verranno analizzati e commentati i punti più importanti delle conclusioni dell’avvocato Generale Rantos (Link). Ricordo a tutti che le conclusioni sono un “suggerimento” e non sono vincolanti per la CGUE che, comunque, nella maggior parte dei casi segue sempre le indicazioni dell’avvocato generale. Premetto subito che dalle conclusioni emerge una realtà parzialmente diversa da quella che veniva sinteticamente riassunta nel comunicato stampa, ma la maggior parte dei concetti restano quelli.
L’approfondimento è impostato in questo modo: la domanda del popolo, la risposta dell’avvocato generale Rantos e il mio commento a margine.
Domanda 1) “E’ possibile creare un torneo alternativo al di fuori dell’ecosistema FIFA/UEFA”?
La risposta di Rantos:
75. A differenza della situazione di cui trattasi nella causa che ha dato luogo alla citata sentenza MOTOE, né la FIFA né l’UEFA sono enti pubblici né dispongono di alcun diritto speciale o esclusivo, il che implicherebbe che un’impresa che intenda organizzare una competizione calcistica internazionale o europea debba assolutamente ottenere l’approvazione dell’uno o dell’altro di tali organismi. Inoltre, tale impresa non sarebbe tenuta, in forza di alcuna disposizione di diritto pubblico, a rispettare le norme stabilite da tali enti, contrariamente alla situazione di cui trattasi nella causa che ha dato luogo alla citata sentenza OTOC.
76. Pertanto, nulla impedirebbe, in linea di principio, ai club che compongono l’ESL di seguire l’esempio di altre discipline sportive e di creare la propria competizione al di fuori del quadro definito dall’UEFA. Tuttavia, nel caso di specie, il regime di previa approvazione dell’UEFA sembra costituire un ostacolo alla creazione dell’ESL, in primo luogo perché anche i club autori di tale progetto desiderano rimanere affiliati all’UEFA e beneficiare dei vantaggi derivanti da tale affiliazione. A tal riguardo, occorre rilevare che le misure volte a contrastare tale fenomeno della «doppia adesione», quali le clausole di non concorrenza o di esclusiva, non hanno lo scopo di restringere la concorrenza secondo la giurisprudenza della Corte.
77. Infine, la risposta alla questione se, da un punto di vista pratico, una siffatta iniziativa possa effettivamente essere realizzata in considerazione di altri possibili ostacoli, quali, ad esempio, il sistema di sanzioni al quale si esporrebbero i club e i giocatori affiliati all’UEFA (e le conseguenze che una siffatta decisione potrebbe avere sui piani finanziari e sportivi delle parti coinvolte), non può essere fornita sulla base di un esame astratto delle norme in questione, ma solo nell’ambito di un esame dettagliato degli effetti concreti dell’applicazione di tali norme. Inoltre, tali sanzioni avrebbero un effetto restrittivo solo nella misura in cui le società interessate desiderino rimanere affiliate all’UEFA.
84. Tuttavia, l’impatto delle sanzioni inflitte da una federazione sportiva non può essere analizzato in astratto senza considerare il contesto complessivo in cui si inseriscono le misure disciplinari previste da tale federazione. A tal riguardo, occorre valutare concretamente l’effetto dissuasivo che le sanzioni possono avere sulle società (e sui calciatori) interessati e, in particolare, della possibilità che, tenuto conto delle rispettive posizioni sul mercato, questi ultimi decidano di non tener conto del rischio di sanzioni loro inflitte creando un campionato indipendente (e partecipandovi partecipe). Il potere disciplinare di cui gode una federazione sportiva può essere esercitato solo nei «limiti della sua competenza», che – a sua volta – dipende dal suo riconoscimento da parte delle società e dei giocatori ad essa affiliati che, inizialmente, hanno dato il loro consenso volontario ad essere soggetti alle sue regole e, quindi, al suo controllo. Tuttavia se tali società e calciatori decidono di «staccarsi» da tale federazione creando e partecipando a una nuova competizione indipendente, il rischio di sanzioni inflitte potrebbe non avere più alcun effetto dissuasivo nei loro confronti.
