Sentiamo parlare spesso di “Brexit”, ossia dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, ma qual è lo stato dell’arte e quali possono essere le conseguenze nel mondo del calcio? Scopriamolo insieme, grazie anche alle informazioni apprese sul sito della Camera dei Deputati. L’approfondimento è stato recentemente aggiornato con le nuove regole riguardanti i permessi di soggiorno in materia calcistica, quindi chi è interessato solo a questo argomento può saltare direttamente all’ultimo capitolo.
Capitoli:
- Quadro fattuale e stato dell’arte.
- Possibili esiti della Brexit.
- Conseguenze di una eventuale uscita del Regno Unito senza accordo (c.d. hard brexit o no deal).
- Cosa cambierà nel mondo del calcio dopo la Brexit (update 2/12/2020)
Quadro fattuale e stato dell’arte.
Il Consiglio europeo, sulla base della richiesta del Regno Unito, ha approvato il 28 ottobre 2019, con procedura scritta, la decisione con la quale si proroga ulteriormente il periodo ex art. 50 del Trattato sull’Unione europea (TUE) dal 31 ottobre 2019 al 31 gennaio 2020 per consentire maggior tempo per la ratifica dell’Accordo di recesso da parte del Regno Unito. La decisione prevede che nel caso in cui l’Accordo di recesso sia stato ratificato da entrambe le parti, il recesso del Regno Unito possa anche avvenire prima del 1° febbraio 2020, nelle date del 1° dicembre 2019 o del 1° gennaio 2020.
Sempre il 28 ottobre, il Consiglio europeo ha approvato una dichiarazione che:
- esclude la riapertura di negoziati sull’Accordo di recesso in futuro;
- indica che fino alla data di recesso il Regno Unito rimane uno Stato membro dell’UE, con tutti i diritti e le obbligazioni, compresa quella di indicare un candidato per la carica di membro della Commissione europea (la Presidente eletta, Ursula von der Leyen, ha inviato il 6 novembre scorso una lettera al Primo ministro, Boris Johnson, nella quale si invita il Governo del Regno Unito a designare un candidato alla carica di membro della Commissione europea, possibilmente donna, per rispettare l’equilibrio di genere nella composizione della Commissione. Si ricorda che il Governo del Regno Unito aveva rinunciato a designare un candidato per la Commissione europea, nella convinzione di poter perfezionare il recesso dall’UE entro il 31 ottobre 2019, prima dell’insediamento della nuova Commissione europea, previsto il 1° novembre, ma attualmente slittato almeno al 1° dicembre 2019, per il rigetto dei candidati di Francia, Romania e Ungheria da parte del Parlamento europeo);
- impegna il Regno Unito ad astenersi da misure che potrebbero mettere in pericolo raggiungimento dei compiti dell’UE, in particolare nel processo decisionale dell’UE;
Si ricorda che i nuovi testi dell’ Accordo di recesso del Regno Unito dall’UE e della dichiarazione politica che definisce il quadro delle future relazioni tra l’Unione europea e il Regno Unito sono stati approvati – in esito alla riapertura di negoziati sui testi già in precedenza negoziati dal Governo del Regno Unito, presieduto da Theresa May, e dall’UE, il 14 novembre 2018 – dal Consiglio europeo del 17 e 18 ottobre 2019. Il Primo Ministro del Regno Unito, Boris Johnson, aveva infatti presentato il 2 ottobre 2019 delle nuove proposte volte a sostituire la clausola di backstop relativa al confine tra Irlanda e Irlanda del Nord (che era stata concordata nell’Accordo di recesso del novembre 2018), che però presentavano vari profili problematici per l’UE, con particolare riferimento alla questione del confine doganale tra Irlanda e Irlanda del Nord ed al diritto di vero da parte dell’Assemblea dell’Irlanda del Nord sull’entrata in vigore e sul mantenimento delle norme volte a sostituire la clausola di backstop. I negoziati, dopo un iniziale stallo, si sono poi riaperti grazie ad una ulteriore modifica delle posizioni negoziali del Regno Unito ed al raggiungimento di un compromesso tra le parti. Si ricorda che, in precedenza, la House of Commons ha respinto tre volte il testo dell’Accordo di recesso che era stato negoziato dal Governo presieduto da Theresa May (il 15 gennaio, 12 e 29 marzo 2019).
