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Addio 110%: niente proroga, il Superbonus è ufficialmente finito. Cosa accade ora? Tutti i dettagli.

30 Dicembre 2023 In Condominio, Diritto dei consumatori, News
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Chi sperava in una proroga last second purtroppo deve rassegnarsi: il Governo ha deciso di concludere l’esperienza del Superbonus 110%, la cui scadenza definitiva è fissata al 31 dicembre 2023. Tuttavia, per salvare i lavori eseguiti fino a questa data e per aiutare chi ha un reddito molto basso, il Governo ha approvato il Decreto Legge n. 212/2023, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 29/12/2023. Più avanti i dettagli di quest’ultimo salvagente.

CASE UNIFAMILIARI

L’ultimo provvedimento a intervenire sulle case unifamiliari è stato il DL Asset (104/2023) che ha previsto la proroga del Superbonus nella sua massima aliquota, soltanto per chi avesse completato il 30% dei lavori (SAL) entro il 30 settembre 2022. Costoro potranno usufruire del beneficio fiscale al 110% soltanto per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2023, con i lavori che dovranno essere conclusi in pari data (più avanti leggeremo perché). Sempre nel 2023, inoltre, chi presentava un reddito complessivo familiare medio fino a 15.000 euro calcolato sulla base del numero di componenti familiari determinato con quoziente familiare, ha potuto accedere al Superbonus al 90% per i lavori avviati nel 2023 e pagati entro la fine del medesimo anno. Nel 2024 scatteranno i benefici fiscali ordinari, pari alle aliquote del 65% per le villette e del 50% per le case unifamiliari.

CONDOMINI

Gli edifici condominiali sono stati oggetto di plurimi interventi normativi tra i quali DL Aiuti-Quater (DL 176/2022, convertito in legge 6/2023), DL Cessioni (DL 11/2023, convertito in legge 38/2023) e Legge di Bilancio 2023 (197/2022). L’aliquota massima è stata mantenuta per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2023 e lavori conclusi in pari data, con le ultime proroghe legate alle scadenze introdotte un anno fa:

  • per i condomini che in assemblea abbiano approvato i lavori entro il 18 novembre 2022, con la CILAS depositata entro il 31 dicembre 2022;
  • per i condomini che in assemblea abbiano approvato i lavori tra il 19 e il 24 novembre 2022, con la CILAS depositata entro il 25 novembre 2022;

Dato che queste scadenze sono anteriori al blocco relativo alla cessione dei crediti, operato col DL 11/2023, chi ha rispettato le tempistiche suindicate ha potuto conservare la possibilità di sfruttare la cessione del credito o sconto in fattura. Discorso analogo per gli edifici unifamiliari e i condomini che alla data di entrata in vigore del DL 11/2023 (17 febbraio 2023) abbiano depositato la CILAS.

Nel 2024 tutti i condomini dovranno sopportare la riduzione del beneficio fiscale che scenderà al 70%, mentre nel 2025 scenderà al 65% per poi, successivamente, tornare ai livelli ordinari.

QUALI SONO LE CONSEGUENZE PER CHI NON HA TERMINATO I LAVORI? LA CORRISPONDENZA TRA SAL, LAVORI EFFETTUATI E PAGAMENTI.

Per tutti coloro che alla data del 31 dicembre 2023 non abbiano concluso i lavori previsti nei contratti di appalto stipulati con le imprese, scatta inevitabilmente la perdita della possibilità di accedere al beneficio fiscale massimo per la totalità dei lavori. Recentemente l’Agenzia delle Entrate, nel corso dello speciale “Telefisco” (di fine settembre 2023) ha fornito dei chiarimenti importanti per tutti coloro i quali fossero a rischio di non concludere i lavori. E’ bene ricordare che, nel caso del Superbonus, la normativa consente di cedere o scontare il credito senza attendere la fine dei lavori (come si fa normalmente) ma all’esito dei vari SAL: 30% – 60% – SAL finale.