Il mio commento: si, è assolutamente possibile creare una competizione privata al di fuori della FIFA o dell’UEFA. In quel caso, inoltre, le sanzioni della confederazione non avrebbero efficacia perché i club non ne sarebbero soggetti. Questa competizione può essere aperta o chiusa, non importa la tipologia perché al di fuori di quegli ecosistemi non si sarebbe soggetti al loro sindacato.
Domanda 1.1) La UEFA può negare sempre e comunque l’approvazione di tornei alternativi, quindi l’accesso al mercato da parte di terzi?
La risposta di Rantos:
48. Occorre tuttavia rilevare, anzitutto, che dalla giurisprudenza della Corte citata al paragrafo 46 delle presenti conclusioni risulta che il semplice fatto che lo stesso ente svolga sia le funzioni di regolatore sia di organizzatore di competizioni sportive non comporta, di per sé, una violazione del diritto della concorrenza dell’Unione. Inoltre, da tale giurisprudenza risulta che l’obbligo principale di una federazione sportiva nella posizione dell’UEFA è quello di garantire che ai terzi non venga indebitamente negato l’accesso al mercato al punto da falsare la concorrenza su tale mercato.
49. Ne consegue che le federazioni sportive possono, a determinate condizioni, negare ai terzi l’accesso al mercato, senza che ciò costituisca una violazione degli articoli 101 e 102 TFUE, purché tale rifiuto sia giustificato da obiettivi legittimi e che le misure adottate da tali federazioni siano proporzionate a tali obiettivi.
85. Per esulare dall’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, le restrizioni imposte dalla normativa UEFA controversa devono essere inerenti al perseguimento di obiettivi legittimi e proporzionate a tali obiettivi. Occorre pertanto esaminare se, come sostengono in sostanza la FIFA e l’UEFA nonché vari governi, nonostante i potenziali effetti restrittivi della concorrenza, le caratteristiche del regime di previa approvazione e del sistema sanzionatorio consentano di raggiungere gli obiettivi legittimi perseguiti dall’UEFA senza eccedere quanto necessario per la loro realizzazione
Mio commento: no, la UEFA non può negare sempre e comunque l’approvazione di tornei privati dentro il suo ecosistema. Infatti ogni rifiuto e ogni eventuale sanzione devono essere tesi al perseguimento di obiettivi legittimi senza eccedere quanto necessario. Un torneo privato e aperto diverso dalla CL ma che genera potenzialmente più entrate, per il semplice fatto che minerebbe il monopolio della UEFA, può essere legittimamente escluso dal mercato delle competizioni? Rantos non lo ha detto perché non era l’oggetto di questo specifico caso ma è implicito ritenere che, a quel punto, la UEFA dovrebbe individuare altre ragioni per giustificare lo sbarramento. Quali possono essere? Beh, questi sono problemi della Confederazione e, nel caso, dei Giudici che esamineranno la nuova problematica. Ma se con un torneo chiuso la UEFA partiva già in vantaggio di 1-0, con un torneo aperto le posizioni si ribalterebbero.
Domanda 2) La Superlega iniziale, cioè chiusa, poteva considerarsi legittima?
La risposta di Rantos:
101. Nel caso di specie è pacifico che la maggior parte dei club partecipanti all’ESL (vale a dire 15 dei 20 partecipanti) vedrebbe garantita la propria partecipazione. Inoltre, i club fondatori della ESL intendevano continuare a partecipare alle competizioni nazionali aperte organizzate dalle federazioni e dalle leghe nazionali sotto l’egida della FIFA e della UEFA.