Il testo dell’Accordo di recesso e della dichiarazione politica da ultimo negoziati dovranno essere approvati dal Parlamento del Regno Unito e, successivamente, dal Consiglio dell’UE, a maggioranza qualificata rafforzata (almeno il 72% dei membri del Consiglio dell’UE che rappresentino almeno il 65 % della popolazione dell’UE) e dal Parlamento europeo.
La House of Commons il 19 ottobre 2019 ha sospeso l’approvazione dell’Accordo di recesso fintanto che non sia stato adottato il Withdrawal bill, che è il disegno di legge volto rendere efficace l’Accordo di recesso nell’ordinamento del Regno Unito e, successivamente, il 22 ottobre, ha approvato in seconda lettura il Withdrawal Bill, ma immediatamente dopo ha respinto la mozione del Governo volto ad accelerarne l’esame parlamentare in vista della scadenza del 31 ottobre. Il Governo del Regno Unito, valutata l’impossibilità di concludere l’esame parlamentare del Withdrawal Bill entro il 31 ottobre, ne ha chiesto la sospensione. Infine, il 29 ottobre 2019 House of Commons ha approvato la mozione presentata dal Governo volta a indire le elezioni generali il 12 dicembre 2019.
Si ricorda che l’Accordo di recesso contiene norme volte a garantire una uscita ordinata del Regno Unito dall’UE, e richiede per la sua entrata in vigore esclusivamente l’approvazione da parte dell’UE (da parte del Consiglio dell’UE, che delibera a maggioranza qualificata, previa approvazione del Parlamento europeo) e del Regno Unito.
La Dichiarazione sul quadro delle future relazioni è volta, invece, ad impegnare le parti nell’ambito dei negoziati di un futuro accordo sulle relazioni tra UE e Regno Unito, che potranno essere avviati solo dopo che il Regno Unito sarà diventato un Paese terzo e per la cui entrata in vigore, trattandosi di un accordo di natura mista, che riguarda non solo competenze dell’UE, ma anche degli Stati membri dell’UE, sarà necessaria, a differenza dell’accordo di recesso, la ratifica di ciascuno Stato membro secondo le rispettive norme costituzionali.
Michel Barnier è stato invitato a presiedere anche la task force della Commissione europea incaricata di coordinare i negoziati per il futuro accordo tra UE e Regno Unito in quando Stato terzo. Ai sensi dell’art. 50 del Trattato sull’Unione europea (TUE), il processo di uscita del Regno Unito dall’UE si sarebbe dovuto concludere entro due anni dalla notifica formale del processo di recesso dall’UE del Regno Unito avvenuta il 29 marzo 2017 e, quindi, il 29 marzo 2019. L’articolo 50 del TUE prevede che, trascorso il periodo di due anni dalla notifica del recesso ovvero il periodo della proroga senza che un accordo di recesso sia entrato in vigore e in mancanza di un’ulteriore proroga, i Trattati cessino di essere applicati allo Stato recedente (scenario cd. no deal).
Il Consiglio europeo, avvalendosi della possibilità prevista dall’art. 50 del TUE, che non prevede limiti al numero e alla durata delle proroghe, aveva già concesso, su richiesta del Regno Unito, due proroghe del termine di due anni previsto dal sopracitato articolo. In particolare, il 21 marzo 2019 ha prorogato tale termine fino al 22 maggio 2019, e poi il successivo 11 aprile 2019 ha concesso un’ulteriore proroga fino al 31 ottobre 2019.
