Modelli organizzativi e responsabilità oggettiva nel mondo del calcio. Cosa cambia con l’applicazione del D.Lgs. 231/2001
In data primo ottobre 2019, il presidente FIGC, Gabriele Gravina, ha annunciato una svolta epocale per il calcio italiano: “La responsabilità non è più oggettiva ma diventa personale. Non abbiamo intaccato il principio di base, ma se una società oggi adotta e applica in concreto il nostro modello virtuoso non ha più nulla da temere e non si parla più di responsabilità oggettiva. Se invece qualche club non ha voglia di dare un nome e un cognome alla responsabilità, allora questa ritorna oggettiva”.
Ma cosa cambia in concreto per le società di calcio? Scopriamolo insieme:
- Il modello organizzativo ex D.Lgs. 231/2001
- Il modello organizzativo nel mondo del calcio
- Le conseguenze pratiche dell’adozione di tali modelli organizzativi
- Le sanzioni
Il modello organizzativo ex D.Lgs. 231/2001
Con il D.Lgs. 231/2001, il legislatore italiano ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico uno strumento volto a prevenire la responsabilità penale degli enti derivante da illecito amministrativo. Nello specifico trattasi di reati societari, delitti di criminalità organizzata, delitti nei confronti del Pubblica amministrazione, reati ambientali, ecc., che, se compiuti nell’interesse o a vantaggio della società, comportano l’assunzione della responsabilità di quest’ultima.
In particolare l’art. 6 della predetta normativa prevede che la società possa essere esonerata dalla responsabilità conseguente alla commissione dei reati indicati se prova che:
a) l’organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli idonei a prevenire reati della specie di quelli verificatisi;
b) il compito di vigilare sul funzionamento, l’efficacia e l’osservanza dei modelli nonché di curare il loro aggiornamento è stato affidato ad un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo, il c.d. organismo di vigilanza;
c) le persone fisiche hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione;
d) non vi sia stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo di cui alla precedente lettera;
In sostanza, quindi, il succitato articolo definisce il “requisito esimente”, ossia il modello organizzativo che, se adottato così come previsto dalla normativa, solleva l’ente dalla responsabilità penale.
Il modello organizzativo nel mondo del calcio
La normativa in commento, adottata dall’ordinamento statuale, ha progressivamente trovato applicazione anche nell’ordinamento sportivo, grazie al recepimento da parte della FIGC e delle Leghe di riferimento.
In particolare la FIGC, nell’assemblea straordinaria del 22.01.2007, ha deliberato la modifica dello statuto federale che all’art. 7, comma 5, prevede tutt’oggi quanto segue:
“Il Consiglio federale, sentite le Leghe interessate, emana le norme o le linee guida necessarie e vigila affinché le società che partecipano a campionati nazionali adottino modelli di organizzazione, gestione e controllo idonei a prevenire il compimento di atti contrari ai principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto. I predetti modelli, tenuto conto della dimensione della società e del livello agonistico in cui si colloca, devono prevedere: a) misure idonee a garantire lo svolgimento dell’attività sportiva nel rispetto della legge e dell’ordinamento sportivo, nonché a rilevare tempestivamente situazioni di rischio; b) l’adozione di un codice etico, di specifiche procedure per le fasi decisionali sia di tipo amministrativo che di tipo tecnico-sportivo, nonché di adeguati meccanismi di controllo; c) l’adozione di un incisivo sistema disciplinare interno idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello; d) la nomina di un organismo di garanzia, composto di persone di massima indipendenza e professionalità e dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo, incaricato di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli e di curare il loro aggiornamento.”
Similmente, anche il Codice di Giustizia Sportiva è stato adeguato alla nuova normativa, sicché oggi l’art. 7 sancisce una precisa scriminante o attenuante della responsabilità oggettiva:
“Al fine di escludere o attenuare la responsabilità della società di cui all’art. 6, così come anche prevista e richiamata nel Codice, il giudice valuta l’adozione, l’idoneità, l’efficacia e l’effettivo funzionamento del modello di organizzazione, gestione e controllo di cui all’art. 7, comma 5 dello Statuto.”