102. Tuttavia, una siffatta competizione avrebbe inevitabilmente un impatto negativo sui campionati nazionali, riducendo l’attrattiva di tali competizioni (e in particolare di quelle degli Stati membri i cui club fanno parte dell’ESL). Allo stato attuale, la posizione finale ottenuta alla fine di ogni stagione nei campionati nazionali gioca un ruolo decisivo nel determinare i partecipanti alla massima competizione europea, il che (a seconda del livello del campionato nazionale) rende particolarmente attraente raggiungere i primi posti in quei campionati. Tale elemento potrebbe svanire, o almeno essere significativamente indebolito, se i risultati dei campionati nazionali fossero in gran parte irrilevanti per la partecipazione al livello più alto della piramide, come sembra essere indicato dalle ambizioni di ESLC. I club fondatori sarebbero così protetti, nei loro campionati nazionali, dalla concorrenza di club rivali per un posto in una competizione europea di alto livello. Tuttavia, una siffatta competizione non appare coerente con il principio che disciplina il calcio europeo, secondo il quale la partecipazione alle competizioni si basa sul «merito sportivo» e sui risultati conseguiti sul campo.
103. Inoltre, un concorso con le caratteristiche dell’APS potrebbe avere un impatto negativo sul principio delle pari opportunità, che costituisce una componente dell’equità dei concorsi. Grazie alla loro partecipazione garantita all’ESL, alcuni club potrebbero registrare entrate aggiuntive significative, pur continuando allo stesso tempo a partecipare a competizioni nazionali in cui affronterebbero altri club che non sarebbero in grado di generare entrate su scala comparabile, per non parlare di una base permanente e costante. I proventi garantiti dalla partecipazione permanente al più alto livello possono essere considerati un vantaggio competitivo significativo nel finanziamento dell’acquisizione e della remunerazione di nuovi operatori, che costituisce un parametro decisivo della concorrenza. Il fatto che esistano attualmente disparità significative tra i club che partecipano alle competizioni UEFA non sarebbe in grado di giustificare un aumento di tali disparità.
Il mio commento: no, la Superlega chiusa non può esistere all’interno degli ecosistemi UEFA e FIFA che possono legittimamente impedirne la nascita (non approvandone la creazione). Una competizione chiusa, peraltro, svilirebbe i campionati nazionali che quindi potrebbero legittimamente escludere, su input della UEFA, i partecipanti alla Superlega ad “accesso esclusivo”.
Rantos rincara la dose:
105. Fatte salve le verifiche che spetta al giudice del rinvio effettuare al riguardo, il modello ESL rischierebbe altresì di rimettere in discussione il principio di solidarietà, in quanto la creazione di tale formato di competizione potrebbe avere l’effetto di pregiudicare l’attrattiva e la redditività delle competizioni dell’UEFA (in particolare la Champions League) e di ridurre così gli introiti da queste ultime, una percentuale dei quali è destinata al calcio di base.
106. Oltre agli obiettivi puramente sportivi, e anche ammettendo che le ragioni sia delle norme stabilite dall’UEFA e della FIFA sia delle minacce di sanzioni da esse formulate consistessero in considerazioni puramente economiche, siffatte disposizioni statutarie potrebbero, quanto meno, rivelarsi necessarie. Ritengo pertanto che, nell’ambito della presente causa, l’applicazione delle norme stabilite dall’UEFA e il suo comportamento nei confronti dell’ESLC debbano essere interpretati nel senso che mirano ad evitare uno scenario di «doppia adesione» (o addirittura di free riding) che rischierebbe di indebolire la posizione dell’UEFA (e quindi della FIFA) sul mercato.
107. A tal riguardo, occorre rilevare che l’intenzione dell’ESLC non è quella di creare un campionato chiuso e indipendente «vero e proprio» (un campionato separatista), bensì di porsi come concorrente rispetto all’UEFA nel segmento più redditizio del mercato dell’organizzazione delle competizioni calcistiche europee, pur continuando a far parte dell’ecosistema UEFA partecipando ad alcune di tali competizioni (e in particolare ai campionati nazionali). In altre parole, sembrerebbe che i club fondatori dell’ESLC vogliano, da un lato, beneficiare dei diritti e dei vantaggi legati all’adesione alla UEFA, senza tuttavia essere vincolati dalle regole e dagli obblighi dell’UEFA.