Le modifiche all’Accordo di recesso firmate in data 17 e 18 ottobre 2019, rispetto al testo dell’Accordo di recesso negoziato da UE e Regno Unito il 14 novembre 2018 ed approvato dal Consiglio europeo il 25 novembre 2018, hanno riguardato esclusivamente il Protocollo relativo all’Irlanda e l’Irlanda del Nord, che prevede una soluzione giuridicamente operativa volta ad evitare una frontiera fisica sull’isola d’Irlanda, tutelando l’economia dell’intera isola e l’accordo del Venerdì santo (accordo di Belfast) e al tempo stesso salvaguardando l’integrità del mercato unico dell’UE. Gli altri elementi dell’Accordo di recesso (in particolare le disposizioni sui diritti dei cittadini, la liquidazione finanziaria dovuta dal Regno Unito e quelle relative al periodo transitorio fino al 31 dicembre 2020) restano inalterati, riprendendo le disposizioni dell’Accordo di recesso già concordato tra UE e Regno Unito nel novembre 2018.
Possibili esiti della Brexit.
Al momento si prospettano i seguenti scenari:
- approvazione dell’Accordo di recesso e della Dichiarazione politica sul quadro delle future relazioni tra UE e Regno Unito, approvati dal Consiglio europeo del 17 e 18 ottobre 2019, da parte del nuovo Parlamento che si insedierà successivamente alle elezioni generali del 12 dicembre 2019;
- uscita del Regno Unito dall’UE senza accordo entro il 31 gennaio 2020. Michel Barnier – che presiederà anche la task force incaricata di negoziare il futuro accordo di libero scambio tra UE e Regno Unito – ha indicato lo scorso 30 ottobre che, anche nell’eventualità della ratifica dell’Accordo di recesso del Regno Unito entro il prossimo 31 gennaio, il periodo transitorio (previsto dall’entrata in vigore dell’Accordo di recesso fino al 31 dicembre 2020) potrebbe essere insufficiente per negoziare un accordo di libero scambio tra UE e Regno Unito e – nel caso in cui il Governo del Regno Unito fosse contrario ad sua una estensione (possibile con accordo tra le parti una sola volta, per un periodo massimo di altri due anni) si potrebbe riproporre allo scadere del periodo transitorio il 31 dicembre 2020 una situazione sostanzialmente analoga a quella di una uscita del Regno Unito senza accordo;
- eventuale ulteriore proroga del termine ex art. 50, da parte del Consiglio europeo ( da conseguire all’unanimità) rispetto alla scadenza del 31 gennaio 2020, per consentire eventuale convocazione di un secondo referendum nel Regno Unito (per il quale è stimato un tempo minimo di 12 settimane per la sua organizzazione);
- revoca unilaterale da parte del Regno Unito della decisione di recedere dall’UE in caso di esito del referendum favorevole al remain.
La Corte di giustizia dell’UE, nell’ambito del procedimento C-621/18, ha emesso il 10 dicembre 2018 una sentenza con la quale ha stabilito che il Regno Unito può decidere, unilateralmente, di revocare la sua decisione di recedere dall’Unione europea, prima dell’entrata in vigore dell’accordo di recesso o prima della scadenza dei due anni prevista dall’art. 50 del Trattato sull’Unione europea o di una sua eventuale proroga. La Corte ha previsto che tale revoca deve essere decisa sulla base di un processo democratico e in accordo con le norme costituzionali nazionali.
Preparativi dell’UE per una eventuale uscita del Regno Unito senza accordo (c.d. hard brexit o no deal).
