Con ordinanza depositata in data 3 giugno 2021, il Tribunale di Campobasso è tornato nuovamente ad esprimersi sulla problematica riguardante i buoni fruttiferi postali serie Q/P emessi dopo il Decreto Ministeriale del 1986.
Con il supporto dello studio legale Raimondo, un risparmiatore molisano aveva deciso di ricorrere all’autorità giudiziaria per vedersi riconoscere i maggiori interessi dei suoi BFP relativamente all’ultimo scaglione temporale che presentava i vecchi saggi in Lire. Il Giudice, nella persona della dott.ssa Claudia Carissimi, accoglieva completamente le doglianze del risparmiatore, condannando Poste Italiane al pagamento di € 47.195,30, oltre al rimborso delle spese legali.
Particolarmente pregiato risulta il ragionamento del Giudicante, laddove afferma che “In altri termini, i buoni posti a fondamento del ricorso sono stati collocati sul mercato successivamente all’entrata in vigore del citato D.M., a condizioni diverse – e più favorevoli per il sottoscrittore – da quelle stabilite nel DM medesimo, di tal che deve ritenersi che, con riferimento all’ultimo decennio di rendimento per il quale si controverte, non essendo stato specificato l’interesse da applicare in termini modificativi, non può ritenersi applicabile il richiamato meccanismo di inserzione automatica di clausole ex art. 1339 c.c., dovendo invece ritenere che, proprio perché successivi al DM 1986, il consenso del ricorrente si sia formato proprio su quelle condizioni che, durante il corso del rapporto, non risultano mai essere state modificate. I principi sanciti nella richiamata giurisprudenza risultano certamente sussumibili al caso in esame, in quanto al ricorrente è stata prospettata un’operazione finanziaria caratterizzata nei termini analiticamente specificati nei buoni posti a fondamento della pretesa. In altri termini, le parti hanno raggiunto un accordo sulla misura degli interessi da corrispondere ed espressamente indicata nel contesto del titolo, generando, peraltro, un affidamento in capo ai risparmiatori in ordine al relativo rendimento nella misura concordata”.
Dunque, è stata bocciata l’eccezione principale con cui Poste Italiane si difende in giudizio, ossia l’applicazione dell’art. 1339 c.c. che, come affermato dal Tribunale di Campobasso, non può modificare i BFP che non risultano mai aggiornati in corso di rapporto ma che, invece, vengono emessi direttamente nel modo sbagliato, ossia con la stampigliatura che peggiora i saggi solo per i primi venti anni.
È bene ricordare che al momento è possibile avviare vertenze di questo tipo soltanto per BFP serie Q/P emessi dal 1 luglio 1986 in poi. Se il BFP risulta già incassato è sufficiente avere una copia del buono, richiedibile all’ufficio postale di emissione (costo 10€ a copia per BFP).
Il diritto a ricevere i maggiori interessi si prescrive dopo dieci anni dall’incasso.
Per informazioni: Tel. 0873 656238
Mail: avv.feliceraimondo@gmail.com
Nell’immagine in basso: la tipologia di BFP contestabile.