108. Dal punto di vista del diritto della concorrenza, non si può contestare ad un’impresa (o ad un’associazione di imprese come l’UEFA) di aver tentato di tutelare i propri interessi economici, in particolare in relazione a un progetto «opportunistico» che rischierebbe di indebolirla in modo significativo. A tal riguardo, occorre ricordare che la Corte ha già ritenuto opportune disposizioni dello statuto di un’associazione cooperativa che limitano la capacità dei suoi membri (anche attraverso sanzioni di esclusione) di partecipare ad altre forme di cooperazione in concorrenza.
109. Infine, occorre rilevare che, a differenza della causa C-124/21 P (International Skating Union/Commissione), attualmente pendente dinanzi alla Corte, la presente causa non riguarda il rifiuto da parte dell’UEFA dell’organizzazione di una competizione o l’imposizione da parte sua di misure disciplinari nei confronti di società che intendono partecipare a una competizione o a una manifestazione di terzi che non rischino di influenzare il calendario sportivo o di destabilizzare la struttura esistente del modello di governance e organizzazione della disciplina sportiva interessata.
110. Alla luce delle considerazioni che precedono, ritengo che il mancato riconoscimento, da parte della FIFA e dell’UEFA, di una competizione essenzialmente chiusa come l’ESL possa essere considerato inerente al perseguimento di taluni obiettivi legittimi (ai sensi della giurisprudenza derivante dalle sentenze del 19 febbraio 2002, Wouters e a. (C-309/99, EU:C:2002:98), e del 18 luglio 2006, Meca-Medina e Majcen/Commissione (C-519/04 P, EU:C:2006:492), in quanto tale non riconoscimento mira a mantenere i principi di partecipazione fondati sui risultati sportivi, sulle pari opportunità e sulla solidarietà su cui si fonda la struttura piramidale del calcio europeo.
Mio commento: una competizione chiusa potrebbe potenzialmente ridurre l’attrattività della Champions League, ed una parte dei soldi della CL sono destinati all’attività di base. Questo giustifica il mancato riconoscimento della competizione chiusa. Per cui un club che volesse seguire questa strada, cioè partecipare ad una competizione esclusiva, dovrebbe scegliere se partecipare alla UEFA oppure se uscire da essa e giocare soltanto nella competizione privata.
La diretta conseguenza di ciò è che i club, se vogliono realmente seguire la strada della competizione privata, devono ideare un modello aperto che si ponga come alternativa alla UEFA a livello di Confederazione, oppure come alternativa alla Champions League chiedendo l’approvazione della UEFA che, a quel punto, di fronte ad una competizione aperta, dovrebbe usare argomenti diversi per rigettare la richiesta. Ma quali? Per Ceferin diventerebbe tutto più complicato.
Per capire meglio ecco la Piramide dello Sport:
I club italiani sono affiliati alla FIGC, a sua volta membro della UEFA che funge da raccordo tra Federazioni Sportive Nazionali (FSN) e FIFA. Tutti i club sono obbligati a rispettare le regole di FSN, UEFA e FIFA fino a quando ci giocano. Ma chiaramente nessuna di queste Federazioni può comminare sanzioni in modo arbitrario.
Domanda 3) Queste regole possono spingersi fino a sanzionare club e giocatori che partecipano ad una competizione privata e chiusa?
La risposta di Rantos:
ii) Sulla proporzionalità del sistema sanzionatorio
119. Nelle sentenze in cui la Corte ha dichiarato che le sanzioni ripartite, da un lato, agli sportivi che non hanno rispettato le norme della federazione e, dall’altro, ai membri di un’associazione professionale sono inerenti alla luce degli obiettivi perseguiti, la Corte ha tenuto a sottolineare l’importanza di garantire la proporzionalità delle misure disciplinari in questione. (59)
120. Per quanto riguarda le minacce di sanzioni formulate dall’UEFA, occorre distinguere tra le sanzioni che possono essere applicate alle società e quelle alle quali sembrano essere esposti i giocatori delle società coinvolte nella creazione dell’APS.