La Commissione europea ha promosso preparativi per adeguarsi a tutte le implicazioni possibili a livello di Istituzioni dell’UE, Istituzioni nazionali, regionali e locali e soprattutto da parte degli operatori economici e dei soggetti privati. Su proposta della Commissione europea, l’UE ha già adottato una serie di proposte legislative volte a fare fronte ad una eventuale uscita senza accordo nelle seguenti aree prioritarie: disposizioni relativi ai diritti di residenza dei cittadini e agli obblighi di visto; servizi finanziari; trasporti aerei; dogane e regolamentazione sanitaria e fitosanitaria; clima. La Commissione ha indicato che, in caso di uscita senza accordo, il Regno Unito diventerà un paese terzo senza regime transitorio. Da quel momento tutto il diritto primario e derivato dell’UE cesserà di applicarsi al Regno Unito e non vi sarà il periodo di transizione previsto dall’accordo di recesso, il che ovviamente causerà notevoli disagi ai cittadini e alle imprese. In questo scenario, le relazioni del Regno Unito con l’UE saranno disciplinate dal diritto pubblico internazionale generale, che comprende le norme dell’Organizzazione mondiale del commercio. L’UE sarà tenuta ad applicare immediatamente la propria normativa e le proprie tariffe alle frontiere con il Regno Unito, inclusi i controlli e le verifiche del rispetto delle norme doganali, sanitarie e fitosanitarie e la verifica di conformità alle norme dell’UE. Nonostante i preparativi delle autorità doganali degli Stati membri, i controlli potrebbero causare importanti ritardi alla frontiera. Inoltre, i soggetti del Regno Unito non potranno più essere ammessi a beneficiare delle sovvenzioni dell’UE e a partecipare alle procedure di aggiudicazione degli appalti dell’UE secondo le attuali modalità. Analogamente, i cittadini britannici non saranno più cittadini dell’Unione europea, e saranno sottoposti a controlli supplementari quando attraversano le frontiere nell’UE. Anche in questo ambito gli Stati membri hanno effettuato importanti preparativi nei porti e negli aeroporti per garantire la maggiore efficienza possibile dei controlli, ma potranno comunque verificarsi dei ritardi.
Cosa cambierà nel mondo del calcio dopo la Brexit.
Alla luce di quanto affermato, gli impatti della Brexit nel mondo del calcio potrebbero essere devastanti. L’uscita dall’Unione Europea (UE) e dall’Area Economica Europea (EEA), infatti, causerà delle conseguenze pesantissime nei rapporti commerciali con gli altri Stati ed anche il mondo del lavoro ne risulterà penalizzato dato che la libera circolazione dei lavoratori, principio cardine della UE, non si applicherà al Regno Unito. Già, perché la Gran Bretagna diventerà a tutti gli effetti un territorio extracomunitario al pari di Brasile o Argentina. Quindi il trasferimento dei lavoratori in Inghilterra, inclusi i calciatori, salvo accordi particolari ad oggi non previsti, verrà disciplinato dalle norme riguardanti i permessi di lavoro che seguono regole rigide. Assodato che, se si escludono altre proroghe, il periodo transitorio salverà la finestra estiva di mercato 2020/2021, a partire dalla finestra invernale del 2021 potrebbero esserci le seguenti novità.
Il mercato in entrata verrà stravolto in quanto ogni club calcistico della Gran Bretagna, quindi anche la Premier League, non potrà più acquistare giocatori minorenni tra i 16 ed i 18 anni. L’art. 19 del regolamento FIFA sui trasferimenti internazionali, che consente lo spostamento dei minorenni solo a condizioni precise che ne tutelino l’educazione e i rapporti con la famiglia, ammette simili acquisti soltanto da parte di club che facciano parte dell’UE o dell’EEA. Quindi la Gran Bretagna, che diventerà territorio extracomunitario, verrà tagliata fuori dal mercato delle giovani stelle minorenni d’oltremanica che fino ad oggi hanno fatto le fortune delle academy inglesi.
Ma i problemi riguarderanno anche gli over 18 non inglesi. Infatti i calciatori maggiorenni che vorranno giocare in Premier League, dovranno ottenere un permesso di lavoro secondo specifiche regole che si basano sul rapporto tra il ranking FIFA della nazione d’origine e le percentuali di partite nella propria nazionale. In particolare tale procedura, meglio conosciuta come “Governing Body Endorsement” (GBE), prevede che nei due anni antecedenti alla richiesta di permesso di lavoro, il giocatore debba aver partecipato ad almeno:
- il 30% delle partite della propria nazionale, se la stessa è nelle prime 10 posizioni nel ranking FIFA;
- il 45% delle partite della propria nazionale, se la stessa è tra l’11ma e la 20ma posizione nel ranking FIFA;
- il 60% delle partite della propria nazionale, se la stessa è tra la 21ma e la 30ma posizione nel ranking FIFA;
- il 75% delle partite della propria nazionale, se la stessa è tra la 31ma e la 50ma posizione nel ranking FIFA;
Bisognerà indicare le partite in cui il giocatore ha preso parte, quelle in cui non ha preso parte e quelle in cui era indisponibile. Solo queste ultime non verranno prese in considerazione. Quindi ai fini della percentuale sarà sufficiente la convocazione e la regolare disponibilità atletica.