A partire dalla stagione 2013/2014 anche le principali Leghe professionistiche – prima la serie A, poi la B – si sono adeguate alla suindicata normativa, obbligando le società ad adottare modelli organizzativi secondo i dettami indicati dalla FIGC. Più di recente, anche la Lega Pro si è uniformata: il codice di autoregolamentazione, pubblicato in data 30 agosto 2018, all’art. 12 prevede che al fine di perseguire l’obiettivo di una corretta governance e di prevenire la commissione di reati, al momento della iscrizione al Campionato Serie C, le società dovranno aver adottato un modello di organizzazione, gestione e controllo ex D. Lgs. n. 231/2001 aggiornato alla normativa tempo per tempo vigente.
La scriminante di cui all’art. 7 CGS viene completata da quanto previsto dall’art. 29 CGS, che al comma 1 disciplina esimenti ed attenuanti per i comportamenti dei sostenitori:
“La società non risponde dei comportamenti tenuti dai propri sostenitori in violazione degli articoli 25, 26 e 28, se ricorrano congiuntamente tre delle seguenti circostanze: a) la società ha adottato ed efficacemente attuato, prima del fatto, modelli di organizzazione e di gestione della società idonei a prevenire comportamenti della specie di quelli verificatisi, avendo impiegato risorse finanziarie ed umane adeguate allo scopo; b) la società ha concretamente cooperato con le Forze dell’ordine e le altre Autorità competenti per l’adozione di misure atte a prevenire i fatti violenti o discriminatori, ponendo in essere gli atti di prevenzione e vigilanza concordati e prescritti dalle norme di settore; c) la società ha concretamente cooperato con le Forze dell’ordine e le altre Autorità competenti per identificare i propri sostenitori responsabili delle violazioni, anche mediante l’utilizzo a spese della società di tecnologie di video‐sorveglianza; d) al momento del fatto, la società ha immediatamente agito per rimuovere disegni, scritte, simboli, emblemi o simili, o per far cessare i cori e le altre manifestazioni di violenza o di discriminazione; e) altri sostenitori hanno chiaramente manifestato nel corso della gara stessa, con condotte espressive di correttezza sportiva, la propria dissociazione da tali comportamenti.”.
Inoltre, prosegue il secondo comma, la responsabilità risulta comunque attenuata quando “la società prova la sussistenza di una o più circostanze di cui al comma 1″.
Le conseguenze pratiche dell’adozione di tali modelli organizzativi
La svolta epocale annunciata dal presidente FIGC va a calmierare le annose conseguenze derivanti dalla c.d. “responsabilità oggettiva” in capo alle società calcistiche. Sul punto bisogna specificare che la giustizia sportiva fa parte di un ordinamento giuridico autonomo e indipendente, quindi munito di propri statuti, proprie sanzioni e un proprio codice.
In particolare l’art. 6 del nuovo Codice di Giustizia Sportiva disciplina vari livelli di responsabilità in capo alle società: da quella più grave, ossia la responsabilità diretta, a quella più lieve, ossia la responsabilità oggettiva. Il comma 1 prevede la responsabilità diretta del club per quegli illeciti compiuti dai soggetti che rappresentano la società e che, quindi, in virtù di ciò, generano quella immedesimazione organica tra rappresentato e rappresentante che, di fatto, per la giustizia sportiva imputa direttamente al club la responsabilità degli atti compiuti da chi lo rappresenta (se il nome in questione è effettivamente presente nelle liste che i club ogni anno consegnano alla Lega).
Di regola nelle s.p.a. è l’atto costitutivo a sancire quale persona assume anche il ruolo di legale rappresentante. Se niente è stabilito, il legale rappresentante è il presidente del C.D.A.
I commi 2 e 3, invece, disciplinano la c.d. “responsabilità oggettiva”. In questo caso non vi è quella immedesimazione organica di cui sopra, giacché la condotta illecita non viene commessa da un soggetto che rappresenta la società, ma da dirigenti (o tesserati) che sono considerati a sé stanti rispetto alla società e che, tuttavia, a causa del loro comportamento illegittimo, per il semplice fatto di avere un rapporto diretto con la società (c.d. “sodalizio sportivo”) causano una responsabilità indiretta anche in capo al club. La ratio di tale norma è quella di garantire il pacifico svolgimento dell’attività sportiva, fine ultimo del club che viene realizzato attraverso l’operato dei suoi tesserati. Pertanto se qualcuno di quest’ultimi commette un illecito, per la giustizia sportiva ne risponderà oggettivamente anche il club, a cui verrà irrogata una sanzione specifica.