121. Pertanto, sanzionare i giocatori che non hanno partecipato alla decisione di istituire l’ESL mi sembra sproporzionato, in particolare per quanto riguarda la loro partecipazione alle squadre nazionali. Pertanto, una decisione consistente nel punire i calciatori che non sembrano aver tenuto alcun comportamento scorretto nei confronti delle norme dell’UEFA e il cui coinvolgimento nella creazione dell’ESL non sembra essere stato dimostrato indicherebbe un’applicazione illecita ed eccessiva di tali norme. Inoltre, privare le squadre nazionali interessate di alcuni dei loro giocatori equivarrebbe a sanzionarle anche indirettamente, situazione che appare parimenti sproporzionata.
122. Per contro, le sanzioni inflitte alle società calcistiche affiliate all’UEFA, in caso di partecipazione a una competizione internazionale come l’ESL, possono apparire proporzionate tenuto conto, in particolare, del ruolo svolto da tali società nell’organizzazione e nella creazione di una competizione che, per le ragioni esposte ai paragrafi da 102 a 105 delle presenti conclusioni, non sembrano rispettare i principi fondamentali che strutturano l’organizzazione e il funzionamento del calcio europeo.
Mio commento: nessun giocatore potrà mai essere escluso dalla sua nazionale per il semplice fatto di aver partecipato ad un torneo privato non riconosciuto da FIFA/UEFA. Quindi i giocatori non dovranno mai preoccuparsi di tutto questo e potranno sempre giocare i campionati europei e le coppe del mondo. Invece le squadre che creano un torneo privato chiuso possono essere soggette a misure sanzionatorie se restano all’interno dell’ecosistema UEFA/FIFA (al momento le uniche che non hanno stipulato un accordo con la UEFA sono Barca, Real e Juve).
E se invece queste squadre creassero un torneo privato aperto che avesse un meccanismo di solidarietà e di distribuzione del denaro anche alle attività di base? Torniamo a quanto detto sopra: la UEFA dovrebbe giustificare i motivi di una nuova esclusione ma stavolta le motivazioni sarebbero davvero difficili da trovare.
Domanda 4) il torneo privato che si pone al di fuori della FIFA/UEFA si deve adeguare alle regole delle due confederazioni internazionali?
La risposta di Rantos:
139. Per le ragioni che seguono, ritengo che l’«ecosistema» UEFA e FIFA non possa essere considerato uno «strumento essenziale» e che l’applicazione di tale dottrina nel caso di specie debba pertanto essere respinta.
140. Per quanto riguarda, in primo luogo, l’obbligo di previa autorizzazione, è evidente che tale approvazione non è necessaria affinché un terzo, ad esempio l’ESLC, possa organizzare una nuova competizione calcistica. Come rilevato al paragrafo 75 delle presenti conclusioni, nessun ostacolo giuridico può impedire ai club partecipanti all’iniziativa ESLC di istituire e organizzare liberamente la propria competizione, al di fuori dell’ecosistema UEFA e FIFA. L’approvazione di tali federazioni è quindi richiesta solo nei limiti in cui le società partecipanti all’ESL desiderino rimanere affiliate all’UEFA e continuare a partecipare alle competizioni calcistiche da essa organizzate.
141. In secondo luogo, la creazione di un campionato come l’ESL non richiede la riproduzione dell’infrastruttura UEFA esistente e degli obblighi connessi. Nulla impone agli organizzatori di una nuova competizione indipendente di basare il loro progetto su un modello organizzativo simile a quello della UEFA e della FIFA. Pertanto, come menzionato ai paragrafi 106 e 107 delle presenti conclusioni, la vera questione nel caso di specie riguarda la possibilità che tali società avranno di creare il proprio campionato e di cercare, al contempo, di continuare a partecipare all’ecosistema calcistico della FIFA e dell’UEFA, nonché alle competizioni da esse organizzate. In una situazione del genere, la giurisprudenza relativa alle infrastrutture essenziali non può essere rilevante.