(N.B. le amichevoli si conteggiano solo se nei due anni precedenti la nazionale ha giocato meno del 30% di partite in competizioni ufficiali)
Trattasi chiaramente di una deroga in favore di quei calciatori extracomunitari (in futuro tutti quelli non inglesi) che possono offrire un notevole contributo per migliorare il livello del calcio locale.
Secondo uno studio recente del CIES, sulla base di tali regole oltre 300 giocatori non sarebbero in regola e tra questi leggiamo nomi noti come Kante o Mahrez, solo dirne un paio. Ed anche se volessimo dare per scontata la tutela dei diritti pregressi per i lavoratori che già risiedono in Gran Bretagna (per gli italiani c’è già un accordo simile), dal giorno dopo l’entrata in vigore della Brexit la Premier League cesserebbe di essere un paradiso dorato e diventerebbe una sorta di “circolo” dorato a beneficio soltanto di campioni già affermati che abbiano un solido background nella loro nazionale. Ad esempio Sandro Tonali con queste regole non potrebbe trasferirsi in Inghilterra. E in passato non avrebbe potuto farlo Cesc Fabregas.
A meno che i club inglesi non riescano a convincere l’UK Home Office (organismo governativo responsabile dell’immigrazione) che quel trasferimento meriti un trattamento particolare a causa del valore dell’affare, dello stipendio o della recente storia sportiva del giocatore: in questi casi si prescinderà dal rapporto ranking FIFA/partecipazione in nazionale e si otterrà un permesso di lavoro straordinario basato su criteri oggettivi e, in seconda battuta, anche su un giudizio soggettivo a totale discrezione dell’Exceptions Panel (collegio che valuta le eccezioni descritte).
Ovviamente tali ragionamenti si basano sulle discipline normative vigenti, ma nulla toglie che il Parlamento inglese in futuro possa varare un provvedimento ad hoc che agevoli il trasferimento dei giocatori in Inghilterra e quindi semplifichi le procedure per l’ottenimento del permesso di lavoro per talune categorie professionali. Certo sarebbe un’agevolazione non da poco rispetto all’impiegato o al pizzaiolo che volessero lavorare a Londra (e se sarà così è presumibile immaginare ricorsi alle corti giudiziarie inglesi) ma in questi casi si è soliti affermare “business is business” ed attorno al calcio inglese circolano miliardi di euro anche grazie ai diritti TV che, senza adeguate soluzioni, in futuro potrebbero fortemente ridursi.
La Premier League è sul piede di guerra, essendosi dichiarata contraria alla Brexit fin dall’inizio. Non a caso le maggiori società stanno già trattando con la Football Association (Federcalcio inglese) un accordo che, se recepito dal governo, consentirebbe un trattamento di riguardo per la concessione dei GBE a tutti i club della massima divisione in cambio di una riduzione del limite di giocatori stranieri, che passerebbero da 17 a 12, con un beneficio diretto per gli atleti inglesi che aumenterebbero in tutte le squadre (oggi la Premier è il campionato col maggior numero di stranieri al mondo).
Anche il mercato in uscita subirà dei cambiamenti, seppur marginali, dato che ogni giocatore di nazionalità appartenente ad uno dei paesi della Gran Bretagna verrà considerato extracomunitario. Con tutte le conseguenze del caso per chi ne volesse acquistare i diritti alle prestazioni sportive.
Se a ciò aggiungiamo la possibile svalutazione della sterlina, i possibili scenari post Brexit sono tutt’altro che positivi. E di ciò ne potrebbe giovare quella concorrenza che fino ad oggi è rimasta indietro, Italia in primis che con una politica accorta di Lega, federazione e principali clubs, potrebbe provare a ridurre il gap con il ricco campionato d’oltremanica.
