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Cassazione: la plusvalenza è provento ordinario e dunque va tassata ai fini IRAP.

18 Febbraio 2019 In Aspetti economici e giuridici, Attualità, Diritto Sportivo, L'avvocato del Diavolo, News
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Con tre ordinanze gemelle, le nn. 2144, 2145 e 2146, depositate il 25 gennaio 2019, la Suprema Corte di Cassazione ha definitivamente sancito che le plusvalenze derivanti dalla compravendita dei calciatori non sono attività “straordinarie”, bensì “ordinarie” e dunque concorrono alla formazione della base imponibile ai fini IRAP. Ma procediamo con ordine.

Tutto nasce da una controversia tra l’F.C. Internazionale e l’Agenzia delle Entrate relativamente a tre avvisi di accertamento per gli anni fiscali:

  • 2001: plusvalenze non dichiarate pari ad € 102,4M
  • 2002: plusvalenze non dichiarate pari ad € 72,8M
  • 2003: plusvalenze non dichiarate pari ad € 22,4M

Secondo l’ente accertatore, le plusvalenze derivavano dalla cessione dei contratti relativi alle prestazioni sportive dei calciatori della società, costituenti oggetto della gestione ordinaria delle società sportive, con recupero dell’imponibile ai fini Irap, ai sensi dell’art. 11 comma 3 del d.lgs. 446 del 1997, non potendosi condividere la contabilizzazione in bilancio nella voce del conto economico E 20 tra i proventi e gli oneri straordinari.

Trattavasi, invece, di cessione del contratto avente ad oggetto il diritto alla prestazione esclusiva del calciatore per la durata del contratto.
Quanto alle minusvalenze l’art. 66 d.p.r. 917/1986, all’epoca vigente, consentiva la deducibilità delle stesse solo se “realizzate” ai sensi dell’art. 54, quindi mediante “cessione a titolo oneroso”, mentre nella specie le stesse derivavano dalla cessione senza corrispettivo di alcuni contratti relativi a prestazioni sportive di altri calciatori.

Se in primo grado la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso dell’Inter, in appello la Commissione Tributaria regionale ribaltava il verdetto sulla base delle motivazioni proposte dall’Agenzia delle Entrate in relazione alle plusvalenze, in quanto il contratto tra le due società sportive aveva ad oggetto il diritto all’utilizzo esclusivo della prestazione sportiva del calciatore. Tale diritto era qualificato come immobilizzazione immateriale, iscritto nell’attivo dello stato patrimoniale, quale bene ammortizzabile. La CTR rigettava, invece, l’impugnazione relativa alle minusvalenze in quanto vi era stato, comunque, un contratto a titolo oneroso, in quanto la cessionaria seppure non corrispondeva alcunchè alla cedente, era onerata degli oneri per il compenso dell’atleta a carico della cedente, che se ne liberava.

L’Agenzia delle Entrate, dunque, proponeva ricorso per Cassazione, con l’FC Internazionale che si costituiva proponendo ricorso incidentale. Dopo aver dichiarato l’infondatezza relativamente ad eccezioni riguardanti difetti di notifica, il Supremo Consesso scende nel merito e con un articolato ragionamento esprime quanto segue.

