Con la recentissima decisione n. 24639/2021, la Corte di Cassazione si è espressa su una delle problematiche più scottanti che attualmente intasano i Tribunali italiani: la riscossione dei Buoni Fruttiferi Postali con clausola PFR (“Pari Facoltà di Rimborso”). Quest’ultima consente ai sottoscrittori del titolo di riscuotere a vista l’intero valore del buono fruttifero, senza il consenso dell’altro cointestatario. Il problema portato all’attenzione degli Ermellini è sorto quando uno dei cointestatari chiedeva la riscossione dell’intero, mentre l’altro cointestatario risultava deceduto.
Poste italiane si rifiutava di liquidare la somma, chiedendo la quietanza degli eredi del cointestatario deceduto. La questione veniva prima portata dinanzi al Giudice di Pace, che si limitava ad accogliere la domanda per il 50% del valore del BFP (rigettando la domanda principale che chiedeva il 100% del valore del titolo). La risparmiatrice, quindi, proponeva appello dinanzi al Tribunale che accoglieva il gravame, condannando Poste Italiane a pagare il 100% del valore del BFP al cointestatario superstite. L’ente postale però non demordeva e proponeva ricorso per Cassazione, contestando l’assunto del Tribunale che considerava la clausola PFR applicabile anche in caso di morte di uno dei cointestatari. Gli Ermellini, con decisione n. 24639 del 13 settembre 2021, hanno rigettato completamente le doglianze di Poste sulla base di quanto segue.
Secondo la Suprema Corte non è possibile applicare l’art. 187 del DPR n. 256/89, concernente i libretti di risparmio, ai buoni fruttiferi postali per il tramite dell’art. 203 dello stesso decreto. Con questa “trovata”, infatti, in assenza di una specifica normativa riguardante la riscossione dei BFP con clausola PFR in caso di decesso di uno dei cointestatari, Poste Italiane tentava di uniformare la disciplina dei libretti di risparmio (favorevole a Poste) a quella dei buoni fruttiferi. Per il rimborso del credito presente sui libretti di risparmio, infatti, in caso di morte di uno dei cointestatari è prevista la necessaria quietanza degli eredi affinché il cointestatario superstite possa incassare la somma presente sul libretto. Gli Ermellini, però, hanno negato in radice questa analogia con i BFP sulla base di motivi ben precisi che muovono da una premessa: “considerata l’univocità del testo della clausola (PFR) e tenuto anche conto del fermo orientamento di questa Corte, che dà peso predominante ai dati risultanti su testo dei buoni postali (Cass. 31/07/17 n. 19002 e Cass. 28/2/18 n. 4761), si tratta dunque di verificare se la portata onnicomprensiva di detto testo sì scontri effettivamente, oppure no, con l’applicazione di norme imperative”.
Il ragionamento con cui la Cassazione respinge l’interpretazione di Poste, poggia su tre punti:
1) se è pur vero che i buoni fruttiferi postali, così come i libretti postali, sono dei documenti di legittimazione ex articolo 2002 c.c., non avendo natura di titoli di credito, tra le due tipologie di risparmio postale emerge una differenza decisiva: la pagabilità a vista dei BFP all’intestatario. E questo è sufficiente per affermare che la previsione riguardante la pari facoltà di rimborso dei libretti di deposito (non pagabili a vista) non è esportabile al campo dei BFP. Infatti, se così fosse, tale peculiarità impedirebbe al cointestatario superstite di poter riscuotere “a vista” il BFP, finendo per paralizzare l’aspetto tipico per il quale detti buoni si caratterizzano.
2) Non risulta decisivo nemmeno l’altro assunto secondo cui la necessità di ottenere la quietanza degli eredi per sbloccare il pagamento nei riguardi del superstite, possa svolgere una funzione di “protezione” nei confronti di chi succede al de cuius. Infatti l’applicazione dell’art. 187 del DPR del 1989 non svolge la funzione di tutelare gli eredi, giacché questi ultimi potranno comunque venire a conoscenza aliunde della riscossione e quindi agire nei confronti del cointestatario superstite dinanzi al giudice ordinario. In altri termini il diritto inerente alla pari facoltà di rimborso, legato al semplice incasso della somma complessiva, è cosa diversa rispetto al diritto di credito che viene sempre tutelato dalla legge e che attiene soltanto ai rapporti interni tra eredi.
3) Infine non risulta decisivo nemmeno il richiamo all’art. 48 del testo unico sull’imposta sulle successioni, giacché i buoni fruttiferi postali sono equiparabili ai titoli di Stato e dunque non rientrano nell’attivo ereditario. Con la conseguenza che non vi è nessuno obbligo da parte dell’erede contribuente di denunziare i buoni nella dichiarazione di successione.
Per tali motivi il ricorso di Poste è stato respinto con la pronuncia del seguente principio di diritto: “In materia di buoni postali fruttiferi cointestati e recanti la clausola “pari facoltà di rimborso”, in caso di morte di uno dei cointestatari, ciascun cointestatario superstite è legittimato ad ottenere il rimborso dell’intera somma portata dal documento”.