UPDATE 2 DICEMBRE 2020
La Federazione calcistica inglese (Football Association) ha approvato ufficialmente le nuove regole che disciplineranno il rilascio dei GBE (Governing Body Endorsement), ossia i permessi di soggiorno per i giocatori extracomunitari. Infatti per la Premier League – a partire dal 1/1/2021 – anche i giocatori della Unione Europea verranno considerati extracomunitari e quindi il loro tesseramento dovrà passare sotto le forche caudine dei GBE.
Al momento le modifiche introdotte hanno efficacia soltanto per la sessione di mercato invernale 2020/2021, mentre in vista dell’estate e della prima sessione di mercato 2021/2022 il regolamento verrà ulteriormente modificato (vedremo se in melius o peius).
Il nuovo GBE gestisce un sistema basato sui punti, in cui vengono segnati punti per giocatori senior e giovani di talento in base a:
• Apparizioni internazionali senior e giovanili;
• Qualità del club di vendita in base al campionato in cui si trova il giocatore, posizione del campionato e progressione nella competizione continentale;
• Apparizioni nel club in base ai minuti nazionali di campionato e nella competizione continentale;
I giocatori che accumuleranno la quantità di punti richiesta guadagneranno automaticamente un GBE, mentre i giocatori appena al di sotto della soglia potranno ottenere un GBE soltanto a determinate condizioni. Salvo casi particolari, il permesso di soggiorno ha la stessa durata del contratto firmato dal calciatore.
Nel dettaglio, il nuovo regolamento GBE (leggibile a questo link) funzionerà sulla base dei punteggi stabiliti dalle tabelle che seguono. Per i giocatori senior (over 21 alla data di richiesta del GBE), il punteggio minimo da raggiungere è di 15 punti sulla base della somma dei punteggi indicati nelle prossime tabelle.
A un giocatore viene concesso il numero di punti di cui alla tabella 1 in relazione alle apparizioni in nazionale del giocatore. Per presenze in nazionale si intende la percentuale di partite internazionali disponibili in cui il giocatore ha giocato. Fino alla 50^ posizione nel ranking FIFA per nazionali, è sufficiente che un giocatore sia stato convocato e abbia giocato con la propria nazionale in 7/8 occasioni su 10 (70/79%). In tal caso otterrà automaticamente un GBE. In caso contrario si può ottenere fino a un massimo di 10 punti a seconda della % di partite disputate nella propria nazionale di riferimento. Questo rappresenta il criterio che garantisce il modo più rapido per ottenere un GBE e chiaramente favorisce i giocatori che già possiedono una grande esperienza internazionale.
Ciò posto, accanto alla tabella 1, la FA ha elaborato altre tabelle che seguono criteri aggiuntivi. Come detto un giocatore extracomunitario senior dovrà dimostrare di raggiungere almeno 15 punti sulla base della precedente tabella e di quelle che seguono, che incasellano ciascun campionato o competizione in una fascia di appartenenza in questo modo (per comodità ci fermeremo alle prime 3 band/fasce. La MLS fa parte della 4^ band/fascia):
Band 1: English Premier League, the Bundesliga, La Liga, Serie A and Ligue 1.
Band 1 Continental Competition: UEFA Champions League and the Copa Libertadores.
Band 1 Youth Internationals qualunque match giocato nella Youth Player’s National Association in questi tornei: FIFA U20 World Cup Finals; FIFA U17 World Cup Finals; UEFA U21 European Championships; UEFA U19 European Championships; UEFA U17 European Championships; CONMEBOL U20 South American Youth Football Championship; CONMEBOL U17 South American Youth Football Championship; CAF U20 African Cup of Nations; CAF U17 African Cup of Nations; CAF U23 Championship; AFC U23 Asia Nations Cup; AFC U20 Asia Nations Cup; AFC U17 Asia Nations Cup; CONCACAF U20 Championship; CONCACAF U17 Championship; OFC U20 Championship; OFC U17 Championship; Olympic Games; and Toulon Tournament.
Band 2 : Portuguese Primeira Liga, Eredivisie, Belgian First Division A, the Turkish Super Lig and the English Championship.
Band 2 Continental Competition : UEFA Europa League and the Copa Sudamerica.