In via preliminare va effettuato l’esame sulla natura di plusvalenza, rilevante ai fini Irap, dei corrispettivi ricevuti dalla società sportiva per la cessione del contratto dei calciatori.
Prima della legge n. 91/1981, infatti, l’atleta professionista era legato alla società sportiva, oltre che dal contratto di prestazione sportiva, anche dal “vincolo sportivo”, che costituiva un rapporto autonomo e distinto, in base al quale la società acquisiva il diritto, esclusivo ed alienabile a terzi, all’utilizzo dell’atleta per l’intera durata della sua carriera sportiva.
Successivamente, la legge 91 del 1981 ha regolamentato in modo diverso la materia, prevedendo, all’articolo 3, che “la prestazione a titolo oneroso dell’atleta costituisce oggetto di contratto di lavoro subordinato regolato dalle norme contenute nella presente legge”. L’articolo suddetto disciplina il rapporto di prestazione sportiva a titolo oneroso, che si costituisce mediante assunzione diretta e con la stipulazione di un contratto in forma scritta tra lo sportivo e la società destinataria delle prestazioni sportive.
L’art. 5 comma 2 prevede poi che “è ammessa la cessione del contratto, prima della scadenza, da una società sportiva ad un’altra, purchè vi consenta l’altra parte e siano osservate le modalità fissate dalle federazioni sportive nazionali”.
L’art. 11, comma 3, del d.lgs. 446 del 1997, all’epoca vigente, dispone che “Ai fini della determinazione della base imponibile di cui agli articoli 5, 6 e 7 concorrono ….in ogni caso, le plusvalenze e le minusvalenze relative a beni strumentali non derivanti da operazioni di trasferimento di azienda”.

La Federazione Italiana Gioco Calcio (FIGC), nell’interpretare l’art. 5 comma 2 della legge 91 del 1981, ha ritenuto che tale fattispecie si configurasse come una commissione di tre atti distinti:

  • l’accordo tra le due società sportive e l’atleta per il trasferimento di questi;
  • l’accordo tra le due società per la risoluzione anticipata del contratto di prestazione sportiva in essere;
  • la stipulazione di un nuovo contratto tra l’atleta e la nuova società;

Il corrispettivo versato dalla cessionaria, quindi, non ha come causa la cessione del contratto esistente, ma solo la sua anticipata cessazione. Il diritto a concludere un nuovo contratto, per quanto bene immateriale, non rientra tra quelli strumentali all’esercizio dell’attività sportiva. In assenza della stipulazione del nuovo contratto, questo diritto “non è suscettibile di alcuna autonoma funzione “produttiva”, sicchè le somme pattuite non costituiscono plusvalenze relative a beni strumentali.
L’Agenzia delle entrate, con la risoluzione 213 del 19-12-2001, ha, invece, optato per la diversa tesi della sussistenza della plusvalenza, in quanto trattasi di cessione del contratto, come del resto espressamente previsto all’art. 5 comma 2 della legge 91 del 1981. Oggetto del contratto è il diritto alla prestazione sportiva esclusiva per la durata del contratto stesso dietro corrispettivo. Il diritto all’utilizzo esclusivo deve essere considerato un bene immateriale strumentale. Trattasi di una immobilizzazione, in quanto non esaurisce la propria utilità in un solo esercizio, ma manifesta i suoi benefici economici lungo un arco temporale di più esercizi, assimilabile ai beni immateriali, ammortizzabile ai sensi dell’art. 68 d.p.r. 917/1986. Pertanto, il compenso derivante dalla cessione del bene immateriale strumentale genera plusvalenza o minusvalenza.

II trasferimento di un calciatore rientra poi nella gestione ordinaria “accessoria” di una società sportiva. Nel conto economico di cui all’art. 2425 c.c. le plusvalenze vanno, quindi, indicate alla voce A n. 5 “altri ricavi e proventi”, non come proventi straordinari di cui alla voce del conto economico E 20. Il compenso va, allora, iscritto tra le immobilizzazioni materiali dello stato patrimoniale, alla voce BI 7.

La seconda tesi, sostenuta dalla Agenzia delle entrate, è stata ritenuta corretta dal Consiglio di Stato, nel parere n. 5285/2012 dell’11-12-2012, per il quale il contratto di lavoro degli atleti professionisti rappresenta un bene dotato di una autonoma utilità economica, sicchè è suscettibile di negoziazione, in quanto le prestazioni sportive oggetto del contratto possono essere sfruttate anche da altre società sportive.