La definizione di stato di avanzamento lavori si può ricavare dall’art. 14 del D.M. 49/2018 (Approvazione delle linee guida sulle modalità di svolgimento delle funzioni del direttore dei lavori e del direttore dell’esecuzione), il quale definisce lo stato di avanzamento lavori come il documento che riassume tutte le lavorazioni e tutte le somministrazioni eseguite dal principio dell’appalto sino ad allora.

IL SALVAGENTE DEL GOVERNO: BLOCCATI I RECUPERI DI ADE PER LAVORI INCOMPLETI NEL 2023 + SAL DI ALMENO IL 60% E SUBENTRO DELLO STATO PER CHI HA REDDITI BASSI.

Il problema è che fino ad oggi molti cantieri non avevano raggiunto il necessario 30%, 60% o fine lavori, necessari per poter effettuare i SAL e sfruttare il Superbonus al 110% per le spese sostenute fino a quel momento. Per questo motivo, cioè per salvare i lavori effettuati fino alla fine del 2023, il Governo ha pubblicato il decreto legge n. 212/2023 (entrato in vigore il 30 dicembre 2023) che ha previsto cinque diverse novità:

  • L’Agenzia delle Entrate non provvederà al recupero dei benefici fiscali già maturati (attenzione: solo quelli ceduti o scontati, quindi è fuori dalla sanatoria chi ha usufruito della detrazione in dichiarazione dei redditi) nella eventualità in cui entro entro il 31 dicembre 2023 il cantiere non sia stato completato nemmeno con il doppio salto di classe energetica. Quindi i crediti scontati o ceduti nel 2023 in base ai vari SAL (30%, 60% o 100%) restano salvi a prescindere (potrebbero essere revocati solo in caso di altre problematiche come quelle individuate dall’articolo 121, commi 4, 5 e 6, dello stesso decreto-legge n. 34 del 2020, nel caso sia accertata la mancata sussistenza, anche parziale, degli altri requisiti che danno diritto alla detrazione d’imposta).
  • E’ stato introdotto un aiuto per i soggetti con un reddito di riferimento non superiore a 15.000 euro (attenzione: solo per quelle persone che hanno scontato o ceduto il credito fiscale). In questi casi, infatti, a fronte di uno stato di avanzamento lavori (SAL) pari almeno al 60% del cantiere, da pagare/scontare entro il 31 dicembre 2023, il Governo ha stanziato un contributo in relazione alle spese effettuate tra il 1° gennaio e il 31 ottobre 2024 (in altri termini per queste famiglie continuerà ad esserci il 110% anche nel 2024, anche se le spese si dovranno anticipare). Questo contributo, nei limiti delle risorse disponibili, cioè pochi milioni (quindi per pochissimi fortunati), sarà erogato dall’Agenzia delle entrate secondo criteri e modalità determinati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze da adottarsi entro sessanta giorni e non concorrerà alla formazione della base imponibile delle imposte sui redditi.
  • A partire dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, viene consentita la cessione del credito/sconto in fattura per gli interventi comportanti la demolizione e la ricostruzione degli edifici, relativi alle zone sismiche 1, 2 e 3, compresi in piani di recupero del patrimonio edilizio esistente o di riqualificazione urbana comunque denominati che, anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 11 del 2023, risultavano approvati dalle amministrazioni comunali.
  • Gli edifici colpiti dal terremoto che usufruiscono del Superbonus, per interventi avviati successivamente all’entrata in vigore del decreto-legge, sono tenuti a stipulare, entro un anno dalla conclusione dei lavori oggetto dei suddetti benefici, contratti assicurativi a copertura dei danni cagionati ai relativi immobili da calamità naturali ed eventi catastrofali verificatisi sul territorio nazionale. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro delle imprese e del made in Italy sono stabilite le modalità di attuazione del presente comma.
  • Per evitare un uso improprio del bonus al 75% relativo all’abbattimento delle barriere architettoniche, è stato limitato il novero degli interventi sottoposti all’agevolazione e i casi nei quali continua a essere previsto lo sconto in fattura e la cessione del credito. Potranno sfruttare le agevolazioni fiscali soltanto gli interventi aventi ad oggetto scale, rampe e l’installazione di ascensori, servoscala e piattaforme elevatrici, con l’obbligo dell’asseverazione di un tecnico abilitato. Saranno invece esclusi gli interventi riguardanti l’automazione di specifiche tipologie di impianto (porte automatiche, tapparelle e saracinesche motorizzate, imposte e persiane automatiche). Dal 1° gennaio 2024, inoltre, sono escluse le opzioni di sconto in fattura e cessione del credito, salvo che per i condomini, in relazione a interventi su parti comuni di edifici a prevalente destinazione abitativa e per le persone fisiche, in relazione a interventi su edifici unifamiliari o unità abitative site in edifici plurifamiliari, a condizione che il contribuente sia titolare di diritto di proprietà o di diritto reale di godimento sull’unità immobiliare, che la stessa unità immobiliare sia adibita ad abitazione principale e che il contribuente abbia un reddito di riferimento non superiore a 15.000 euro. Tale requisito reddituale non si applica se nel nucleo familiare del contribuente è presente un soggetto in condizioni di disabilità accertata.