Mio commento: viene ribadito che l’approvazione di FIFA/UEFA è necessaria solo se i club vogliono rimanere all’interno di uno dei due ecosistemi. Così come il mantenimento delle loro infrastrutture regolamentari non è necessario se ci si pone al di fuori di esse. Sul punto è bene specificare che la FIFA gestisce il calcio a livello mondiale ma la UEFA rispetto alla FIFA si pone ad un livello inferiore nella piramide del calcio. Per cui un club potrebbe, in linea teorica, staccarsi dalla UEFA ma continuare ad essere legittimato dalla FIFA se facente parte di una competizione accettata da una Confederazione alternativa (es. AFC, CAF, CONCACAF, CONMEBOL, OFC). Quindi, sempre in linea puramente teorica, due piedi in una scarpa si potrebbero anche tenere ma a quel punto la FIFA, riconoscendo una competizione concorrente della UEFA col supporto di una delle altre Confederazioni, dovrebbe mettersela contro.
Conclusioni
Da quanto evidenziato in questo lungo approfondimento, è bene partire da un concetto: la UEFA ha vinto la battaglia contro la Superlega chiusa. E questo era facilmente ipotizzabile. Ma la battaglia contro l’organizzazione di qualsiasi torneo privato è ben lungi dall’essere vinta. Infatti, come sostiene anche l’avvocato generale “In tale contesto, la «particolare responsabilità» della FIFA e dell’UEFA, ai sensi dell’articolo 102 TFUE, risiede proprio nel loro obbligo di garantire, nell’esame delle domande di autorizzazione di una nuova competizione, che ai terzi non sia indebitamente negato l’accesso al mercato” (punto 130 delle conclusioni). E’ chiaro che se la UEFA all’interno del suo ecosistema negasse sistematicamente l’approvazione di un torneo alternativo aperto, ostacolarebbe indebitamente l’accesso al mercato.
Ecco il commento da parte di A22, socio unico della ESL, che sottolinea le aperture concesse da Rantos:
Madrid, 15 dicembre 2022 – Nella causa European Super League Company v UEFA/FIFA, Athanasios Rantos, Avvocato Generale della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE), ha presentato oggi il suo parere consultivo non vincolante. Egli ha affermato che la UEFA è l’organizzatore dominante, finanche monopolistico, di tutte le principali competizioni europee per club e ha una “responsabilità speciale” nel garantire che a terzi non venga indebitamente negato l’accesso al mercato.
L’AG Rantos ha dichiarato che le condizioni di accesso al mercato devono essere chiare, obiettive e il più possibile dettagliate, in modo che gli organizzatori di competizioni alternative siano in grado di rispettarle. Per gli organizzatori terzi che soddisfano queste condizioni, la federazione in questione non deve rifiutare l’accesso. In particolare, la UEFA non può prendere in considerazione i propri interessi personali in qualsiasi processo di autorizzazione.
Infine, i club e i giocatori interessati devono essere in grado di conoscere in anticipo le condizioni alle quali possono partecipare a eventi di terzi e le sanzioni alle quali potrebbero incorrere. Dato il loro effetto deterrente, le sanzioni devono essere sufficientemente chiare, prevedibili e proporzionate per limitare qualsiasi rischio di applicazione arbitraria.
Bernd Reichart, CEO di A22 Sports Management, ha dichiarato: “Il parere dell’Avvocato Generale è un passo in una causa in corso, e siamo soddisfatti del riconoscimento del diritto di terzi di organizzare competizioni paneuropee per club. L’Avvocato Generale ha chiarito che la UEFA ha una posizione monopolistica che comporta importanti responsabilità per consentire a terzi di agire liberamente sul mercato. Tuttavia, crediamo che i 15 giudici della Grande Camera, ai quali è stata affidata la responsabilità di esaminare questo caso, andranno sostanzialmente oltre e offriranno ai club l’opportunità di gestire il proprio destino in Europa”.