Band 2 Youth Internationals: qualunque match giocato nella selezione giovanile nazionale in relazione alla qualificazione per le coppe internazionali giovanili (band 1) o qualunque altro match giocato per le selezioni U17 – U23.
Band 3: Russian Premier League, Campeonato Brasileiro Série A, Primera División of Argentina, Liga MX and the Scottish Premiership.
Laddove per minutaggio si intende la percentuale di minuti nazionali disponibili in cui il giocatore ha giocato. Se il giocatore ha giocato per due (o più) squadre durante il periodo di riferimento, i minuti nazionali del giocatore verranno calcolati per ogni squadra e verrà calcolata una media di tali percentuali.
Laddove per minutaggio si intende la percentuale di minuti continentali disponibili in cui il giocatore ha giocato. Se il giocatore ha giocato per due (o più) club durante il periodo di riferimento, i minuti continentali del giocatore verranno calcolati per ciascun club e verrà calcolata una media di tali percentuali. Se solo uno dei club ha giocato in una competizione continentale, si considereranno soltanto i minutaggi avvenuti nel club che ha disputato la competizione continentale.
Infine, a un giocatore sarà concesso il numero di punti di cui alla tabella 6, a condizione che il giocatore sia apparso nella lista delle squadre per almeno una partita nella sua competizione nazionale di campionato o in una competizione continentale.
Questa è una clamorosa scappatoia che consentirà ai clubs di Premier League di poter adocchiare qualsiasi giocatore dei principati campionati europei (band 1, 2) che, avendo messo piede in campo soltanto in una partita di campionato, otterrà già 12/10 punti sui 15 complessivi necessari per poter ottenere un GBE.
Invece per i giocatori giovani (under 21 alla data di richiesta del GBE), il punteggio minimo da raggiungere è tra i 10 ed i 14 punti sulla base della somma dei punteggi indicati in altre tabelle, simili a quelle che precedono, e consultabili qui di seguito:
Secondo la FA “il sistema soddisfa gli obiettivi comuni della Premier League, dell’EFL e della FA, consentendo l’accesso ai migliori giocatori e ai futuri talenti per i club, oltre a salvaguardare le squadre inglesi, garantendo opportunità ai giocatori locali.”
In Premier League, nel rispetto del succitato sistema di punteggi, il numero di giocatori U21 che un club potrà acquistare dai paesi extra UE sarà limitato a tre (a stagione) nella finestra di trasferimento di gennaio e sei (a stagione) in avanti. Per la FA “ciò consente il reclutamento dei migliori giocatori di tutto il mondo per allenarsi e giocare insieme a talenti locali”. Tuttavia, come lo scrivente aveva già anticipato, secondo le regole della FIFA (art. 19 del regolamento sui trasferim. internaz.), l’uscita del Regno Unito dall’UE significherà anche che i club non saranno in grado di acquistare giocatori dall’estero fino a quando non avranno 18 anni. Quindi d’ora in poi la Premier League sarà tagliata fuori dal calciomercato dei giocatori minorenni.
CONCLUSIONI
Grazie alla scappatoia concessa dalla tabella n. 6, che assegna 12 punti a chi è sceso in campo anche solo per una gara in campionato, la Premier League continuerà a poter acquistare tutti i giocatori titolari delle prime squadre (che disputano le competizioni internazionali) dei principali campionati europei. In buona sostanza il nuovo GBE è stato costruito per far sì che – almeno ad oggi – i club inglesi possano continuare ad acquistare i giocatori europei senza forti limitazioni. Quest’ultime, infatti, riguarderanno soltanto quei giocatori che fanno parte di clubs che non disputano alcuna competizione europea, non giocano in nazionale, si piazzano dal quinto posto in giù in classifica, o comunque fanno parte di campionati di quarta/quinta fascia.
Inoltre, visto che i campionati sud-americani fanno parte della “band 3”, che nella tabella 6 garantisce soltanto 8 punti per gli over 21 e ne garantisce pochi pure per gli under 21, i clubs inglesi potrebbero avere difficoltà ad acquistare i talenti sud-americani con poche o zero presenze nelle selezioni giovanili.
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