La giurisprudenza di legittimità (Cass.Civ., 2 dicembre 2015, n. 24588) ha sostanzialmente riconosciuto la validità della interpretazione normativa fornita dal Consiglio di Stato, eliminando l’applicazione delle sanzioni, per condotte del contribuente anteriori all’11-12-2012, data di pubblicazione del parere del Consiglio di Stato, che ha eliminato i dubbi al riguardo.
Si è affermato, quindi, che, in tema di sanzioni amministrative per violazioni tributarie, l’incertezza normativa oggettiva che costituisce causa di esenzione dalla responsabilità amministrativa tributaria, non sussiste in caso di divergenza tra l’indirizzo interpretativo seguito dall’Amministrazione finanziaria e le indicazioni fornite dall’associazione di categoria del contribuente, essendo necessaria la presenza di contrasti giurisprudenziali sull’oggetto della controversia.

La Suprema Corte, dunque, proprio per la presenza di orientamenti giurisprudenziali non univoci sul punto nella giurisprudenza di merito, ha ritenuto la ricorrenza dell’incertezza normativa oggettiva e, dunque, dell’esimente, almeno fino al parere del Consiglio di Stato in data 11 dicembre 2012, in ordine all’interpretazione delle norme che regolano l’imponibilità, a fini IRAP, delle plusvalenze e minusvalenze generate dalla cessione di calciatori e diritti di compartecipazione da parte delle società sportive professionistiche.

Gli Ermellini, quindi, facendo seguito all’orientamento del Consiglio di Stato concludono affermando che, nella specie, non si verte in tema di plusvalenze “straordinarie”, ma di plusvalenze che derivano dalla gestione “ordinaria” della società sportiva, che si attua anche con la cessione dei contratti di prestazioni sportive. Il trasferimento di un calciatore, infatti, è un atto che rientra nella gestione di una squadra di calcio, rappresentando un evento collegato all’attività ordinaria della società sportiva, sicchè le plusvalenze derivanti dall’alienazione di immobilizzazioni, quando la cessione del bene costituisce un evento ordinario della gestione dell’impresa, fanno parte dei proventi ed oneri della gestione “ordinaria” accessoria. In tal modo, nel conto economico di cui all’art. 2425 c.c. le plusvalenza di questa tipologia vanno imputate alla voce “valore della produzione” A 5 “ricavi e proventi” e non alla voce E “proventi ed oneri”.


L’impatto di queste ordinanze è senz’altro importante in quanto va ad incidere su tutti quei club calcistici italiani che applicano con costanza le plusvalenze per fare opera di maquillage contabile. Inoltre conferma definitivamente che il Player Trading ormai è un’attività ordinaria, quindi una voce del fatturato tutt’altro che eccezionale o sporadica.

Tuttavia, in termini pratici, l’incidenza di questa tassazione non sconvolgerà il mondo del calcio.

Infatti se d’ora in poi le plusvalenze faranno parte della base imponibile ai fini IRAP, semplicemente le società calcistiche che prima pagavano il 3,9% di IRAP (ad esempio) su un imponibile pari a 100, domani pagheranno il 3,9% su un imponibile pari a 150. Questo, ovviamente, determinerà un maggior costo per i club che – come solitamente accade quando aumentano le tasse – sarà sopportato dagli utenti finali con probabili aumenti dei prezzi di beni quali biglietti e prodotti ufficiali. Ma non solo: la “nuova” tassa può essere ammortizzata anche con un maggior costo della cessione che genera la plusvalenza che, quindi, d’ora in poi avrà un prezzo percentualmente X più alto rispetto a prima. Ossia una cifra uguale alla tassa che le società dovranno pagare o, comunque, abbastanza più alta da poter annullare tale nuovo maggior costo riferibile all’IRAP.

Insomma gli escamotage (assolutamente legali) per “digerire” questa novità non sono pochi. Ciò detto, a titolo puramente informativo, ecco le plusvalenze generate dai principali tre top club italiani negli ultimi 5 anni:

Il Milan fino ad oggi, almeno stando alla lettura dei bilanci, non ha contenziosi aperti con l’Agenzia delle Entrate.


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Cassazione IRAP Plusvalenze

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