A22 è un co-reclamante nella causa contro la UEFA/FIFA. In attesa di una sentenza definitiva della CGUE nella primavera del 2023, A22 ha avviato un dialogo esteso con un ampio gruppo di stakeholder del calcio a partire dall’ottobre 2022. L’obiettivo è quello di facilitare lo sviluppo di un modello sportivo sostenibile per le competizioni europee per club che rifletta gli interessi reciproci e a lungo termine dei tifosi e della comunità calcistica in generale. Questo dialogo tra le parti interessate è necessario per prepararsi a tutti i potenziali esiti del processo legale in corso. A seguito della sentenza definitiva della CGUE, i club calcistici devono essere pronti a riprendere in mano i propri interessi e a sostenere una struttura di governance e di competizione che sia pienamente conforme al diritto e ai principi dell’UE.
Questo vuol dire che – anche all’interno della UEFA – è ancora possibile creare delle alternative alla Champions League, purché queste alternative rispettino i principi di solidarietà finanziaria e siano aperte al merito sportivo. Inoltre i giocatori, a prescindere dal tipo di competizione creata (chiusa o aperta) non potranno mai essere puniti per aver partecipato ad una competizione contestata; quindi non potranno mai essere puniti per le eventuali azioni dei propri club. Quest’ultimi, invece, potranno essere legittimamente sanzionati se creeranno una competizione parallela chiusa e se vorranno pure restare nella UEFA/FIFA. Ma la legittimità delle sanzioni verrebbe meno se, invece, i club creassero una competizione aperta e rispettosa dei principi solidaristici a cui si ispira la stessa confederazione internazionale. A quel punto, infatti, il rifiuto e la conseguente reazione sanzionatoria sarebbero indebiti a meno che la UEFA non riuscisse a trovare altre giustificazioni.
Questo il commento della confederazione, che invece sottolinea le chiusure affermate dall’avvocato generale:
La UEFA apprezza le odierne, inequivocabili conclusioni che sollecitano una decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) a sostegno del nostro mandato cardine di governare il calcio europeo, proteggere la piramide calcistica e far crescere ulteriormente il calcio in Europa.
La UEFA accoglie quindi con favore le conclusioni inequivocabili tratte oggi dall’Avvocato Generale, Athanasios Rantos, che rappresentano un passo incoraggiante verso la conservazione dell’attuale struttura di governance dinamica e democratica della piramide calcistica europea. Il parere dell’avvocato rafforza il ruolo centrale delle federazioni nel proteggere lo sport, sostenendo i principi fondamentali del merito sportivo e dell’accesso aperto a tutti i nostri membri, e nell’unire il calcio con responsabilità e solidarietà condivise.
Il calcio in Europa rimane unito e fermamente contrario al progetto della Superlega, o a qualsiasi altra proposta di separazione, che minaccerebbe l’intero ecosistema sportivo europeo.
In attesa della sentenza finale della Corte, prevista per l’anno prossimo, la UEFA – in quanto organo di governo di interesse pubblico e senza scopo di lucro – continuerà a concentrarsi interamente sul suo mandato di sviluppare un calcio accessibile a tutti, in stretta collaborazione con federazioni nazionali, leghe, club, giocatori, tifosi, istituzioni dell’UE, governi e altri portatori d’interesse che hanno a cuore i veri valori del calcio.
Chiaramente ogni istituzione in gioco (A22/UEFA) ribadisce solo i passaggi a loro favorevoli ma, nella sostanza, se da parte di Rantos vi è stata una netta chiusura verso un torneo chiuso, non può dirsi altrettanto verso un torneo aperto (simile alla CL), la cui bocciatura difficilmente troverebbe una valida giustificazione e negherebbe in modo ingiusto l’accesso al mercato da parte di un concorrente.
Per quanto suesposto il monopolio della UEFA è stato certamente intaccato. Adesso spetterà ai club far diventare la crepa una voragine, oppure utilizzare la minaccia di questa crepa per ottenere risultati all’interno delle competizioni già esistenti.
Chi si aspettava un “tana liberi” tutti è rimasto deluso, ma chi ritiene che la UEFA abbia vinto su tutti i fronti si sbaglia di grosso. E’ sufficiente rileggere per due, tre, se necessario quattro volte questo approfondimento.
Avv. Felice Raimondo.
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