Per questa ragione sarà fondamentale l’operato dei tecnici asseveratori che potranno salvare una parte del Superbonus. Ma le “buone” notizie finiscono qui.

Infatti, secondo l’ADE, che nello speciale “Telefisco” ha fornito una interpretazione rigorosa dell’art. 119, commi 13 e 13 bis, del DL 34/2020, deve esserci un perfetto allineamento tra pagamenti e lavori effettivamente realizzati. Ossia non è possibile pagare in anticipo nel 2023 dei lavori che poi saranno eseguiti nel 2024 (comunicandolo ad ADE entro il 16 marzo successivo), nella speranza di mantenere la cessione o lo sconto del 110% per quei lavori pagati in precedenza. No, secondo l’ADE sarà possibile usufruire del Superbonus solo per i lavori pagati ed effettivamente realizzati entro il 2023. Quindi, se un committente di un cantiere – che nel 2023 avrà raggiunto un SAL del 30% – decide di pagare in anticipo un altro 30% senza l’adeguata asseverazione di effettiva esecuzione delle opere entro il 31 dicembre 2023, non potrà usufruire del Superbonus per quel secondo pagamento perché sprovvisto del SAL (in questo caso il committente dovrà accontentarsi dei minori benefici fiscali previsti nel 2024).

Altri chiarimenti forniti dall’amministrazione finanziaria:

  • qualora venga emessa a fine 2023 una fattura di sconto parziale con quota a carico del contribuente pagata a inizio 2024, per il principio di cassa il pagamento si considera effettuato nel 2024 e quindi le agevolazioni saranno disciplinate secondo le regole vigenti nel 2024;
  • nel caso invece venga emessa una fattura di sconto integrale, il documento si considera emesso al momento della sua trasmissione tramite lo SDI, ergo se la fattura viene emessa a fine 2023 ma la trasmissione avviene a inizio 2024, l’agevolazione sarà quella prevista nel 2024.
  • inoltre, lo sconto in fattura può essere utilizzato senza problemi anche in riferimento a interventi effettuati in periodi di imposta differenti (esempio tra il 2022 e il 2023), l’importante è che si sia raggiunto e asseverato il SAL e che la fattura sia stata trasmessa tramite lo SDI entro fine 2023.

Anche se permane tutt’ora incertezza sul mantenimento dei benefici fiscali per quei committenti che abbiano pagato i lavori entro il 31/12/23, con fattura trasmessa allo SDI in pari data, ma non abbiano potuto trasmettere all’ENEA il relativo SAL entro il 31/12/23. Queste situazioni-limite verranno probabilmente chiarite con un interpello all’ADE o con un nuovo intervento legislativo.