La svolta storica annunciata dal presidente Gravina risiede nel fatto che, dando seguito alle determinazioni del nuovo Codice di Giustizia Sportiva, nel quadro complessivo dell’art. 7 dello Statuto, il consiglio federale FIGC ha approvato le “Linee Guida per l’adozione di Modelli di Organizzazione, Gestione e Controllo” idonei a prevenire atti contrari ai principi di lealtà, correttezza e probità, che garantiscono piena applicazione della scriminante/attenuante di cui all’art. 7 del nuovo Codice di giustizia sportiva.
I predetti modelli, tenuto conto della dimensione della società e del livello agonistico in cui essa si colloca, devono prevedere:
- misure idonee a garantire lo svolgimento dell’attività sportiva nel rispetto della legge e dell’ordinamento sportivo, nonché a rilevare tempestivamente situazioni di rischio;
- l’adozione di un codice etico, di specifiche procedure per le fasi decisionali sia di tipo amministrativo
che di tipo tecnico‐sportivo, nonché di adeguati meccanismi di controllo; - l’adozione di un incisivo sistema disciplinare interno idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello;
- la nomina di un organismo di garanzia, composto di persone di massima indipendenza e professionalità e dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo, incaricato di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli e di curare il loro aggiornamento.
I succitati modelli, la cui adozione è la conditio sine qua non per il riconoscimento da parte degli organi di giustizia sportiva dell’applicazione di esimenti o attenuanti della cosiddetta responsabilità oggettiva, dovranno attenersi ai principi di seguito esposti: valutazione dei rischi; leadership e impegno; codice etico e sistema procedurale; controlli interni e controlli sulle terze parti; organismo di garanzia; comunicazione e formazione; sistema interno di segnalazione; sistema disciplinare; verifiche, riesame e monitoraggio; miglioramento continuo e gestione delle non conformità.
Le sanzioni
Le sanzioni che le società possono evitare grazie all’adozione di siffatti modelli organizzativi sono quelle elencate all’interno dell’art. 8 del nuovo Codice di Giustizia Sportiva:
a) ammonizione;
b) ammenda;
c) ammenda con diffida;
d) obbligo di disputare una o più gare a porte chiuse;
e) obbligo di disputare una o più gare con uno o più settori privi di spettatori;
f) squalifica del campo per una o più giornate di gara o a tempo determinato, fino a due anni;
g) penalizzazione di uno o più punti in classifica; la penalizzazione sul punteggio, che si appalesi inefficace nella stagione sportiva in corso, può essere fatta scontare, in tutto o in parte, nella stagione sportiva seguente;
h) retrocessione all’ultimo posto in classifica del campionato di competenza o di qualsiasi altra competizione agonistica obbligatoria; in base al principio della afflittività della sanzione, la retrocessione all’ultimo posto comporta sempre il passaggio alla categoria inferiore;
i) esclusione dal campionato di competenza o da qualsiasi altra competizione agonistica
obbligatoria, con assegnazione da parte del Consiglio federale ad uno dei campionati di categoria inferiore;
l) non assegnazione o revoca dell’assegnazione del titolo di campione d’Italia o di vincente del campionato, del girone di competenza o di competizione ufficiale;
m) non ammissione o esclusione dalla partecipazione a determinate manifestazioni;
n) divieto di tesseramento di calciatori fino a un massimo di due periodi di trasferimento.
Alle società può inoltre essere inflitta la sanzione sportiva della perdita della gara nei casi previsti dall’art. 10.
Dunque, alla luce delle succitate novità regolamentari, qualora la società calcistica adotti scrupolosamente i predetti modelli organizzativi, sarà molto difficile che venga colpita da una delle sanzioni suindicate o, almeno, che subisca le sanzioni più gravi indicate dal codice di giustizia sportiva. In questi casi la responsabilità tornerà ad essere personale e, quindi, l’unico soggetto ad essere sanzionato sarà l’autore dell’illecito.