Con la sentenza n. 16303/2018, le Sezioni Unite Civili della Suprema Corte di Cassazione hanno fatto chiarezza sul rapporto tra le commissioni di massimo scoperto (c.d. CMS) ed i tassi usurari dei contratti bancari.
La vicenda trae origine dall’opposizione allo stato passivo di una banca che non era stata ammessa dal Giudice tra i creditori che potevano insinuarsi nella procedura fallimentare riguardante una società. Il Tribunale respingeva l’opposizione ritenendo opponibile al fallimento la documentazione prodotta dalla banca, ma comunque insussistente il credito, risultando dalla consulenza tecnica di ufficio espletata che il saldo del conto corrente era largamente attivo per la società correntista.
Ciò a causa sia della esclusione dal calcolo, per difetto di documentazione, delle operazioni di addebito e accredito derivanti dal conto anticipi su fatture connesso al conto corrente (eccezion fatta per gli accrediti recanti la causale “quota non anticipata”), sia del riscontrato sistematico superamento (salvo che per il primo e secondo trimestre del 2007) del tasso soglia dell’usura c.d. presunta, grazie anche al conteggio delle commissioni di massimo scoperto (CMS) sulla scorta della giurisprudenza penale di legittimità e del disposto dell’art. 2 bis d.l. 29 novembre 2008, n. 185, introdotto dalla legge di conversione 28 gennaio 2009, n. 2, inteso quale norma di interpretazione autentica dell’art. 644, quarto comma, cod. pen.
La questione, quindi, veniva rimessa dinanzi alle Sezioni Unite visti i contrasti in seno alle diverse sezioni della Corte di Cassazione.
Gli Ermellini si soffermavano in particolare sul terzo motivo d’impugnazione, accolto, in cui “si denunciava la violazione dell’art. 2 legge 7 marzo 1996, n. 108, dell’art. 1, comma 1, d.l. 29 dicembre 2000, n. 394, conv. in legge 28 febbraio 2001, n. 24, dell’art. 2 bis, comma 2, d.l. n. 185 del 2008, cit., e dell’art. 644 cod. pen., viene posta la questione della computabilità delle commissioni di massimo scoperto agli effetti del superamento del tasso soglia dell’usura, di cui all’art. 644, comma terzo, primo periodo, cod. pen.
Il principio di diritto enunciato è il seguente: “Con riferimento ai rapporti svoltisi, in tutto o in parte, nel periodo anteriore all’entrata in vigore delle disposizioni di cui all’art. 2 bis d.l. n. 185 del 2008, inserito dalla legge di conversione n. 2 del 2009, ai fini della verifica del superamento del tasso soglia dell’usura presunta come determinato in base alle disposizioni della legge n. 108 del 1996, va effettuata la separata comparazione del tasso effettivo globale d’interesse praticato in concreto e della commissione di massimo scoperto (C ) eventualmente applicata – intesa quale commissione calcolata in misura percentuale sullo scoperto massimo verificatosi nel periodo di riferimento – rispettivamente con il tasso soglia e con la “C soglia”, calcolata aumentando della metà la percentuale della C media indicata nei decreti ministeriali emanati ai sensi dell’art. 2, comma 1, della predetta legge n. 108, compensandosi, poi, l’importo della eventuale eccedenza della C in concreto applicata, rispetto a quello della C rientrante nella soglia, con il “margine” degli interessi eventualmente residuo, pari alla differenza tra l’importo degli stessi rientrante nella soglia di legge e quello degli interessi in concreto praticati”
La soluzione delle Sezioni Unite si pone a metà del guado: pur escludendo che l’art. 2 bis d.l. n. 185 del 2008, possa essere qualificato norma di interpretazione autentica dell’art. 644, quarto comma, cod. pen., hanno ritenuto che il carattere innovativo della disposizione non bastasse ad escludere le CMS dalla verifica sull’usura in quanto “una tale asimmetria contrasterebbe palesemente con il sistema dell’usura presunta come delineato dalla legge n. 108 del 1996, la quale definisce alla stessa maniera (usando le medesime espressioni: «commissioni», «remunerazioni a qualsiasi titolo», «spese, escluse quelle per imposte e tasse») sia – all’art. 644, comma quarto, cod. pen. – gli elementi da considerare per la determinazione del tasso in concreto applicato, sia – all’art. 2, comma 1, legge n. 108 cui rinvia l’art. 644, terzo comma, primo periodo, cod. pen. – gli elementi da prendere in considerazione nella rilevazione trimestrale, con appositi decreti ministeriali, del T e, conseguentemente, per la determinazione del tasso soglia con cui va confrontato il tasso applicato in concreto; con ciò indicando con chiarezza che gli elementi rilevanti sia agli uni che agli altri sono gli stessi.”
Ciò detto, le CMS non rientrano nel calcolo del TEGM “essendo rilevate separatamente secondo grandezze non omogenee rispetto al tasso degli interessi”, quindi la soglia con cui raffrontarle non può essere quella prevista per gli interessi corrispettivi. Nello specifico, come enunciato nel principio di diritto, la soglia con cui raffrontare le CMS ai fini dell’usura viene definita “C” soglia e viene calcolata aumentando della metà la percentuale della “C” media indicata nei decreti ministeriali emanati ai sensi dell’art. 2, comma 1, della predetta legge n. 108.
Peraltro l’applicazione di commissioni che superano l’entità della “C soglia” non determina di per sé l’usurarietà del rapporto, che va invece desunta da una valutazione complessiva delle condizioni applicate. A tal fine, per ciascun trimestre, l’importo della C percepita in eccesso va confrontato con l’ammontare degli interessi (ulteriori rispetto a quelli in concreto applicati) che la banca avrebbe potuto richiedere fino ad arrivare alle soglie di volta in volta vigenti (“margine”). Qualora l’eccedenza della commissione rispetto alla “C soglia” sia inferiore a tale “margine” è da ritenere che non si determini un supero delle soglie di legge.
In sostanza può succedere che le CMS così calcolate siano sopra la soglia, mentre gli interessi corrispettivi complessivi siano sotto la soglia. Quindi per verificare l’effettivo sforamento (usurarietà del contratto) va effettuata una valutazione complessiva che compensi i due risultati così ottenuti separatamente.