La problematica non è irrilevante perché i SAL rappresentano dei documenti che devono essere redatti secondo verità, dunque un tecnico non può asseverare qualcosa che attualmente non esiste, benché questa cosa sia stata già pagata. E il solo pagamento nel 2023 non è sufficiente a mantenere il beneficio fiscale nella sua massima espressione (110%) se si vuole cederlo o scontarlo perché in tali casi i lavori – all’atto dei pagamenti – devono essere stati effettivamente realizzati. Ergo, tutti i lavori ultimati nel 2024 saranno scontati con le aliquote minori previste per legge, anche se il pagamento è avvenuto nel 2023. Il c.d. “principio di cassa”, ossia legare il momento del pagamento a quello del mantenimento del beneficio fiscale, a prescindere dalla effettiva realizzazione dei lavori, è valido solo per le detrazioni che si portano in dichiarazione dei redditi; in questi casi i pagamenti effettuati nel 2023 producono il beneficio fiscale massimo anche se i lavori non sono stati ultimati in pari data. Ciò detto, è chiaro che il Superbonus è stato sfruttato dalla maggior parte dei beneficiari grazie alla cessione dei crediti e agli sconti in fattura, proprio perché le persone fisiche non sarebbero mai riuscite a detrarre tutto il credito fiscale che si sarebbe generato.

Purtroppo molti hanno sottovalutato l’importanza delle tempistiche dato che il Superbonus è stato legato a delle precise scadenze temporali che non ammettevano ritardi. Per tale motivo la normativa è stata sfruttata soltanto da quei committenti che si sono affidati a imprese che sono state in grado di lavorare senza problemi (anticipando i crediti che le banche concedevano a singhiozzi): un “terno al lotto” che ha visto pochi fortunati vincitori e molti vinti che, oggi, si domandano in che modo possono tutelare i loro diritti.

Ogni contratto di appalto prevede un cronoprogramma che si sarebbe dovuto rispettare e, in tal senso, un ruolo fondamentale lo avrebbe dovuto svolgere il Direttore dei Lavori. Quest’ultimo, infatti, qualora non abbia informato il committente dei possibili ritardi, non contestandoli all’impresa e non adottando soluzioni idonee ad evitare la perdita dell’incentivo fiscale, può essere considerato solidalmente responsabile insieme alla Ditta appaltatrice.

Il danno concreto è immediatamente rinvenibile nella differenza tra il beneficio fiscale a cui si sarebbe potuto accedere (nel rispetto del cronoprogramma) e quello che invece si sarebbe potuto sfruttare andando oltre il 31 dicembre 2023. Quindi, volendo fare alcuni esempi:

  • CONDOMINI: 110% 0 90% (in caso di lavori iniziati nel 2023) meno 70% (incentivo sfruttabile nel 2024 per i condomini) corrisponde ad un danno potenziale tra il 40% e il 20% del valore del cantiere, somma “scoperta” che dovrebbe sopportare il committente per ritardi a lui non imputabili.
  • UNIFAMILIARI: in tal caso il danno è molto più rilevante perché, a seconda che si tratti di perdita di 110% o 90%, dato che nel 2024 si passa per tutti ai bonus ordinari, la forbice va dalla totalità del beneficio fiscale alla minore entità accessibile tramite i bonus ordinari. Tutto dipenderà dal fatto se sia stato già raggiunto un SAL e quindi ceduto/scontato del credito fiscale (in tal caso è impossibile il passaggio al bonus ordinario) e se insieme alla CILAS è stata depositata congiuntamente o disgiuntamente anche una pratica ordinaria (CILA/Scia/Permesso).

A tutto ciò bisogna aggiungere le spese eventualmente già sopportate (es. acconti) e quelle legate alla messa in ripristino dell’edificio (es. rimozione ponteggi, attrezzi, materiale).

Nel 2024, quindi, in tutta Italia si verificheranno differenti situazioni, tutte accomunate dallo stesso problema: il mancato rispetto delle tempistiche pattuite nei contratti di appalto.

PRIMA IPOTESI

Contratti firmati ma cantieri mai avviati con nessun attività svolta dalla impresa (es. installazione ponteggi). In questo caso il committente potrà contestare le inadempienze e – a seconda degli accordi – invocare la risoluzione di diritto o inviare una diffida ad adempiere, assegnando un termine perentorio all’appaltatore, superato il quale il contratto si intenderà risolto. Il committente dovrà valutare se avviare un’azione di risarcimento danni nei confronti dell’impresa (ed eventualmente dei professionisti coinvolti), da quantificare nella totalità del beneficio fiscale perso. L’alternativa è archiviare la CILAS e proseguire con i bonus ordinari (con la vecchia o nuova impresa), quindi uscire dal campo Superbonus.

SECONDA IPOTESI

Contratti firmati, cantieri avviati ma lavori interrotti dopo un determinato SAL (dopo il 30% o dopo il 60%). In questo caso bisognerà periziare ciò che è stato svolto attraverso un consulente di parte (architetto/ingegnere), così da avere un iniziale quadro completo della situazione. Ottenuta una CTP, il committente potrebbe rivolgersi al Tribunale per chiedere una perizia giurata con la quale accertare lo stato dei luoghi, i lavori svolti e i danni oggetto dell’indagine.

All’esito dell’accertamento, il committente avrà una perizia giurata di un tecnico del Tribunale che potrà usare in fase di trattativa con l’impresa o, se le interlocuzioni si rivelassero infruttuose, per avviare la causa di risarcimento danni. Parallelamente a quanto anzidetto, inoltre, il committente potrà sempre provvedere a sostituire l’impresa, dopo aver risolto il contratto con quella precedente.

In ogni caso, prima di avviare ogni azione legale, bisognerà verificare la presenza di una garanzia assicurativa. Si fa riferimento alle c.d. “polizze fideiussorie” (alcune chiamate di “performance”) che dovrebbero essere indicate nei contratti di appalto o che un attento committente avrebbe dovuto stipulare autonomamente. Trattasi di garanzie differenti dalle generiche polizze per Responsabilità Civile verso Terzi e Dipendenti (RCT-RCO) o Polizza CAR (Constructor’s All Risks). In presenza di una polizza specifica, il committente dovrà innanzitutto aprire il sinistro per essere indennizzato dalla compagnia assicurativa. Soltanto nella eventualità in cui il danno liquidato sia esiguo (o addirittura venga rifiutato), il committente, oltre a citare in Tribunale la ditta e i professionisti eventualmente responsabili (Direttore dei Lavori), chiamerà in causa il terzo – ossia l’assicurazione – affinché sia condannata solidalmente a pagare il danno che ha garantito.

Senza una polizza specifica, il committente che non riuscirà a trovare un accordo transattivo con l’impresa, non potrà far altro che rivalersi sull’appaltatore (o sul General Contractor, a seconda dei casi), per chiedere il risarcimento del danno, eventualmente chiamando in causa anche i professionisti incaricati in presenza di altre inadempienze.

In mancanza di capitali messi da parte, e mi riferisco principalmente a chi non ha finito i lavori ed ha un reddito di riferimento superiore ai 15.000 euro oppure a chi, benché rientrante nel reddito, non sia riuscito ad accedere ai fondi perché esauriti, molte famiglie potrebbero essere costrette a chiedere un prestito personale o ad ipotecare nuovamente la casa (o altro bene immobile libero da ipoteche) per chiedere un finanziamento bancario e, quindi, trovare le risorse economiche sufficienti a pagare lo scoperto dei lavori che, è bene ricordarlo, dovranno essere portati a termine perché il Governo ha bloccato soltanto i recuperi coattivi dei crediti pagati/scontati/ceduti fino al 31 dicembre 2023. Rebus sic stantibus, i crediti fiscali pagati/scontati/ceduti nel 2024, per lavori finiti e asseverati in pari data, potranno essere oggetto di recupero coattivo da parte dell’Agenzia delle Entrate (la “bonifica” non si estende oltre la fine del 2023).

Per tali ragioni, tutti i committenti dovranno cercare di concludere i lavori nel 2024, anche a spese proprie o trovando nuovi accordi con le imprese (vecchie o nuove e quindi subentranti nel cantiere) in modo tale da ridiscutere i lavori da eseguire, garantendosi comunque il doppio salto di classe energetica nel prossimo anno.

Se hai bisogno di una consulenza contatta lo studio legale Raimondo a questi recapiti: 0873 656238 (anche whatsapp) – avv.feliceraimondo@gmail.com – felice.raimondo@avvocaticampobasso.legalmail.it


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